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    Canarie, il secondo peggior posto dove lavorare in Spagna

    Seconda solo a Navarra, la comunità delle Canarie è il posto peggiore della Spagna dove lavorare, questo secondo il monitoraggio realizzato da Adecco che, valutando opportunità e soddisfazione lavorativa nel secondo trimestre dell’anno, ha stilato una classifica.

    In particolare sono state prese in considerazione 5 aree fondamentali dell’ambiente di lavoro: la remunerazione, la sicurezza, le opportunità, la conciliazione con la vita personale e familiare e le conflittualità.

    La nuova classifica vede pertanto Navarra al primo posto, occupato nel 2017 da Cantabria scesa al quarto, Canarie al secondo, benché abbia migliorato il suo punteggio rispetto all’anno precedente, seguita da Baleari, Madrid e Castilla y Leon, quest’ultima appena sotto la media nazionale.

    Sia Cantabria che le altre 13 comunità analizzate, hanno in generale migliorato i loro punteggi e in particolare la Galizia è riuscita a scalare tre posizioni, occupando l’undicesimo posto.

    Considerando l’andamento del potere d’acquisto dei salari, si è constatato che il salario medio della Spagna ha guadagnato un 1,4% nel mese di giugno, ma che attualmente ha perso un 2,3%.

    Le cadute più pronunciate in termini di potere d’acquisto e che ne dimostrano un grave deterioramento, si sono viste principalmente in Murcia, La Rioja e Andalusia, con cali del 4,7%, del 4,1% e del 3,8% rispettivamente.

    Lavorare in Spagna risulta così estremamente difficoltoso, soprattutto in alcune comunità dove si ha registrato una perdita dai 419 euro ai 454 euro di salario.

    Madrid detiene il primo posto in quanto a remunerazione, con una retribuzione media di 1.945 euro al mese, pari a un +0,6% su base annua, seguita dai Paesi Baschi con 1.941 euro mensili, ovvero un +0,3%.


    Evidentemente, a pesare sul posizionamento in classifica, non sono stati unicamente i salari, ma anche le condizioni lavorative, spesso caratterizzate da insicurezza della durata dei contratti, scarse opportunità di crescita professionale, cattivi ambienti di lavoro e poco margine di conciliazione con la vita privata.

    Redazione

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