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    Parlare di impianti dentali è come parlare di automobili

    La gamma di argomenti che si possono isolare attorno all’impiantistica è quasi infinita.

    Nel mio caso, mi limito agli impianti dentali ma si sa che esistono impianti per sostituire moltissime parti del corpo umano, quando queste, purtroppo, non possono più svolgere la propria funzione.

    Anche nel mio ridotto mondo di chirurgia orale, quasi ogni paziente è un caso a sé, per quanto esistano ormai una varietà di impianti notevolissima, la vera varietà con cui il chirurgo si confronta è quella “umana”.

    Ogni paziente ha una qualità, quantità, spessore e altezza dell’osso unica e bisognosa di un piano ad personam.

    A questo bisogna aggiungere la varietà specifica legata allo stile di vita passato e a quello futuro, perché non tutti sono disposti a ricordare che un impianto è un surrogato validissimo della radice di un dente ma NON è parte naturale del nostro organismo.

    Fondamentale comprendere in questo senso la logica dell’economia interna dell’organismo umano.

    Quando una zona d’osso non è più utile al sostegno del dente, l’organismo economizza in nutrienti ad essa destinati e ne causa di fatto l’impoverimento.

    Parliamo in questo caso di recessione ossea e i metodi per affrontare un osso carente o debole e renderlo adatto a sopportare il carico di un impianto, sono ormai molti.

    Il concetto di base è sempre lo stesso: si crea una impalcatura che possa sostenere la rigenerazione e/o l’assimilazione di osso naturale o sintetico.


    L’osso sintetico non è, come molti pazienti pensano, un prodotto chimico da laboratorio.

    E’ il frutto di un trattamento molto sofisticato cui viene sottoposto l’osso animale che, privato di tutte le sostanze organiche, conserva unicamente le componenti minerali che, poste a contatto con l’osso naturale, accolgono letteralmente la moltiplicazione delle cellule autogene fino a creare un tutto unico.

    L’agente indispensabile perché si compia questo piccolo miracolo è il sangue, pertanto qualsiasi impedimento ad una corretta vascolarizzazione dell’area interessata impedisce il buon esito della chirurgia implantare.

    Questo spiega perché da paziente a paziente possa variare molto il tempo di integrazione degli impianti.

    Ogni organismo ha i suoi punti di forza e di debolezza il cui equilibrio si manifesta a volte in modo prevedibile, a volte, con qualche sorpresa.

    Gli agenti più ostili a una corretta vascolarizzazione sono il fumo e le patologie gengivali croniche.

    Quando non è la densità ma la quantità dell’osso il problema, si possono utilizzare impianti di dimensioni ridotte che presentano piccole criticità perché ciò che si sacrifica, per ridurre le dimensioni ma non la funzionalità, è la struttura intermedia fra impianto e protesi.

    Questo comporta che pur essendo un’eccellente alternativa alla protesi mobile, non si possa pretendere che sopportino gli stessi carichi di un impianto di dimensioni ottimali.

    Quando invece il problema principale è la qualità dell’osso, io intervengo con i fattori di crescita, arricchendo e stimolando la reattività dell’organismo.

    In buona sostanza, finché c’è la scienza con il suo fermento e le sue continue novità, ci saranno sempre porte aperte per i pazienti difficili, e per quelli impossibili… ci stiamo lavorando

    Dott. Alessandro Longobardi

     

     

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