More

    I vulcani di La Palma, l’anima di un’isola

    L’isola di La Palma è uno di quegli amori canari a prima vista che occupa sempre un posto privilegiato nel cuore di un innamorato.

    I suoi paesaggi verdi si mescolano con il terreno roccioso di un pianeta alieno che ipnotizza il visitatore.

    E nel punto esatto in cui converge la più impressionante tavolozza di colori della natura, imponenti crateri si ergono verso il cielo e diventano eterne torri di guardia.

    Dal settembre al dicembre del 2021, il Cumbre Vieja non ha mai smesso di eruttare, portando devastazione nell’Isola di La Palma.

    Dopo 50 anni di quiete, La Palma è tornata protagonista con l’eruzione del complesso vulcanico di Cumbre Vieja.

    E l’isola è diventata un luogo di ricerca per la scienza.

    Un vero e proprio laboratorio a cielo aperto da cui si è potuto osservare il “battito cardiaco” della Terra.

    Era il 19 settembre 2021, intorno alle 15.10, ora delle Canarie.


    Il movimento del magma, che già da una settimana aveva dato avvisaglie con diversi segnali di attività, aveva causato l’apertura di una fessura attraverso la quale la lava stava risalendo in superficie nell’area conosciuta come Cabeza de Vaca, sulla dorsale di Cumbre Vieja, nel sud-ovest dell’isola.

    Dopo quattro anni di monitoraggio intensivo, gli addetti alla sorveglianza vulcanologica vedevano realizzarsi la loro previsione con una certa precisione in termini sia spaziali che temporali.

    Era stato previsto che si verificasse sulla dorsale di Cumbre Vieja, l’area geologicamente più attiva di La Palma, che si estende per 21,5 chilometri.

    A differenza del Teide di Tenerife, che come l’Etna o il Vesuvio è uno stratovulcano, nel resto dell’arcipelago canario il vulcanismo è di tipo monogenico, il che significa che non esiste un unico centro emittente, ma piuttosto che la bocca eruttiva può aprirsi praticamente ovunque.

    Ma ciò che non potevano prevedere né gli studiosi né gli abitanti che stavano lasciando le proprie case era che quell’eruzione sarebbe stata la più lunga degli ultimi cinque secoli sull’isola (quella del Tehuya, nel 1585, era durata 84 giorni), e che avrebbe interrotto una casistica di successione secondo la quale ciascuna nuova eruzione durava meno della precedente.

    E, visti i danni causati, che sarebbe stata la più pericolosa tra le eruzioni storiche mai avvenuta sull’isola.

    Iniziava una delle eruzioni più significative degli ultimi secoli nell’arcipelago delle Canarie, e da quando ci sono testimonianze la più lunga nell’isola di La Palma.

    L’ultima attività vulcanica nell’isola di La Palma era terminata nel 1971, esattamente 50 anni prima, quando era avvenuta l’ultima eruzione del vulcano Teneguía.

    L’eruzione vulcanica è andata avanti senza interruzioni dal 19 settembre al 13 dicembre, per un totale di 85 giorni. 

    Le colate di lava hanno coperto più di 1.200 ettari di territorio creando gravi distruzioni nei centri abitati situati nella parte meridionale dell’isola.

    In particolare, sono stati distrutti oltre 1.600 edifici, dei quali molti erano abitazioni, ma anche strade, acquedotti, scuole, attività private. 

    Settemila persone hanno dovuto lasciare le proprie case.

    La lava e il materiale piroclastico espulso hanno formato un cono vulcanico nuovo, che è sorto dal nulla nel grande edificio del Cumbre Vieja, con una prominenza di circa 200 metri rispetto al territorio circostante.

    Per diversi mesi il cono è stato indicato come “nuovo vulcano” o “nuovo cono vulcanico del Cumbre Vieja”, o “cono di Cabeza de Vaca” dal nome della località da cui è sorto. 

    Dopo una consulta locale avvenuta via Internet, è stato scelto il nome di “vulcano di Tajogaite”, che usa un antico termine delle popolazioni Guanci

    In realtà, i vulcani più attivi nel corso degli anni si trovano nella parte meridionale dell’isola.

    In particolare nel parco naturale di Cumbre Vieja, che fa da cornice a questo itinerario.

    Una delle grandi curiosità della geologia di questa zona di La Palma è che si è formata solo 500 anni fa.

    Infatti, una serie di eruzioni avvenute alla fine del XVI secolo ha finito di scolpire quella che oggi è una delle grandi attrazioni delle Isole Canarie.

    Per non parlare dei vulcani sottomarini che si trovano a più di 4.000 metri sotto le oscure profondità dell’Atlantico.

    Raramente si ha la fortuna di potersi immergere completamente in uno scenario così selvaggio come quello della Rotta dei Vulcani.

    Dal Refugio de El Pilar al faro di Fuencaliente.

    Il paesaggio è completato dalle splendide saline.

    Il percorso si immerge nell’imponente cratere di Hoyo Negro e nel vulcano Duraznero, risultato dell’attività di un altro vulcano ai margini del parco.

    L’inizio del percorso è segnato da foreste di pino canario che gradualmente si trasformano in un terreno arido fatto di sabbia nera, lava solidificata e splendide viste sulla valle di El Paso.

    In basso si trovano gli imponenti vulcani Martín, San Antonio e il già citato Teneguía.

    Il pino delle Canarie, una fenice che risorge dalle sue ceneri

    Secondo alcune leggende locali, le antiche civiltà guanche si riunivano in questa parte dell’Isla Bonita per fare offerte a questi vulcani, chiedendo loro di non eruttare.

    Secondo le loro credenze, queste montagne violente nascondevano demoni ed esseri delle tenebre che cercavano di distruggere i loro villaggi.

    Come se non bastasse, volevano anche privarli dei raccolti e del bestiame.

    In questo modo, le offerte garantivano una stagione di pace senza incidenti.

    Considerato il simbolo ufficiale dell’isola di La Palma, il pino canario con la sua straordinaria qualità consiste nella resistenza al fuoco.

    Una proprietà ideale per le alte temperature che talvolta affliggono l’isola e per la sua natura vulcanica.

    Un pittoresco paesino situato a metà del percorso, è una delizia per gli escursionisti: Los Canarios è il capoluogo del comune di Fuencaliente.

    Si trova a 700 m sul livello del mare, in una conca circondata da coni vulcanici ricoperti di pinete.

    La lontananza dagli altri centri abitati, il fatto che sia il villaggio più a sud dell’isola e che sia quasi circondato da fitte pinete gli conferiscono un aspetto di isolamento.

    Un tempo, la coltivazione di cereali, frutta e vite era importante nella zona circostante.

    Oggi i vigneti sono ancora importanti, così come i piccoli orti per l’autosufficienza.

    I suoi prodotti di punta? Il sale e gli squisiti vini dei vasti vigneti che circondano la città.

    Bina Bianchini

     

    Articoli correlati