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    Litigiosità italiana a Tenerife

    Molti italiani a Tenerife sono arrabbiati. Hanno un tratto aggressivo, quasi di violenza, che non si scorge per strada o nei bar, dove ogni individuo sta in compagnia di amici ed il suo comportamento è prevalentemente sereno. Ma su Facebook, nei gruppi di discussione dedicati agli italiani a Tenerife, si incontra un altro clima. Domande innocue ricevono risposte offensive da altri interlocutori, se non addirittura dai “moderatori”; non pochi lanciano la prima pietra contro altri senza essere “senza peccato”, l’ostilità è diffusa… Anche in tematiche oggettive, tecniche, non valutative, che richiederebbero un linguaggio referenziale, molti entrano solo perché hanno voglia di litigare. E se uno vuole litigare, ci riesce sempre.

    Chi scrive queste note ha maturato una lunga esperienza nel dibattito in rete. Lo scrivente partecipò alla vita di molti forum della prima ora, e ne creò uno ancora attivo, del quale è l’unico moderatore ed amministratore. I forum oggi sono quasi tutti estinti, non avendo retto alla concorrenza dei “social network”, che sono un mezzo relazionale più agile ed immediato; nel “social” più diffuso, è dato a tutti di creare dei “gruppi” che ricordano i vecchi forum. Però una differenza rispetto alle discussioni di allora balza agli occhi: si è persa la “netiquette”, ossia l’educazione al confronto in rete, e non si conoscono nemmeno le norme che dovrebbero regolarne i rapporti.

    La “netiquette” era un codice di comportamento elaborato dalla prima generazione di internauti; ogni forum disponeva di un regolamento specifico, che traduceva i principi generali della netiquette (ad esempio: “non è educato scrivere un messaggio con caratteri maiuscoli, equivale ad urlare”) in dettami particolari. Se uno intendeva aprire un forum, generalmente aveva partecipato ad altri, in cui aveva imparato la “netiquette”; se non aveva fatto esperienze preliminari, per creare uno spazio per dibattiti si rivolgeva ad apposite piattaforme (a nessuno conveniva aprire un sito in internet di tasca propria); frequentando queste basi per costruire il proprio ambito virtuale, lo sprovveduto imparava le regole di comportamento del confronto in rete.

    Oggi tutto questo è saltato: anche il più villano degli internauti può immediatamente aprire un gruppo di discussione in Facebook. E i risultati si vedono, perché la maleducazione o ineducazione dei moderatori-amministratori è contagiosa. E’ comprensibile un tratto di prevaricazione da parte di chi amministra, perché costui/costei non è passato per le esperienze ed i filtri di cui si diceva. E soprattutto perché, se uno apre una sede “on line” per dibattiti a tema o per semplici informazioni, generalmente lo fa in quanto ha interessi da tutelare, interessi concorrenziali con quelli di altri soggetti attivi nel suo stesso territorio: è difficile rimanere sereni ed amabili verso i propri concorrenti ed i loro supporters. Ma l’intolleranza di chi amministra, spiega solo in parte le mancanze di rispetto e la litigiosità diffusa dei membri delle “comunità” virtuali. E’ un fenomeno di malcostume difficile da capire: la maggior parte degli interlocutori sono persone di un’età in cui si dovrebbe essere più dolci, godono di una pensione che basta loro per vivere serenamente, fanno una vita di sole e di spiaggia, hanno lasciato stress e clima di violenza in Italia… ci si aspetterebbe d’incontrare dei “paciocconi” rilassati, morbidi, tolleranti… Perché questa litigiosità, questa carica aggressiva? Lo scrivente spera che uno psicologo del sociale si occupi del paradosso in questione, e non essendo egli neppure un grande editorialista, è del tutto dispensato dall’offrire interpretazioni. Si limita perciò a stimolare la riflessione: perché tanta animosità tra italiani a Tenerife?

    Davide Selis

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