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    Apocalisse now: l’insostenibile efferatezza dei profeti dell’apocalisse

    Francois Rabelais, figura di spicco del rinascimento francese e autore di uno dei classici che ad oggi è ancora bello e piacevole leggere, “Gargantuá e Pantagruel”, non era un profeta però -guarda un po’- ci lascia una bellissima descrizione della ciarlataneria dei profeti dell’ultima ora del disastro climatico.

    Chi sono?

    Non parliamo infatti, ovviamente, delle persone di coscienza che non buttano plastica in mare o meglio ancora raccolgono quella altrui,  usano detersivi biologici o tessuti naturali preferendo, quando possibile, la carta riciclata  e marciano per bloccare raffinerie e scarichi a mare di giganti dell’industria della morte e del veleno.

    Parliamo dei ciambellani della prossima scusa per mettere le catene ai privati cittadini e slegare le mani ai nuovi padroni del mondo: l’emergenza climatica.

    Vediamo cosa scriveva Rabelais nel 1.500 in merito alle calde estati, e l’uso distorto che se ne poteva fare.

    “Faceva sempre più caldo, gli abitanti dei villaggi non trovavano ristoro nemmeno nei torrenti, caldi come brodo. Qualcuno coglieva la scusa per leggere i segni della fine del mondo.

    Gli esperti scienziati (i trisavoli dei virologi del 2020)  borbottavano salmi incomprensibili e terrificanti spingendo i terrorizzati fedeli a fare la fortuna dei preti, nel tentativo di salvare l’anima all’ultimo minuto.

    I preti e gli uomini di scienza, compatti, si arricchivano stimolando la superstizione con la falsa sapienza e dosando attentamente la paura per gestirla senza condizioni”. 

    Sarebbe poi arrivato l’inverno… il solito inverno di sempre. “


    Ecco qua.

    Riprende questa antica canzone del lestofante, l’ottimo Massimo Mazzucco in un video intitolato il  “CLI-MAH…” che consiglio accoratamente di cercare su youtube ed è la base di questa piccola digressione.

    Chi sono i soggetti del nuovo seppur vecchio discorso sull’imminente apocalisse da clima?

    Nel nostro continente, americanizzato fino alle mutande da molto prima dell’ultima campagna di espansione della NATO, la fonte per eccellenza è sempre la linea editoriale ufficiale degli Stati Uniti d’America.

    Ma chi genera i contenuti del paese del confronto e della democrazia?

    Il 10%, irrilevante ai fini della nostra riflessione, è costituito dall’arcipelago delle voci libere che in tempi di vento gelido o orizzonte corto per la libertà, vengono definite voci dissidenti.

    Il 90%, cioè  la sola voce percettibile, è un fronte unico, costituito dai BIG SIX che qui presentiamo:

    AT&T CORPORATION,  DISNEY,  CBS, VIACOM, COMCAT NBC UNIVERSAL, NEW CORPORATIONS.

    Un consiglio di amministrazione di solo sei membri che decide quale identica verità deve arrivare all’utente di contenuti televisivi, radiofonici, informatici, editoriali, pubblicitari, su qualsiasi argomento.

    L’ottimo Mazzucco come sempre, in modo semplice e inequivocabile dà supporto concreto alle proprie affermazioni e inserisce nel suo breve video, l’incipit dei telegiornali e i titoli dei giornali di TUTTE le emittenti americane e TUTTE le grandi testate dei quotidiani.

    E’ agghiacciante: non la stessa tesi, ma le stesse identiche parole, con le stesse pause di punteggiatura, la stessa battuta del giornalista che funge da spalla e la stessa reazione corporea e la stessa espressione nel volto dell’anchorman/woman, colto di sorpresa, a reti unificate, dalla battuta spontanea del suo collega.

    L’informazione pubblica in America è la recita di Natale dell’asilo.

    La maestra addestra i suoi piccoli allievi ad aprire le braccia a cerchio quando dicono mondo, toccarsi il cuore quando dicono mamma e indicare il soffitto quando dicono stella.

    Volendoci regalare un sorriso, ricordiamo che la consapevolezza e il pessimismo sono gemelli figli di questa bella gente e non sono affatto un binomio necessario.

    Sono necessari a spingere la gente dai preti e i commercianti di Rabelais, distraendola dal diritto ma soprattutto dalla possibilità di prendere in mano le redini del mondo.

    Poniamoci una domanda dunque e sorridiamo ascoltando la risposta dell’informazione di massa. 

    Qual’è il paese più colpito dal surriscaldamento globale?

    E qui, finalmente, una differenza nella recita di Natale dell’asilo mondo:

    Per l’Australia l’Australia, per l’Italia, l’Italia, per la Francia la Francia, per i 50 stati della federazione americana troviamo 51 risposte differenti perché anche il distretto federale di Washington non rinuncia al titolo di distretto del più caldo del mondo.

    Ognuno di noi, dunque, vive nel paese che distacca sul resto del mondo per l’urgenza della sua condizione.

    Cosa manca, cosa ci sfugge in questa immensa pagliacciata?

    Il limite della decenza onestamente.

    Ciò che chiaramente emerge fra le righe di un messaggio così compatto e così contraddittorio, è la stessa logica che reggeva l’obbligo di indossare la mascherina in farmacia, togliersela e abbracciarsi salutandosi al bar per poi rimettersela subito per entrare in farmacia, nel nome di un inviolabile interesse collettivo.

    Non è nemmeno necessario imbrogliarci bene, perché ormai beviamo tutto ciò che arriva dall’erogatore di verità del mainstream.

    Chiuderanno le immense fabbriche di sorpresine Kinder e orpelli trascurabili che devastano gli oceani senza essere utili?

    No.

    Obbligheranno i grandi dell’industria mondiale a investire in sistemi di recupero ambientale per rimediare ai danni che hanno fatto?

    No.

    Investiranno i trasporti pubblici efficienti e ecosostenibili colpendo sul fianco l’industria automobilistica? No.

    Chiuderanno i circuiti mondiali di formula uno fonte inutile di inquinamento?

    No.

    Sfioreranno gli interessi delle industrie di armamenti in nome della pace dell’ambiente oltre che di quella delle persone?

    No.

    Chiuderanno gli allevamenti-lager che oltre all’evidente barbarie nei confronti degli animali inquinano come una raffineria?

    No.

    Da consumatori di ovetti Kinder, compratori di plastica colorata dai cinesi, impiegati delle grandi industrie, resistenti al car-sharing, compratori di carne a buon prezzo nelle città mercato, avremo un lieve, discutibile diritto di sorprenderci quando, forti della nostra debolezza, verranno armati solo di stampa amica alla nostra porta, con nuove scintillanti catene, giustificate dall’emergenza clima, sulla quale a quel punto saremo perfettamente informati.

    Claudia Maria Sini

     

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