Giorni fa, rovistando nel mio archivio di vecchi film, mi sono imbattuto nei cinque piacevoli episodi della serie “Terminator”, girati dal 1984 al 2015 con il supermaggiorato di origine austriaca Arnold Schwarzenegger (che dal 2003 al 2010, tra un film e l’altro, fu anche governatore della California) nel ruolo del robot antropomorfo protagonista.
Traduco dall’edizione spagnola del portale di recensioni cinematografiche “Film Affinity” la presentazione del primo episodio della saga: “Los Angeles, anno 2029. Le macchine dominano il mondo.
I ribelli che le affrontano sono capitanati da John Connor, un uomo nato negli anni ottanta.
Per stroncare la ribellione le macchine decidono di inviare nel passato il robot Terminator, incaricato di uccidere Sarah Connor, la madre di John, per impedirne la nascita.”
Considerato che il film fu girato nel 1984 ed è ambientato in un mondo dominato dall’intelligenza artificiale nell’allora distante 2029, e che in questo 2025 l’IA già compie meraviglie e ne promette inimmaginabili altre, possiamo definire stupefacente la profezia di “Terminator”; ma il tema dell’intelligenza artificiale ha ispirato anche altri film-culto, da “Blade Runner” (1982), con Rutger Hauer nel ruolo di uno sfortunato e sentimentale umanoide, al supercomputer ribelle Hal nel celeberrimo “2001 Odissea nello spazio” del 1968, in cui l’assenza degli allora inimmaginabili telefoni cellulari e computer portatili ci fa apparire bizzarramente irreale il fantascientifico mondo ambientato da Stanley Kubrick nel suo remoto futuro del 2001.
Ma dai film del passato torniamo alla realtà del presente…
Il neopresidente statunitense Donald Trump, più che mai vulcanico nel mandato appena iniziato, ha annunciato il suo progetto di sviluppo dell’intelligenza artificiale, da lui esplicitamente promesso in campagna elettorale con il suggestivo nome di Stargate (Portale verso le stelle) e dopo l’elezione affidato alle aziende Open IA, SoftBank e Oracle, che secondo le loro dichiarazioni vi investiranno nel prossimo quadriennio centinaia di miliardi di dollari per vincere l’ormai dichiarato scontro con la Cina, da cui emergerà la potenza egemone del futuro assetto planetario unipolare.
La competizione però potrebbe imboccare derive non escludibili a priori: ad esempio il governo di un folle autocrate che aspirando al dominio mondiale impartisca all’intelligenza artificiale l’ordine di creare batteri letali oggi inesistenti, o armamenti ancora più devastanti di quelli già tremendi oggi disponibili, o che questa tecnologia conferisca a una dittatura palese o occulta l’opprimente dominio sul resto del pianeta, sottoponendone le popolazioni a una vigilanza tanto più violenta, occhiuta e spietata perché, mascherando sotto presunti valori etici il perseguimento delle sue ideologie, non potrebbe tollerare il peccato del dissenso… mi viene in mente “Dredd”, un altro film-culto del 2012, in cui il poliziotto-giudice-giustiziere impersonato da Sylvester Stallone perseguiva l’implacabile repressione del crimine con poteri illimitati che un robot, per sua natura amorale, potrebbe impiegare in un’inesorabile oppressione.
Secondo alcuni analisti chi riuscirà per primo ad asservire l’intelligenza artificiale mettendo al lavoro 24 ore su 24 centinaia, o perfino migliaia, di instancabili robot ingegneri – ognuno dei quali più intelligente dei relativamente pochi scienziati umani più intelligenti – si assicurerà per un certo tempo – che potrebbe essere sufficiente per annientare gli avversari prima che anche loro se ne dotino – il monopolio di nuove e imparabili tecnologie.
Ecco dunque spiegata la fretta con cui i principali attori sul palcoscenico del potere mondiale inseguono l’evoluzione dall’odierna intelligenza artificiale cosiddetta “debole” (quella di ChatGPT, per intenderci) ad una nuova intelligenza artificiale “forte” (cioè intelligente quanto un essere umano molto intelligente) e poi ad un’intelligenza “super”, non solo molto più intelligente dell’essere umano più intelligente, ma anche capace di decidere senza direttive esterne come e in che direzione ampliarsi e potenziarsi esponenzialmente.
Il timore è che l’ansia dei contendenti di superarsi nella corsa potrebbe indurli a trascurare di definire i limiti e gli scopi perseguiti, e quindi a sfracellarsi contro l’obiettivo; e se col tempo l’IA sfuggisse di mano agli apprendisti stregoni, ponendosi finalità sue proprie contrastanti con le nostre, come nei profetici film che citavo all’inizio le macchine, prive di scrupoli morali o religiosi, potrebbero spietatamente decidere l’estinzione della specie umana, considerata un microbo fastidiosamente superfluo.
Sta di fatto che la corsa è già iniziata: negli ultimi giorni di gennaio gli ambienti scientifici e finanziari sono stati terremotati dalla repentina irruzione in lizza della Cina, che ha annunciato ufficialmente il lancio del suo equivalente dello statunitense ChatGPT, chiamato DeepSeek (letteralmente “Ricerca profonda”), sbalordendo gli scienziati per averlo sviluppato ad un costo notevolmente inferiore e turbando le Borse con l’immediato crollo delle azioni di Nvidia – autodefinitasi “Leader mondiale nel computing con intelligenza artificiale” nel suo portale web italiano – che in una sola seduta ha bruciato quasi il 17% della quotazione e ben 589 miliardi di dollari di capitalizzazione; ma sicuramente altri attori di primo piano nell’agone mondiale si affretteranno a salire sul treno in corsa prima che il vantaggio dei due manovratori già in cabina di pilotaggio diventi incolmabile.
Un aspetto cruciale di questa gara sono le quantità enormi di energia fagocitate dal funzionamento di queste supermacchine, e conseguentemente l’altro progetto basilare di Trump di deregolamentare le fonti energetiche e di accelerarne la produzione, perché altrimenti lo sviluppo dell’IA diverrebbe inattuabile, così come sarà insostenibile per altri Paesi sprovvisti di ingenti risorse naturali o impossibilitati a procurarsele.
E l’Unione Europea intanto cosa fa sotto l’illuminata guida dell’ineffabile Ursula, recentemente rieletta alla testa della Commissione con i voti decisivi del maggior partito di governo in Italia…?
Finora ben poco, ma niente paura! se gli USA hanno ChatGPT e la Cina ha DeepSeek, l’UE ha il Regolamento n° 2024/1689, che disciplinerebbe la sua ipotetica intelligenza artificiale tuttora inesistente, naturalmente finalizzato a tutelare gli utenti… proteggerne i diritti fondamentali… salvaguardare gli immancabili “valori europei”… e garantire trasparenza, etica e inclusività… contro la… già già, infatti… disinformazione, ecc. ecc. ecc., nella scia delle altre nobilissime e fondamentali crociate già intraprese dall’UE in splendida solitudine per salvare il mondo, dall’assassinio per elettrocuzione della propria industria automobilistica al libro delle favole della cosiddetta agenda venti-trenta (ne parlerò in un prossimo articolo) ed alla fondamentale normativa sull’inscindibilità dei tappi di plastica dalle bottiglie.
Per ora l’unico risultato è la Conferenza sull’IA indetta in fretta e furia a Parigi il 10 e 11 febbraio dal presidente Macron, ma se l’efficienza, la rapidità e la lungimiranza saranno quelle solite dei burocrati dell’UE – e beninteso tutto è ancora da iniziare, di già fatto e operativo non c’è nulla – ci sarà poco da stare allegri, anche perché a energia stiamo messi maluccio – Francia a parte che ha avuto il buonsenso di non imitare l’insensata Germania smantellando le sue centrali nucleari, che però non possono bastare per tutti – e per far funzionare l’IA ne servono quantità enormi.
Dalla massa indistinta delle disquisizioni e degli auspici di circostanza ascoltati durante la conferenza è emerso prepotentemente l’impressionante discorso con cui il vicepresidente statunitense Vance ha attaccato frontalmente la mania iper-regolatoria dell’UE, snocciolando a muso duro dinanzi agli sbigottiti e stiracchiati sorrisetti dei leader europei in platea, da Macron a von der Leyen, i 4 paragrafi in cui si articola il punto di vista degli USA sull’IA, di cui qui di seguito traduco i punti salienti:
“NUMBER ONE: l’amministrazione Trump intende garantire che la tecnologia USA nel campo dell’IA rimanga lo standard di riferimento nel mondo e che gli Stati Uniti restino il partner preferito degli altri Paesi e delle imprese che via via vi faranno sempre più ricorso.
NUMBER TWO: Riteniamo che una regolamentazione eccessiva dell’IA ucciderebbe nella culla un’industria innovatrice, noi faremo tutto quanto potremo per promuoverne l’avanzata e le strategie di sviluppo e sono compiaciuto di notare l’orientamento deregolamentatore delle discussioni in corso in questa Conferenza.
NUMBER THREE: Siamo fermamente convinti che l’IA non deve essere impastoiata da pregiudizi ideologici e che negli Stati Uniti l’IA non diverrà mai lo strumento di censure autoritarie.
NUMBER FOUR: Gli Stati Uniti sono leader nello sviluppo dell’IA e intendiamo che lo restino. Gli USA possiedono tutti i componenti dell’intera filiera dell’IA, dalla progettazione di semiconduttori avanzati ai migliori algoritmi e naturalmente alle applicazioni trasformatrici.
Per mantenere il vantaggio statunitense l’amministrazione Trump farà in modo che i sistemi più potenti dell’IA si realizzino negli USA con microcircuiti progettati e fabbricati da noi, ma non fraintendetemi: gli Stati Uniti vogliono tutti voi come nostri partner, tuttavia per creare la fiducia necessaria sono necessarie normative internazionali che facilitino il progresso dell’IA anziché strangolarla, e i nostri amici europei devono guardare a questa nuova frontiera con ottimismo e non con timore.
Il vantaggio degli USA in questo campo non è un caso, bensì il risultato di un contesto normativo aperto che ha stimolato i nostri innovatori a sperimentare e ad investire nell’IA capitali inusitati: dei circa 700 miliardi di dollari che si prevede saranno investiti nell’IA entro il 2028, oltre la metà probabilmente verranno dagli Stati Uniti.
Il cammino delle nuove imprese e dei ricercatori che stanno realizzando le applicazioni più rivoluzionarie dell’IA non deve essere ostacolato”.
Dall’ottimistico – forse troppo…- discorso di Vance, pronunciato col piglio autoritario di chi, conscio della propria forza, non propone ma dispone per tirare l’acqua al proprio mulino (com’è giusto che sia… magari fossero gli inconsistenti europei capaci di imitarlo!), emerge dunque un’impostazione fermamente contraria a rigide legislazioni – da decenni tipiche dell’Unione Europea in tutti i settori – che in qualsiasi modo frenino lo sviluppo della nuova tecnologia limitandone le opportunità.
E il giorno dopo il secco e graffiante ammonimento di Vance la Commissione europea ha clamorosamente fatto marcia indietro sospendendo l’esame della Direttiva sulla responsabilità civile dell’intelligenza artificiale… decisione però prontamente e duramente stigmatizzata da uno dei suoi relatori, il deputato europeo Axel Voss del Partito Popolare.
Se il dibattito che prevedibilmente si aprirà nell’UE potrebbe preludere a una virata dalla sua smania regolamentatrice, o almeno ad un’attenuazione, l’alternativa a cui troppo spesso abbiamo assistito in passato potrebbe essere uno sproloquiante e pernicioso immobilismo mentre il resto del mondo continua a correre.
Francesco D’Alessandro