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    L’oceano, la chitarra e i vulcani

    Foto di Gianni Mainella
    23 settembre 2021: l’eruzione della Cumbre Vieja di La Palma vista dal Roque de los Muchachos.
    l libro, curato dal critico Danilo Manera, a cui è ispirato il titolo di questo articolo. La narrativa canaria, classica e contemporanea, è piena di riferimenti diretti e indiretti al rapporto tra le isole e i suoi vulcani

    Le Canarie sono ormai viste (e ambite) in tutta Europa come meta per una vita spensierata di “sol y playa”. Ma quando a metà degli anni 90 venne pubblicato in Italia una raccolta di narrativa canaria classica e contemporanea, Danilo Manera, il critico letterario che ne curò l’edizione, scelse come titolo: “L’oceano, la chitarra e i vulcani“. E ci aveva preso in pieno, perché il sole e le spiagge non fanno parte, storicamente e culturalmente, dell’idiosincrasia dei Canari. Invece l’oceano, come via di comunicazione, la musica, come segno di appartenenza, e i vulcani sì.

    I vulcani, appunto.

    Escludendo l’eruzione del vulcano sottomarino al largo dell’isola de El Hierro avvenuta nel 2011, chi ha conosciuto le Canarie negli ultimi decenni può aver avuto l’impressione che il vulcanismo facesse ormai parte del passato remoto geologico delle isole. Eppure già nella lingua si incontrano segnali di come il rapporto tra i Canari e la lava sia sempre attuale. Le isole abbondano di terreni vulcanici improduttivi ricoperti di lava, ma esistono due differenti termini locali per definirli a seconda che si tratti di colate antiche, con ormai la presenza di una qualche vegetazione, o di colate recenti, avvenute in epoca storica. “Malpaís” e “volcán” rispettivamente. Nel Valle di Güímar, a Tenerife, convivono, e quasi si toccano, il “Malpaís de Güímar”, un paesaggio costiero vulcanico creatosi circa 5000 anni fa, e il “volcán”, la colata lavica che nel 1706 discese dalla montagna fin quasi alla costa. Su quella colata, nel comune di Arafo, sorse a partire dalla fine dell’800 il quartiere popolare de El Carmen, i cui abitanti fino a pochi anni fa erano chiamati “la gente del volcán”. Il vulcanismo è quindi sia il passato che il presente dell’arcipelago canario.

    Dal Taburiente alla Cumbre Vieja

    Quasi due km quadrati coperti da un manto di lava alto dai quattro ai quindici metri. Oltre 300 edifici distrutti e quasi 6.000 persone evacuate. È il bilancio provvisorio ad una settimana dall’inizio dell’eruzione vulcanica che sta interessando il versante occidentale della Cumbre Vieja, la catena montuosa che occupa la parte meridionale dell’isola di La Palma. L’area interessata è quella di 3 dei 14 comuni in cui è divisa ‘isola (El Paso, Los Llanos e Tazacorte) ma vi risiede quasi il 40% dei suoi circa 85.000 abitanti.

    Le Canarie sono isole vulcaniche. Sono la punta che emerge oltre il livello del mare di “colonne” create dalla fuoriuscita di materiale vulcanico dal fondo dell’oceano durante l’evoluzione della crosta terrestre, e la Cumbre Vieja è una delle zone con maggior vulcanismo attivo di tutto l’arcipelago. I registri storici della attività vulcanica esistono solo da quando le isole furono conquistate e colonizzate dagli spagnoli, cioè dal XV secolo. In questi 5-600 anni sono avvenute 17 eruzioni, compresa quella attuale, 8 delle quali nella sola isola di La Palma e tutte e 8 sempre in punti della Cumbre Vieja.

    Il vulcanismo delle canarie è stato sia “costruttivo” che “distruttivo”. Basta farsi un giro dell’arcipelago in 3D con Google Earth per vedere che a molte isole “mancano dei pezzi” … L’attività vulcanica ha infatti spesso creato edifici vulcanici con un accumulo di materiale talmente grande che per instabilità gravitazionale o per pressione litostatica si produce il collasso e il crollo della struttura. Enormi “vuoti” come per esempio le valli di Güímar e La Orotava a Tenerife, El Golfo a El Hierro o la valle di Aridane a La Palma sono interpretabili come i resti visibili dello scivolamento nell’oceano di enormi masse di roccia, ipotesi avallate da indagini sonar del fondo oceanico che mostrano il materiale depositato. Si stima che l’isola de El Hierro abbia perso in questo modo, tra 23.500 e 82.500 anni fa, circa il 40% del suo volume emerso.

    Nel caso di La Palma, la morfologia attuale dell’isola ha preso forma da nord verso sud proprio attraverso un processo di costruzione di edifici vulcanici instabili e il loro successivo crollo.


    Le emissioni sottomarine che hanno dato origine all’isola di La Palma iniziarono circa 4 milioni di anni fa, costruendo una struttura che tra 1.77 e 1.2 milioni di anni fa iniziò ad emettere materiale al di sopra del livello dell’oceano. Era l’antico vulcano Taburiente che corrisponde all’attuale parte settentrionale dell’isola. Un classico vulcano a cono che si crede possa aver raggiunto i 4000 metri di altezza e che fu successivamente affiancato a sud da una nuova grande bocca vulcanica di cui resta oggi solo la parete orientale, conosciuta come Cumbre Nueva. Tutta questa struttura crollò infatti nel lato sudocidentale dando luogo a quelle che ora sono la Caldera de Taburiente e, più a sud, la Valle di Aridane, il grande piano inclinato dove oggi sorgono El Paso, Los Llanos e Tazacorte. Nello spazio lasciato libero dal crollo sorse un nuovo piccolo vulcano di cui oggi resta solo la parete meridionale, conosciuta come Edificio Bejenado, che rimase attivo fino a circa 400.000 anni fa. Senza più eruzioni da allora, la parte settentrionale dell’isola può considerarsi inattiva.

    L’attività vulcanica si spostò quindi a sud, creando un nuovo edificio vulcanico. Questa volta però non una struttura conica ma una cordigliera che si sviluppa in direzione nord-sud, con una cresta costellata di crateri che continua fin sotto il livello attuale dell’oceano. È questa parte dell’isola che i conquistatori spagnoli chiamarono Cumbre Vieja.

    In alto, profilo dell’isola di La Palma visto dal Tenerife. In basso e a destra, struttura geologica e vulcanica dell’ isola.

    Gli aggettivi “vecchia” e “nuova” riferiti ai due rilievi non sono (e non potrebbero essere) riferiti all’età geologica. La Cumbre Vieja è infatti la parte geologicamente più giovane di tutta l’isola. Questi nomi furono dati dai conquistatori spagnoli in un epoca in cui non era ancora noto che la Terra avesse subito una evoluzione geologica. “Vieja” si riferiva alle peggiori condizioni di abitabilità e sfruttabilità rispetto alla Cumbre “Nueva”. La Cumbre Vieja era infatti un territorio vulcanicamente attivo, povero di vegetazione e di altre risorse, ad iniziare da quelle idriche. La Cumbre Nueva era invece un territorio vulcanicamente inattivo da ormai centinaia di migliaia di anni, fertile e con una natura rigogliosa.

    La storia si ripete?

    Con questa eruzione nel fianco occidentale della Cumbre Vieja sono tornate in auge notizie catastrofiste su un possibile crollo nell’oceano di una intera parte dell’isola di La Palma, cosa che causerebbe un terribile mega-tsunami con effetti distruttivi fin sulle coste del continente americano. E come al solito, purtroppo, il pubblico si divide inevitabilmente su posizioni “catastrofiste” o “negazioniste”. Il modo scientificamente corretto di porsi dovrebbe invece essere quello di capire da dove nasce la notizia e, nel caso si tratti di uno studio scientifico, quale sia il suo reale contenuto.

    Tutto nasce esattamente venti anni fa dalla pubblicazione di uno studio di geofisica (Ward S. N., Day S., 2001) da parte di Steven Ward della Università della California – Santa Cruz, e Simon Day dello University College di Londra, e da un successivo documentario della BBC basato sul loro lavoro. L’idea di Ward e Day era che ció che è accaduto in ere geologiche passate può accadere nuovamente, e il loro lavoro può essere schematizzato in due punti. Il primo: la possibilità del crollo in mare di una parte del fianco destro della Cumbre Vieja. Il secondo: la modellizzazione dell’eventuale crollo e delle sue conseguenze.

    Uno dei principali elementi che fu preso in considerazione dai due scienziati è una frattura superficiale lunga circa 2.5 km, larga 1 metro e profonda circa 2, formatasi sulla Cumbre Vieja a causa di un terremoto avvenuto durante l’eruzione del 1949. Si tratterebbe di un indizio (se non di una prova) del fatto che in quella occasione un enorme blocco di roccia, con un volume tra i 150 e i 500 milioni di metri cubici, si sarebbe spostato verso il basso di circa 4 metri, e ciò potrebbe essere la premessa ad un futuro catastrofico crollo di una parte del fianco occidentale dell’isola.

    Dal momento che non si ha conoscenza di come eventi di questo tipo possano essersi svolti in passato, veniva proposto un “modello” di come ciò potrebbe accadere. Nello specifico, la caduta in mare ad una velocità di 100 m/s di un tale enorme blocco di roccia causerebbe un mega-tsunami che arriverebbe con conseguenze disastrose fino alle coste americane.

    Non veniva approfondito il problema della stima della probabilità reale di un tale catastrofico evento, e non a caso il titolo dell’articolo era “Potential collapse …”. Questo aspetto è invece stato affrontato successivamente da altri scienziati, ed in particolare due studi pubblicati rispettivamente nel 2006 e nel 2015 stimano questa probabilità come di molto inferiore a 1 ogni 100.000 anni. Un valore estremamente basso che, insieme alla evidenze geofisiche della attuale stabilità della struttura dell’isola, permette di definire come estremamente improbabile un evento di questo tipo in un futuro prossimo.

    Ipotesi ed evidenze

    In questi 20 anni trascorsi dalla pubblicazione dell’articolo di Ward e Day sono però state messe in discussione anche molte delle stesse premesse della loro ipotesi.

    Non sono mai emersi elementi che mostrino evidenze che la frattura apertasi nel 1949 non sia puramente superficiale e che si estenda oltre i 2.5 km. Il modello di Ward e Day infatti ha come premessa necessaria l’esistenza di una frattura che penetra in profondità nell’edificio vulcanico e con una estensione di almeno 25 km. Non vi sono inoltre i riscontri che ci si aspetterebbe nel caso di un reale abbassamento di 4 metri del fianco occidentale della Cumbre Vieja.

    Vista, da sud verso nord, dello spartiacque della Cumbre Vieja costellato di vecchi crateri vulcanici

    Inoltre, anche il modello matematico in base al quale l’eventuale crollo darebbe origine ad un mega-tsunami capace di provocare danni a migliaia di chilometri di distanza non è coerente con le evidenze storiche. Conosciamo infatti 3 eventi storicamente documentati, con caratteristiche simili al crollo ipotizzato da Ward e Day per La Palma. E tutti questi eventi hanno avuto conseguenze

    catastrofiche su scala locale ma non globale.

    L’eruzione dell’isola di Santorini nel Mediterraneo, avvenuta a metà del secondo millennio a.C., è una delle maggiori catastrofi vulcaniche storicamente documentate. L’isola che conosciamo oggi é praticamente la metà dell’isola originaria. Si stima che tale evento catastrofico provocò uno tsunami con onde alte fino a 150 metri. il cui impatto disastroso non andò pero oltre l’isola di Creta, distante poco più di un centinaio di chilometri.

    La violentissima eruzione del vulcano Krakatoa avvenuta il 27 agosto del 1883 nell’attuale Indonesia ridusse totalmente in cenere l’isola su cui sorgeva il vulcano. Provocò un boato che arrivò a migliaia di chilometri di distanza fino in Australia, e uno tsunami con onde di 40 metri alla velocità di 300 km/h. Eppure anche in quel caso le conseguenze, seppur terribili, furono locali e non globali.

    Infine il 9 luglio 1958 a causa di uno spaventoso terremoto di magnitudine 8.3 si verificò un evento che potrebbe essere paragonato a quello ipotizzato da Ward e Day per il fianco occidentale della Cumbre Vieja di La Palma. 30 milioni di metri cubici di roccia franarono nel mare in prossimità della Baia di Lituya, in Alaska, producendo un’onda alta oltre 500 metri con una velocità di 200 km/h. Un mega-tsunami da film in piena regola. Ma, di nuovo, le conseguenze non andarono oltre le coste dell’Alaska.

    Cronologia delle eruzioni in tempi storici nelle Isole Canarie.

    Resta quindi da prestare comunque attenzione all’evolversi di quella che è ormai la diciassettesima eruzione vulcanica nelle Isole Canarie i tempi storici, l’ottava nella Cumbre Vieja di La Palma.

    Gianni Mainella

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