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    Il Commissario Steneri intervista Francesco Fiumarella

    Nel mese dell’Oscar vi presento il creatore del Premio Vincenzo Crocitti International: Francesco Fiumarella, detto il paladino della meritocrazia artistica.

    Lo ringrazio per aver accettato gentilmente di rispondere a queste domande; quanta ricchezza nelle sue risposte!
    D: Può spiegarci il concetto di meritocrazia applicato all’arte in Italia?
    Partiamo dalla Costituzione Italiana che all’art. 33 cita: “L’ ARTE e la Scienza sono libere e libero ne è  l’insegnamento”.
    Tutti coloro che con le proprie attitudini, capacità, talento, competenze acquisite, abilità indiscusse sono dediti in campo artistico migliorandone ogni aspetto ed innovandolo, possiedono indubbiamente dei meriti.
    Ebbene, questi meriti, a mio avviso andrebbero riconosciuti senza se e senza  ma.
    Purtroppo invece spesso non è così. In ogni campo a dire il vero, ma soffermandosi in ambito Arte ed artisti le penalizzazioni, in questi ultimi decenni si sono avvertite in modo profondo e desolante.
    Di conseguenza la Meritocrazia, in Italia, specie in Arte è divenuta, a mio parere un concetto evanescente, un po’ utopico.
    D: L’opera d’arte ha diversi livelli di comprensione secondo la cultura e la sensibilità di chi l’apprezza.
    Possiamo dire che esiste un pubblico che va al cinema a “consumarlo”?
    L’ho battezzato il pubblico del pop corn…
    Sì, concordo….
    Facendo le dovute eccezioni, naturalmente.
    Perché di veri appassionati e cultori di cinema con la C maiuscola ve ne sono fortunatamente tantissimi.
    Sono quasi solo di nicchia.
    Però è aumentato considerevolmente anche il “cultore del pop corn” come li definisce lei… 
    Ma si riconoscono subito, non solo perché si danno alla grande abbuffata sdraiati in sala ma soprattutto perché se all’uscita del film gli chiedi un’opinione spesso rispondono solo “bello, bello da vedere”!
    D: Alcuni produttori fanno dei film mediocri pensando soltanto a fare denaro facile, ma se si facessero più film di qualità avrebbero un pubblico?
    Purtroppo questo è il dilemma contemporaneo che si pongono le produzioni, specie quelle più importanti che ovviamente investono in una pellicola solo a fronte di prospettive di lauti guadagni.
    E non è proprio automatico che un buon film equivalga ad un buon riscontro di pubblico.
    Anche per quel che dicevamo prima “pubblico del pop corn”…
    Ciò ovviamente è penalizzante per i prodotti importanti che vorrebbero raccontare il vero cinema coinvolgente e memorabile.
    Quello che anche fra 100 anni ti insegna qualcosa, che rimane nella memoria collettiva e resta indelebile nelle menti e nei cuori.
    A mio avviso però le produzioni dovrebbero rischiare maggiormente e non pensare tanto agli incassi ma a fare Cinema, a regalare emozioni.
    Oggi questo ruolo è sempre più assegnato alle produzioni indipendenti.
    Ma le difficoltà annesse sono enormi.
    Non è facile.
    D: Il cinema è un affare nobile e sebbene sia fondamentale ricevere indietro l’investimento, non dovrebbe comunque compiere una funzione pedagogica per la società?
    Assolutamente sì.
    È forse una delle peculiarità contemporanee visto anche la grande espansione tecnologica e multimediale che può  rendere fruibile un film in ogni dove e spesso anche con un semplice click.
    Penso alle tante storie che si possono  raccontare attraverso un film!
    Anzi alla Grande Storia dell’umanità.
    Quanta utilità scaturirebbe presso gli istituti formativi, dalle scuole alle Accademie se si disponesse di pellicole per insegnare le varie discipline.
    Personalmente ricordo che quando andavo al liceo il momento della visione dei film (di solito quelli storici) era sempre ben accolto da tutti  noi studenti.
    E con buoni frutti anche nell’apprendimento.
    Certo, una responsabilità enorme per produttori, sceneggiatori e registi perché non è facile raccontare per immagini, attenendosi peraltro alla verità dei fatti.
    Però, a mio avviso, allorquando ciò avviene è di grande rilevanza per il miglioramento culturale in generale.
    D: È difficile fare cinema di qualità nell’epoca del consumismo?
    Difficilissimo, ma non impossibile.
    Come dicevo prima basterebbe un po’ più di intraprendenza ma non solo.
    Occorre anche più studio e coinvolgimento di quanti interessati in questo ambito, ad esempio più attenzione agli  sceneggiatori dando loro modo di esprimersi totalmente, con linguaggi innovativi e nuove idee proponendo con libertà i loro soggetti e soprattutto firmandoli.
    E poi tanta curiosità, voglia di conoscenza, interscambi, contaminazione artistiche e oltre.
    D: La mediocrità esiste da sempre, in questa “società liquida” di Bauman, crede che le reti sociali abbiano contribuito a diffonderla?
    Purtroppo è una constatazione continua. 
    Nonostante l’utilità collettiva, da un lato, dall’altro si sta anche pagando uno scotto elevatissimo.
    E sì, il mondo è ormai in un abisso fatto di incertezze e scarse speranze proprio come lo descrive Zygmunt. 
    Si è più mediocri perché forse più “rassegnati”.
    Ma questo, a mio avviso anche per la totale sfiducia che ha la stragrande maggioranza della gente in coloro che potrebbero  fare molto per migliorare il mondo ed invece  pian piano lo stanno portando all’autodistruzione.
    D: C’è una grande differenza tra una serie americana fatta per il consumo di massa come ad esempio CSI e la nostra “I bastardi di Pizzofalcone”.
    Nella seconda non è difficile provare delle emozioni e trovare valori umani. 
    Cosa ne pensa?
    CSI è un progetto internazionale che a mio avviso è qualitativamente molto valido su fronte regia sceneggiatura e pathos interpretativo, anche se è molto tecnico.
    Invece la serie italiana la trovo ancora da migliorare, anche se sentimenti e qualche emozione non mancano.
    Brava la Crescentini che saluto volentieri.
    L’ho premiata con il Vince Award 2023 e merita.
    Ecco, lei riesce a far arrivare le emozioni che cita.
    D: Quando guardo un film è importante imparare qualcosa su di me, emozionarmi e riconoscermi nei valori umani. E Lei, che cosa cerca in un film?
    Personalmente quando guardo un film cerco sempre di individuare se vi è una volontà di perfezione  cinematografica basata soprattutto su una qualità della Regia che deve essere superlativa e su una sceneggiatura  innovativa che mi sorprende.
    Mi è capitato che in qualche film abbia visto dei messaggi importanti, di cui ho fatto tesoro anche io, cogliendo da cinefilo la grande potenza del Cinema nel trasmettere messaggi, con qualche sfaccettatura filosofica, motivazionale, e anche neorealista un genere che mi appassiona molto.
    I film devono dare la possibilità a chi li guarda di aprire la mente e vedere oltre.
    Infatti il Cinema per me è “Una finestra aperta sul mondo”.
    D: Com’è andata la cerimonia del Premio Vincenzo Crocitti International 2023?
    Benissimo. 
    Un tripudio di umanità, umiltà, presenze talentuose e meritevoli ed un pubblico entusiasta ed emozionato, plaudente.
    Sono molto soddisfatto, insieme a tutto il Comitato Direttivo.
    Soprattutto perché in questo modo il nome di Vincenzo Crocitti è ricordato sempre più anche dai giovanissimi, da quanti non lo hanno conosciuto.
    È bello sentire gli apprezzamenti di coloro che ricevono il Vince Award specie quando dicono “mi dispiace non averlo potuto conoscere personalmente, ma attraverso questo Premio riesco a capire la sua grandezza”.
    D: Quali sono i suoi progetti futuri?
    Non mi esprimo mai in anticipo.
    Mi piace prima realizzare e poi parlarne.
    Comunque posso anticipare che fra le altre cose sto ultimando un progetto letterario avviato da un po’ e che auspico di portare a compimento in questo  anno.
    Vi aspetto ad aprile con la mia cronaca sul Tenente Sheridan.
    di Commissario Steneri

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