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    L’uragano Vance e la bufera europea

    Autore: Heute.at
    Ringraziamenti: REUTERS
    Copyright: REUTERS

    A due mesi e mezzo dal dirompente intervento del vicepresidente statunitense Vance durante la Conferenza sull’intelligenza artificiale di Parigi, di cui ho già parlato nel numero di marzo di questo giornale, e dall’altro suo storico discorso pronunciato appena due giorni prima – il 14 febbraio – nella Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, a bocce ferme mi pare opportuno tornare sul primo nel tempo di questi due eventi e sugli innumerevoli altri turbinosamente susseguitisi in Europa in poco più di un densissimo trimestre. 

    In quell’epocale 14 febbraio il previsto trantran dei discorsi di circostanza sulla difesa comune europea e sugli assetti geostrategici nel continente divampò inaspettatamente in uno scontro tra visioni opposte della democrazia e della libertà di espressione quando Vance non solo mise in dubbio la fondatezza della politica estera europea, ma criticò apertamente il convitato di pietra che tutti nell’Unione Europea fanno finta di non vedere, ossia le derive autoritarie di quest’ultima che definiscono “verità indiscutibili” le deformazioni della realtà e “disinformazione” tutto quanto non coincide con quelle presunte “verità” (situazione, ha aggiunto Vance, protrattasi per anni negli Stati Uniti sotto la precedente presidenza), instaurando una crisi dei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico inusitata dalla fine della seconda guerra mondiale. 

    Vance aveva iniziato il suo discorso esprimendo le sue condoglianze per l’ennesimo sanguinoso attentato perpetrato il giorno prima in quella stessa città di Monaco da un rifugiato afgano, reagendo al primo applauso della platea con lo scherzoso commento “Spero che non sia l’ultimo” scherzoso ma non tanto, essendo ben consapevole di quanto poco quella platea avrebbe gradito il prosieguo, durante il quale infatti gli applausi divennero sempre più radi e fiacchi. 

    Il vicepresidente proseguì manifestando la preoccupazione dell’amministrazione Trump per la sicurezza europea, gravemente minacciata secondo le sue parole non dalla Russia né dalla Cina né da altri agenti esterni, ma dall’interno per l’abbandono dei valori democratici comuni all’Europa ed agli Stati Uniti, e il suo inquieto stupore per la soddisfazione manifestata da un “ex commissario europeo” (non citato per nome, ma l’allusione era rivolta al francese Thierry Breton, ex commissario per il mercato interno dell’UE) dopo l’annullamento della recente elezione del candidato di destra alla presidenza romena, Cálin Georgescu, con il risibile pretesto di una presunta “interferenza dei media sociali” nella campagna elettorale, e per l’inaudito auspicio dello stesso Breton che altrettanto si facesse in Germania se nell’elezione parlamentare del 23 febbraio fosse risultato vincente il partito “di estrema destra” Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania) e quel 14 febbraio Vance non sapeva ancora che meno di un mese dopo il suo discorso, per rendere impossibile la temuta seconda vittoria di Georgescu nella ripetizione elettorale che si terrà il 4 maggio (con eventuale ballottaggio il 18), il candidato “di estrema destra” ne è stato addirittura escluso arzigogolando sue presunte irregolarità contabili. 

    All’inizio di aprile lo stesso copione è stato recitato in Francia contro Marine Le Pen, storica leader del Rassemblement National, esclusa da subito – nonostante abbia presentato appello – dall’elezione presidenziale di aprile 2027 da una tempestivissima condanna inflittale dalla magistratura per irregolarità contabili risalenti al periodo fra il 2004 al 2016. 

    In quello stesso 2016 Christine Lagarde, attuale presidente della Banca Centrale Europea e allora ministro dell’economia in Francia, era stata condannata per mancata vigilanza su uno scandalo finanziario, ma ciò non le ha impedito di essere nominata al vertice della massima istituzione finanziaria dell’UE; e a luglio 2024 la Corte di giustizia europea ha condannato Ursula von der Leyen per irregolarità nei contratti d’acquisto di vaccini stipulati tra la sua Commissione e diverse aziende farmaceutiche durante la pandemia. 

    Nel 2021 alcuni eurodeputati e privati cittadini avevano chiesto di consultare la documentazione di quegli acquisti per accertarsi che l’interesse pubblico fosse tutelato; i contratti furono infine pubblicati, ma in versioni ampiamente oscurate adducendo convenienti pretesti di riservatezza gli sms segretamente scambiati fra von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, furono convenientemente cancellati la vicenda fu seppellita sotto una coltre di silenzio; e così, nonostante la condanna, von der Leyen è stata rieletta alla testa del massimo organo di governo dell’UE, grazie anche – conviene ricordarlo – al voto determinante di 23 deputati europei del maggior partito di governo in Italia, senza i cui voti l’Ursula bis sarebbe stata bocciata. 

    Visti questi due precedenti, mentre in Francia sta per decollare la campagna per l’elezione presidenziale del 2027 appaiono quanto mai “provvidenziali” la condanna e l’inibizione elettorale inflitte da una magistrata francese a Le Pen, nettamente favorita nei sondaggi e leader del partito più votato nelle elezioni parlamentari di luglio 2024, escluso dal governo solo grazie a un’estemporanea “diga antifascista” (così la chiamarono) raffazzonata tra tutti gli sconfitti dal centro all’estrema sinistra, poi astiosamente sbriciolatasi pochissime settimane dopo, come ho dettagliatamente raccontato nel numero di agosto dell’anno scorso. 


    Per chi volesse approfondire, delle condanne (senza inabilitazioni però…!) di Lagarde e von der Leyen si trovano in internet ampi resoconti.

    Ma torniamo al discorso di Vance, che fra gli attoniti sorrisetti sempre più stiracchiati del pubblico dei politici in platea ha proseguito affermando la necessità per qualsiasi governo di fondarsi su mandati democratici solidi, senza i quali nessuna strategia politica può reggersi senza ricorrere a imposizioni ideologiche insostenibili indefinitamente. 

    Il vicepresidente ha criticato, citandola ad esempio della deriva autoritaria e della disattenzione – o si potrebbe dire del disprezzo – mostrati verso gli elettori dai partiti al governo in Germania, l’esclusione di Alternative für Deutschland, ovviamente opportunamente bollata col marchio d’infamia di “estrema destra”, dalla partecipazione a quella stessa Conferenza di Monaco di Baviera. 

    Ciononostante AfD ha poi ottenuto nell’elezione parlamentare tedesca del 23 febbraio una brillantissima avanzata, come già il Rassemblement National in Francia lo scorso luglio, ma in entrambi i casi i governi francese e tedesco in carica hanno trovato il modo di non tenerne conto, smentendo in ultima analisi la legittimità stessa di chi volutamente ignorando la volontà popolare si aggrappa al potere con le unghie e con i denti. 

    Intanto nell’ex locomotiva economica d’Europa dopo mesi di trattativa a porte chiuse (segno di stridenti frizioni tra le parti) pare raggiunto l’accordo tra democristiani e socialisti per la formazione del nuovo governo, da cui sarà esclusa AfD per proseguire fra due dei tre partiti di quello precedente (cioè senza i Verdi, diventati numericamente superflui) sostanzialmente la stessa politica, con in più la retorica del riarmo infatti è già appurato, e con assoluta certezza! come ripete instancabilmente la Commissione europea, che la Russia ci aggredirà esattamente nel 2030 anche se, fermandoci a riflettere, non si capisce per quale motivo dovrebbe farlo, 1) non avendo l’Europa occidentale proprio nulla di appetibile per un eventuale conquistatore ma solo gravi crisi da gestire, e 2) essendo ancora operanti in vari Paesi europei decine di basi militari statunitensi – da alcuni considerate truppe di occupazione – che oltre a decine di migliaia di soldati schierano anche armi nucleari; mentre appare più logico sospettare che agli avversari della Federazione Russa farebbe molto gola frazionarla in 5 o 6 deboli staterelli a cui imporre la “pace del vincitore” appropriandosi come “riparazioni di guerra” delle ricchissime fonti energetiche contenute nel suo sottosuolo. 

    Per prepararsi a questa “aggressione russa” il governo tedesco di Scholz, bocciatissimo dagli elettori ma tuttora in funzione fino all’entrata in carica del successore – che non pare imminente – ha addirittura immediatamente modificato la costituzione, abolendo il vincolo di bilancio per potersi riarmare indebitandosi. 

    Dunque il malvagio nemico da additare all’opinione pubblica è la Russia anche se nel frattempo il presidente degli Stati Uniti ha proclamato più volte di volersi appropriare, se necessario anche con la forza, della Groenlandia appartenente alla Danimarca, Paese membro dell’Unione Europea che quest’ultima quindi dovrebbe difendere ma su questo von der Leyen, fermissima nel proclamare che il nemico contro cui riarmarsi è la Russia, appare assolutamente cieca, sorda e muta, abbandonando la sventurata Danimarca al suo destino. 

    Infatti, dicevo poco fa delle truppe e delle armi nucleari statunitensi stanziate in Europa, la cui “dissuasione” di per sé rende inverosimile non solo la presunta imminente invasione russa, ma anche solo un’eventuale intenzione degli europei di intraprendere una loro politica indipendente opposta agli interessi statunitensi, come in ultima analisi sarebbe recidere il cordone ombelicale con gli USA e passare invece a stretti legami con la Russia, che ci fornirebbe energia abbondante a basso costo invece del costoso gas statunitense. 

    A proposito di questo riarmo contro il Mostro (in realtà causato dallo svuotamento degli arsenali europei per foraggiare inutilmente di armi l’Ucraina negli ultimi anni) non posso non ricordare l’esilarante filmatino in cui la hahaha commissaria europea alle crisi (!!!), Hadja Lahbib ha presentato ridacchiando il suo comico “kit di sopravvivenza per 72 ore”, essendo evidentemente convinta che quando come noto nel 2030 il Mostro ci aggredirà, l’UE lo sconfiggerà in appena 72 ore! 

    Chiudo questa rassegna sui recenti eventi nel continente con l’argomento che ha fatto e ancora fa scorrere fiumi di inchiostro e di chiacchiere: i dazi commerciali imposti dagli Stati Uniti al resto del mondo, tra cui l’Unione Europea. 

    Tutti i saccenti politici d’Europa si affannano (terrorizzati) a dimostrare che questi dazi pregiudicheranno prima di tutto i cittadini statunitensi, ma a me la questione pare semplicissima: a torto o a ragione – ma fino a prova contraria a ragione – gli Stati Uniti perseguono il loro interesse com’è normale che sia. 

    Abbiamo anche noi la forza e la capacità di perseguire i nostri interessi imponendo le nostre condizioni? 

    Sì? 

    Allora facciamolo. 

    No? 

    E allora vai col blahblahblah.

    Francesco D’Alessandro

     

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