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    La frontiera etica della “pandemia”

    Ho fatto della medicina non solo il mio mestiere ma probabilmente il mio unico amore oltre alla mia famiglia e ne ho sempre amato lo spirito corporativo, a volte di setta, ma i medici hanno sempre avuto una identità forte e orgogliosamente distinta da tutto ciò che non è medicina.

    Fin dal medioevo gli ordini professionali nascevano dal cuore stesso delle “arti e i mestieri“ e ne difendevano l’indipendenza, l’integrità, la qualità, lo scopo.

    Con preocupante tempismo sull’avvento della pandemia l’ordine dei medici è diventato parte integrante della macchina dello stato, ovvero, ha apparentemente aumentato il suo peso politico trasformandosi in uno dei tanti strumenti che il potere può usare per fare del bene o del male alle persone.

    Quando io sento che per un medico andare a casa di un paziente malato di COVID, e compiere la missione che ha scelto, è una infrazione a danno dello spirito del governo e verrà sanzionato… resto a bocca aperta.

    Il giuramento di Ippocrate è il solo governo cui un medico deve fedeltà e lo stato non può incorrere in infrazioni né piccole né grandi dello spirito della medicina.

    Ho visto, durante la pandemia, una catena di operazioni che non desidero valutare dal punto di vista politico ma ho competenza e autorità professionale per valutarle dal punto di vista della medicina.

    La vigile attesa accompagnata da un farmaco inutile, dannoso nel caso della tachipirina, serve solo a far aggravare un paziente curabile senza particolari difficoltà nei primi 3, 4 giorni dall’insorgenza dei sintomi.

    Non esiste giustificazione alcuna per attendere che una persona si aggravi prima di curarla.


    Ho applicato con successo la terapia domiciliare precoce con oltre 200 pazienti a Tenerife.

    Impedire al medico di visitare un paziente può uscire dal campo della follia solo per entrare in altri peggiori, è omissione di soccorso nella più generosa delle valutazioni.

    Impedire con metodi coercitivi e persino violenti l’utilizzo di farmaci alternativi ai protocolli di stato, anche laddove l’evidenza dimostra che funzionano,  non aiuta a pensare che la guarigione comunque ottenuta, sia l’obiettivo.

    Le autopsie non sono mai state vietate in passato, sono il modo in cui si tocca con mano cosa avviene in un corpo e perché, quando un team di coraggiosi ha disobbedito, finalmente si è fatto in pochi mesi il passo avanti decisivo.

    I tamponi diagnostici reagiscono dando “positivo” a molte diverse alterazioni che non sono Sars virus  -è ormai un dato conclamato- , sono di fatto uno strumento che falsa, senza che sia possibile verificare quanto e quando, i dati statistici della diffusione del virus.

    Si è abbassata l’asticella che permette di prendere misure straordinarie definendo pandemia un fenomeno che fino a due anni prima non sarebbe stato considerato tale in termini statistici.

    Il vaccino, che sulla base dei parametri consolidati è un siero sperimentale, induce una resistenza al virus inferiore a quella riscontrata a chi guarisce dalla malattia spontaneamente, ma diventa conditio sine qua non per vivere, viaggiare, lavorare, anche per chi raggiunge l’immunità naturale.

    Inoltre il vaccino ha un senso solo quando non esiste una cura e il rapporto beneficio rischio è a favore del beneficio.

    Un dato oggettivo e non discutibile è che esiste una cura e il fattore di rischio è elevatissimo.

    Giro e rigiro questi dati scorrelati e, se li correlo, vedo un virus costruito a tavolino per spaventare molto e uccidere molto meno di quanto si è strombazzato ai 4 venti, vedo politiche tese a lasciarlo fare, a creare panico, a rallentare il lavoro della medicina, contravvenendo a tutti i fondamenti del mio mestiere.

    Vedo una vicenda che doveva restare in mano ai medici, sovvenzionati e messi in grado di battersi con ogni strumento possibile in tutta libertà e umanità, diventare la reginetta del ballo delle trasmissioni per nani e ballerine, prigioniera dell’audience, addomesticata al linguaggio di cantanti analfabeti e show girl promosse giornaliste, modeste e inadatte agli argomenti che trattano.

    Quello che dico a me stesso è che un così grande dispiegamento di forze per fare dell’antimedicina una questione di stato ha un’origine unica e un unico senso, e non può essere niente di buono.

    Dott. Alessandro Longobardi

     

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