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    La pressione urbanistica “strangola” i barrancos di Tenerife

    Foto di Cristiano Collina

    L’occupazione di case, baracche e grotte sui pendii e sui barrancos sono il pericolo maggiore in caso di forti piogge su un’isola con 4.400 chilometri di barrancos.

    L’eccessiva pressione urbanistica è il principale fattore di rischio per i barrancos di Tenerife in caso di piogge torrenziali.

    Il Consiglio idrico dell’isola, l’Associazione degli amici della natura di Tenerife (ATAN) e la Fondazione Telesforo Bravo-Juan Coello concordano sul fatto che l'”invasione” delle aree urbane nell’ambito dell’acqua pubblica è il problema principale di questi spazi naturali e riconoscono che non è facile risolverlo.

    Le organizzazioni ambientaliste si soffermano anche sul pericolo rappresentato dalle abitazioni al di sotto degli standard, in luoghi in cui l’acqua cerca un percorso ogni volta che piove abbondantemente.

    I compiti di pulizia e manutenzione nelle sezioni urbane spettano ai consigli comunali, mentre il resto dipende dal Consejo Insular de Aguas, un ente che fa parte del Cabildo.

    I canyon più profondi – e più attraenti dal punto di vista paesaggistico – sono concentrati ad Anaga e Teno, le zone più antiche dell’isola, mentre nel resto del territorio questi spazi naturali sono meno profondi e non formano una rete idrografica degna di nota, ad eccezione del Barranco de Santos, a Santa Cruz, considerato il bacino più grande dell’isola, spiega ATAN.

    “Il problema dei barrancos a Tenerife è antico, perché sono sempre stati usati come discariche, ma con lo sviluppo economico degli anni ’70 il rischio è aumentato e i problemi si sono moltiplicati, perché non sono usati solo come discariche ma anche per l’occupazione di aree che prima erano sotto dominio idraulico”, sottolinea Eustaquio Villalba, portavoce di ATAN.

    Il veterano ecologista ricorda che l’intasamento degli scoli d’acqua ha causato negli ultimi anni gravi episodi a causa dell’azione delle piogge in località come El Palm-Mar, nel comune di Arona, o Radazul (El Rosario).


    Il problema, a suo avviso, potrebbe essere risolto “restituendo il dominio idraulico” a queste aree e realizzando in alcuni casi grandi opere “in modo che l’acqua abbia un posto dove scorrere”.

    Cita gli esempi del barranco del Bufadero a María Jiménez, o della foce del letto del barranco San Andrés, ma avverte che ci sono casi in cui la situazione è irreversibile: “Luoghi come Los Cristianos, che non avevano problemi di inondazioni, oggi si trovano in una realtà molto diversa perché molti dei barrancos della zona sono stati ostruiti, sono stati occupati e praticamente non esistono nemmeno più”.

    Per Jaime Coello, direttore della Fondazione Telesforo Bravo-Juan Coello, la situazione delle gole “non è delle migliori”.

    Egli avverte che il problema è aggravato nel sud e nell’area metropolitana dalla presenza di case in luoghi a rischio in caso di alluvione e dalle “abitazioni al di sotto degli standard negli insediamenti illegali e nelle grotte”, oltre che dall’accumulo di rifiuti e detriti.

    Deplora inoltre alcune costruzioni realizzate dalle amministrazioni pubbliche che, a suo avviso, contribuiscono a restringere gli alvei dei barrancos.

    Tra questi, ha citato le “rotonde stradali” collocate nella parte inferiore di alcune infrastrutture, “come nella parte inferiore dell’incrocio di Guaza ad Arona, che restringono il passaggio dell’acqua in caso di forti piogge, che, insieme ai rifiuti che trasporta, possono causare esondazioni su questi canali”.

    Coello sostiene che c’è “un grosso problema” nella gestione delle gole.

    “I comuni lamentano di non avere i mezzi per pulirli, e il Cabildo non ha applicato la pulizia degli alvei e non controlla gli insediamenti”, per questo chiede un “consenso” tra i comuni e il Consiglio delle Acque dell’Isola per “una gestione efficace di questi spazi, cominciando con l’eliminare le aree abitate irregolarmente, cercando soluzioni abitative per le persone senza risorse”.

    Tuttavia, ha sottolineato che ci sono casi di persone con mezzi economici sufficienti che, invece, scelgono di vivere a contatto con la natura in luoghi proibiti, soprattutto nel sud dell’isola.

    Dopo aver sottolineato l'”eccessiva pressione urbanistica” in alcuni tratti di alcuni barrancos, l’assessore allo Sviluppo sostenibile e alla Lotta contro il cambiamento climatico dell’isola, Javier Rodríguez Medina, ha sottolineato l'”enorme cambiamento di sensibilità” rispetto al concetto di discarica che anni fa era associato a queste aree, influenzato, a suo dire, dalle campagne di sensibilizzazione e dal lavoro dei consigli locali.

    “Sono rari i comuni che non raccolgono i grandi oggetti domestici a domicilio, oltre alla rete di discariche fisse e mobili, come quella che abbiamo allestito dal Cabildo, che aiuta a portare la raccolta differenziata più vicino alla fonte, ai cittadini”.

    Rodríguez Medina, che ha escluso che la crescita della vegetazione nei letti dei fiumi e sulle colline possa rappresentare un problema per il deflusso delle acque, ha anche sottolineato il ruolo svolto dai social network nella sensibilizzazione ambientale: “Hanno svolto un ruolo di trasformazione, perché diffondono immagini molto suggestive, che hanno un grande impatto.

    In questo senso, hanno dato un contributo positivo”.

    Cristiano Collina

     

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