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    La depressione nella terza età, l’importanza del monitoraggio

    Guai a pensare che la depressione sia un fattore che riguarda esclusivamente le fasce più giovani della società o, comunque, gli adulti e basta.

    La depressione è in realtà un problema particolarmente serio con il quale si trovano a fare i conti soprattutto gli anziani, come spiega la professoressa Cristina Colombo, primario del Centro disturbi dell’umore del San Raffaele: “L’anziano depresso lamenta spesso sintomi fisici e difficoltà cognitive: minimizza la tristezza che prova pensando che sia ‘normale’ dopo una certa età oppure per vergogna di sperimentare questo sentimento magari dopo una vita di gratificazioni”.

    Insonnia, stanchezza, dolori, problemi di attenzione e memoria, ansia, tendenza all’isolamento: sono i campanelli d’allarme principali che palesano il rischio depressivo negli anziani; per quanto riguarda invece le possibili cause scatenanti ci sono eventi stressanti e malattie croniche, così come i cambiamenti che si vivono tipicamente dai 65 anni di età in poi, tra cui pensionamento, preoccupazioni economiche, lutti in famiglia, perdita di autonomia, problemi di memoria.

    “Il primo strumento diagnostico è la storia clinica, familiare e generale del paziente, che si raccoglie durante il colloquio della prima visita psichiatrica.

    A seguito della visita per perfezionare la diagnosi, potrebbe essere prescritta dallo specialista una risonanza magnetica o una Tac/TC dell’encefalo.

    Questi esami diagnostici approfondiranno le variazioni fisiologiche dell’età oppure i segni di atrofia o micro-vasculopatia, frequenti nella depressione a esordio senile.

    I test neuropsicologici indagano le funzioni cognitive attuali e si possono ripetere nel tempo come monitoraggio” spiega ancora la dottoressa Colombo.

    La professoressa, poi, sottolinea un punto particolarmente importante: “È fondamentale la comunicazione tra medico e paziente nell’accettazione della diagnosi e nell’aderenza alla terapia sia da parte dei pazienti, sia dei loro famigliari e caregiver.

    Gli anziani spesso pensano di essere troppo vecchi per curarsi, di essere ‘deboli’: questo rischia di far cronicizzare i sintomi, con ripercussioni negative sulla salute e sull’autonomia.


    Per questo motivo durante la visita psichiatrica dobbiamo trasmettere diagnosi, cura e prognosi con giusto ottimismo”.

    (NoveColonneATG)

     

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