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    Il presente a tavoletta e senza freni

    Abbiamo chiuso la riflessione del mese passato sul punto che Papa Bergoglio ha segnato un prima e un dopo nel ruolo del Papa e della chiesa nella società. Chiunque non sia fuori dalla storia ha atteso come il finale di un thriller i primi passi del suo successore.

    Arrivato al culmine di quella che Lucio Caracciolo, Direttore di Limes, chiama la guerra grande, riferendosi al legame sempre meno sotterraneo che unisce tutti i focolai di pericolo e violenza sparsi a macchia di leopardo sul globo, Leone XIV è il primo Papa che viene atteso accolto e percepito come un soggetto geopolitico tout court.

    I laici attendono di capire come si evolverà la crisi economica americana, la guerra in Ucraina, l’orrenda macelleria di Gaza ma anche il suo peso sulla longevità di giganti agonizzanti come l’UE, l’ONU, la BCE.

    I credenti più avveduti tentano di capire se sarà capace di risollevare le ali di una Chiesa che sembra aver fallito nel tentativo di divenire “social”, inclusiva e disinibita, senza tuttavia riportarla a una dimensione anacronistica e avulsa dalla realtà. 

    Giorni pericolosi e terribilmente interessanti che ci attendono.

    Se il conclave fosse un parlamento, escludendo l’Europa, Bergoglio avrebbe predisposto che l’emisfero est, con il 10% dei cattolici, avesse il doppio dei voti che gli spettano, mentre l’emisfero ovest, il continente americano, con il 50% dei cattolici, la metà rispetto al dovuto.

    Voleva un Papa orientale.

    Voleva spostare il fulcro del cristianesimo verso est e, per farlo, accettava di dialogare anche con paesi e governi autoritari e illiberali come la Cina e l’Iran.


    Antiamericano fino al midollo, Papa Bergoglio considerava la Russia un impero sotto attacco, la NATO un tassello fuori posto, Zelensky un incidente della storia.

    Non ci si aspettava dunque un Papa di Chicago che salda e rinforza le due Americhe con i suoi passaporti -statunitense e peruviano- e inverte la posizione del Vaticano sulla guerra in Ucraina nelle prime due settimane di “governo”. 

    Si è subito schierato a lato di Zelensky e contro la Russia di Putin, catapultando di nuovo a occidente l’appoggio del Vaticano. 

    Ha nominato i bambini ucraini vittime della guerra  e ha detto 8 volte “pace” definendo non impero ma imperialista la Russia piegando la parola impero verso l’accezione negativa del termine.

    Un ribaltone a 180 gradi.

    Brivido di gioia per i capi di stato zombie di una Unione Europea che sulla guerra in Ucraina si è giocata il quinto jolly, quello che non ha mai avuto, lotteria vinta al tie break per Zelensky che ci si aspettava venisse assassinato a breve nel disinteresse dei telegiornali di tutto il mondo e adesso ha le spalle coperte come mai prima.

    Sul fronte di Gaza, il fatto che il Papa abbia scritto la sera dopo l’investitura, come primo atto ufficiale, una lettera di apertura alla comunità ebraica americana, non al governo di Israele, fa sperare in un varco per spingere i tempi dell’isolamento politico dei sionisti, macigno nella scarpa di Trump. 

    Gli ebrei antisionisti sono vittime accessorie del dramma dei civili  innocenti intrappolati nella striscia di Gaza.  

    A quegli ebrei si è rivolto il Papa, nel tentativo di spaccare il fronte interno di Israele e separare le bestie dagli esseri umani.

    Su entrambi i teatri di guerra che, uniti, possono definire le sorti del nostro piccolo mondo apparentemente intatto, il Vaticano ha appena ribaltato la propria posizione.

    Non a caso il rappresentante istituzionale russo ha presenziato ai funerali di Bergoglio e disertato l’insediamento di Leone XIV, e quello israeliano ha fatto l’esatto contrario.  

    Anche sul fronte americano, inversione di rotta.

    Mentre in Brasile, cuore del cattolicesimo d’oltre oceano, i protestanti hanno preso, con la presidenza, la maggioranza delle anime votanti, alla Casa Bianca J.D. Vance si converte al cattolicesimo, diventa studioso agostiniano, finanzia una chiesa  cattolica del nord che ribilancia le perdite a sud e risulta sgradita al gesuita  Bergoglio.  

    E’ una sorta di cattolicesimo reinterpretato in chiave patriottica e individualista, lontano dalla radice profonda del potere della chiesa.

    Con l’avvento del nuovo Papa, la frattura culturale fra i neo cattolici americani e i gesuiti, si ricompone grazie al conservatore soft Leone XIV. 

    Vans cede il passo con mansuetudine a un Papa che sembra caduto dal cielo perché l’ascesa dei BRICS è di suo un mal di testa importante senza che l’emisfero orientale si porti via anche la leva del Vaticano. 

    Le diatribe ontologiche, per adesso, possono aspettare e il temuto scisma della chiesa cattolica d’occidente, dato quasi per certo, non avverrà.

    Come sempre, mi limito a tirare le linee larghe di un argomento che credo meriti attenzione e invito chi ha la cortesia di leggermi ad approfondire perché se c’è stato un momento in cui non bisognava togliere gli occhi dalla storia, beh, è questo.

    Spegnete Netflix e guardate il mondo, è una puntata imperdibile.

    La guerra in Ucraina. 

    Claudia Maria Sini

    ([email protected])

     

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