Identikit di una città cosmopolita e imprevedibile che ha preso la storia in contropiede… ancora una volta.
In epoca augustea, i romani si legarono al dito le tre battaglie necessarie per prendere Trieste battezzandola “Ter gestum bellum“, “alla terza battaglia”.
Nel corso dei secoli, Trieste sempre svicolò dal flusso inerziale della storia per scriversi un destino a modo suo.
Nel 1100 era un libero Comune agguerrito e all’avanguardia, in costante competizione con la vicina Repubblica di Venezia.
Siccome la storia cambia mosse come nelle partite di scacchi ma i pezzi sono sempre quelli, il Popolo sovrano dei liberi comuni vide – ma guarda un po’– le famiglie dei ricchi banchieri a braccetto con le alte sfere del potere ecclesiastico operare come segue:
- 1. Soffocarono di fatto le istituzioni democratiche di ogni senso ben prima di sopprimerle
- 2. Imposero governi “tecnici” di Signori che entrarono a gamba tesa per arginare il caos da loro stessi creato
- 3. Cronicizzarono l’emergenza rendendo ereditario il potere delle Signorie che divennero Principati
I principati sono il germe dello Stato assoluto del 1600.
E’ il modo in cui definiamo monarchie senza visione, basate sullo sfruttamento della popolazione a vantaggio della classe dominante e della sua fedele burocrazia.
Ricorda qualcosa?
Quando oggi diciamo “l’Europa lo chiede” per dire “non c’è niente da fare“, rivediamo lo stesso modello irrazionale di potere contemporaneamente rigido e infondato che, oggi come allora, sta generando reazioni politicamente e culturalmente vivaci.
Dio volendo, questo nuovo 1600 aprirà la porta a un nuovo 1700, secolo glorioso di grandi pensatori e grandi cambiamenti.
Tornando a Trieste, con la terza guerra di indipendenza e la nascita del primo nucleo di Italia unita, l’armonia cosmopolita fra imperatore austriaco e Trieste finisce.
Trieste era il gioiellino dell’impero: un porto internazionale sede di assicurazioni e fabbriche che funzionava in modo snello, con la testa avanti sui tempi.
Al confronto l’Italia sonnecchiava sotto monarchi miopi e senza amore ma la spinta della cultura comune era più forte di tutto.
Allora come ora, il porto di Trieste e i suoi scaricatori svolsero un ruolo fondamentale nei disordini quando iniziarono le espulsioni degli italiani a favore degli slavi per indebolire una comunità libera e ribelle a favore di una più obbediente e quieta.
Trieste finalmente italiana, dopo la prima guerra mondiale, decade a porto di provincia ma si confronta con il “tribunale speciale per gli interessi dello stato” del governo fascista e rifiuta il ruolo di nuovo porto di prima grandezza dell’impero coloniale lanciato alla conquista dei Balcani.
Scaccia i fascisti e subisce il Colonnello Tito per 40 lunghi giorni di occupazione, nel silenzio delle forze alleate, si libera da sola.
Subisce la divisione in zone di influenza, conosce il modello Berlino est/ovest con tanto di frontiere nel mezzo della città fino a trovare, dopo lunghe vicissitudini, l’ultimo e odierno equilibrio che la vede capitale di distretto fedele alla radice cosmopolita, autonoma, e alla necessità di una ricetta originale per gestire un territorio di frontiera fertile e libero per antica tradizione.
Possiamo dunque stupirci che siano stati loro a dare il via all’effetto domino che ha acceso focolai in tutto il mondo da Melbourne a Berlino agli Stati Uniti a Parigi?
Almeno due circostanze in questa “Grande Bruttezza” –(Sorrentino ci perdoni )- saltano agli occhi:
Dopo aver esportato per secoli parole come “chiaroscuro”, “allegretto andante”, “affresco”, “commedia dell’arte”, ci stavamo abituando a esportare parole come “mafia”, “pizza”, “tangenti”, “austerità”…. a mal tollerare, ma un poco meritare, la sufficienza di popoli che ci hanno ammirato per secoli.
Non ha prezzo dunque, vedere gli avvocati tedeschi cantare “affocati como noi no molla mai”, non ha prezzo vedere i giornalisti parigini con la mano sul cuore dire “mercìbbokú rragaszi italiéns “…
Dopo una pausa di 500 anni, il rinascimento lo battezziamo noi.
Di nuovo, le persone comuni a migliaia camminano abbracciate sotto la bandiera.
A parte gli stadi e le finali di campionato, da quanto tempo non succedeva?
Diciamo… da mai?
Dunque come diceva De Andrè a volte dalla merda nascono i Fiori.
Sono segnali che quella differenza incolmabile fra lo spirito libero e la fantasia degli italiani di valore e la miseria della classe dirigente e dei suoi lacchè inizia a essere chiara anche oltre i confini del nostro paese-non paese.
Io penso che sarebbe mancanza di onestà intellettuale non dire per questo, comunque vada a finire, un grazie di cuore a Trieste.
Possiamo essere caput mundi senza andare sulla luna, senza accerchiare e inglobare l’economia mondiale, senza combattere “guerre giuste”, senza drogare i mercati finanziari per generare disastri e navigarli a vista.
Possiamo essere di nuovo i migliori, se messi spalle al muro dalla storia, ci troviamo obbligati a ricordarci chi siamo.
Claudia Maria Sini