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    Sono un cameriere

    Vado al tavolo per prendere l’ordinazione, non sappiamo ancora, non siamo pronti – mi dicono.

    Questa è la solita risposta.

    Vado a fare altro e lascio loro abbastanza tempo per pensarci.

    Torno e nessuno sta zitto, parlano tutti allo stesso tempo, non sanno ancora cosa vogliono, tutti chiedono qualcosa: si può la pasta senza pomodoro? Si può la pizza senza origano? Si può il pesce senza aglio? Si può doppia mozzarella nella caprese?

    Guardo la situazione e cerco di moderare la situazione. 

    Dopo un’eternità riesco finalmente a prendere gli ordini.

    Arrivo al tavolo chiamando i piatti e nessuno ti aiuta a posarli, nemmeno a spostare le posate che ti impediscono di lasciare il piatto sul tavolo.

    Non sanno nemmeno cosa hanno ordinato.


    NON HO ORDINATO QUESTO!!!! e chi l’ha ordinato? Io? Mi sembrava diverso il mio…

    Improvvisamente dicono: Ahhh sì, sì, è per me!

    Ora arrivano quei momenti in cui si devono fare lunghi viaggi su è giù dalla terrazza alla cucina.

    Un po’ di sale… Maionese… un po’ di pane… scalda questo per me… ancora patatine fritte… c’è olio di oliva? Mi porti un’altra salvietta?

    Il momento che odio di più è quello del caffè… Uno ristretto… un altro lungo, caffè decaffeinato con una bustina di zucchero di canna, uno lungo con aggiunta d’acqua, un altro “condito” con Baileys e saccarina.

    “VOGLIAMO PAGARE SEPARATAMENTE* (qui siamo al delirio).

    Dividono il conto tra di loro, io li faccio pagare, faccio il conto e i conti non tornano.

    Perché uno di loro non paga e poi fa un Bizum?

    Tutta questa storia è solo una tavola di tutto il ristorante, immaginatevene 20…

    Tutti dovrebbero lavorare come camerieri una volta nella vita, almeno 3 mesi, in modo da sapere quanto è duro questo lavoro e avere un po’ di empatia per i camerieri.

    Una storia vera!

     

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