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    Quei poveri ragazzi che giocano a calcio!

    Tutto il mondo è paese ogni domenica in un campo di calcio.

    Foto di repertorio

    Se credete che gli italiani che vivono nell’isola non seguano il calcio locale probabilmente state sottovalutando un aspetto del tessuto sociale tinerfeño: l’integrazione nel calcio è completa.

    I residenti, locali e no, li vediamo appassionarsi al Tenerife e pontificare su schemi, cambi, tattiche e opportunità di gioco. Non cambia niente esattamente nel calcio dalla liga Santander  come per  quello base o delle prime categorie del calcio a 11 ( per intenderci le categorie infantile, cadetti, giovanile, l’arco temporale dai 12 ai 18 anni di età). 

    Così anche questo fine settimana ci sono state partite seguitissime. Il caso è stato utile per capire quanto il luogo comune sul calcio base sia diffuso ovunque: i ragazzi sono aggressivi perché i genitori sugli spalti urlano.

    Ebbene, prendiamo ad esempio una partita di questo fine settimana nel nord dell’isola, categoria infantile, una partita seguita e attesissima: a giocare, in casa, una squadra con fama di essere fallosa, contro la quale quasi nessuno dopo il girone di andata vuole giocare, e un’altra, l’ospite, regolare.

    Partita sospesa con tre giocatori ammoniti due espulsi e tre in urgenza con ferite di tacchetti a testa e torace.

    Immaginiamoci come sia accaduto. Immaginiamolo pure perché non ci allontaneremo dalla verità. La scena simbolo è quella di un dodicenne che a malapena reggendosi in piedi abbandona il campo tra le grida “poco ti hanno fatto” dei “supporters” avversari.

    Non contenti in preda a eccitazione inspiegabile, arrivano gli applausi a chi lascia a terra azzoppato un avversario.


    Per concludere, espulso l’allenatore che implorava giustizia dall’arbitro. Ma tutta questa aggressività che vediamo nei campi è davvero colpa dei genitori? Questo viscerale incontrollato amore/odio per una squadra, quando probabilmente il figlio abbandonerà il club l’anno prossimo, può essere l’origine della società aggressiva?

    A determinare l’aggressività nel campo sono i genitori dagli spalti o è qualcosa che avviene nel campo e si trasferisce poi per riflesso ai supporters?

    Intendiamoci, in campo ci sono minorenni e tre adulti: l’arbitro e almeno due allenatori, uno per parte.

    I genitori rispondono a decisioni che qualcuno dei tre prende e siccome in campo giocano i 22 minorenni le loro reazioni a ingiustizie e impulsi dipendono dalle decisioni dei tre adulti in campo. Probabilmente i genitori non sono gli attori protagonisti dell’astio che trasmette qualcuno dal campo.

    Quanto occorso nella partita è emblematico. La partita ha inizio come si diceva tra due club abbastanza famosi per cui era abbastanza notorio il fatto che l’allenatore della squadra di casa non poteva accompagnare i giocatori, in quanto già sanzionato, espulso dal campo per aver precedentemente aggredito un giocatore.

    Ebbene, questo allenatore si presenta non solo nel campo ma sta anche in panchina, non solo si muove per il bordo campo durante l’incontro ma incita i propri anche con rabbia fino a che i genitori, dagli spalti, protestano e le voci si fanno alte tanto che l’arbitro interviene allontanandolo.

    E se la colpa per la società che vede i ragazzi sempre più aggressivi, soddisfatti nel vincere solo se si abbatte l’avversario deriva dall’esempio a loro più diretto? Ossia quello che dicono gli allenatori o quello che fanno inadeguati arbitri? A fine partita chiacchiero con l’arbitro alla sua prima esperienza, diciottenne, simpatico, che interpreta il suo ruolo ligio al regolamento. Salvo cedere, però, alla pressione del più forte perché, quando gli chiedo se riconosce nel ruolo dell’allenatore la necessità di essere esemplare, si dedica solo a commentare in negativo il disagio dell’allenatore che protesta vedendo i propri giocatori a terra sofferenti. Difatti sul referto non compare nulla di quanto accaduto circa gli atteggiamenti violenti con ferite e entrate da cartellino rosso. Per il giovane arbitro è un pessimo esempio la protesta dell’allenatore.  Ignorando completamente il danno dato dall’altro allenatore a cui ha permesso di stare in campo nonostante l’espulsione. L’arbitro insiste sul fatto che genitori e allenatori rovinano l’agonismo dei ragazzi. Del tutto ignaro di come il suo comportamento influisce su cosa viene percepito come ingiustizia e, mentre l’arrabbiatura per un fischio di troppo o un fischio non dato passa, la sensazione di una ingiustizia rimane segna e marca l’esperienza.

    È evidente che se molti disagi si producono per l’inadeguatezza di allenatori che non sanno spiegare le regole del gioco e/o indicare il comportamento adeguato tra educazione e agonismo, è evidente ancora di più che la designazione degli arbitri deve essere più oculata. Ma l’arbitro non pare sensibile a questo ragionamento, per lui la corruzione agonistica è imputabile ai genitori.  Segno evidente che nella formazione arbitrale qualcosa non va. Il comitato tecnico degli arbitri dovrebbe seguire di più la formazione degli stessi e controllare il loro lavoro in campo. Ne va dell’educazione dei ragazzi. Le federazioni dovrebbero invece sanzionare con penalizzazione comportamenti violenti degli allenatori che passano sopra le regole e sfidano il sistema con un esempio di aggressività protetta e avvallata da chi quelle regole dovrebbe invece farle rispettare.

    Certo è che espellere dal campo un capitano perché mormora un “sempre a me toccano gli arbitri scemi” magari un arbitro con più esperienza avrebbe reagito in altra maniera. Si fa presto a rovinare l’ambiente sportivo e non è il genitore dagli spalti la cui voce a volte neanche arriva in campo a frustrare un giocatore.

    Ragiono con l’arbitro sulle sensazioni delle partite ma tutto si riduce al resistere agli insulti. Succube anche lui del luogo comune per cui entra in campo pensando solo a reagire agli insulti poco importa il resto che passa, poco importano le regole. Ecco forse questo atteggiamento è quello che conduce una società all’aggressività. Forse è per atteggiamenti superficiali del genere che si pregiudica un club sportivo, uno sport, si stigmatizzano un club, una squadra e quei poveri ragazzi che vogliono solo giocare a calcio.

    Le domeniche iniziano con le domande i parastinchi ce li hai? La divisa? e dipendendo contro chi si gioca circolano battute come “dammi il rinforzo perché giochiamo contro quelli lì” e quelli lì entrano in campo come se fossero gli ALL BLACK gridando però “te revento las piernas” “ti faccio saltare le gambe” perché così gli ha appena suggerito il loro allenatore. Il tutto davanti ad arbitri ingenui che non sospettano nulla, concentrati forse nel prendere il gettone presenza e resistere in campo fino al 90’, completamente ignari del loro ruolo fondamentale per la sana crescita agonistica dei ragazzi.

    Ma si sa i lunedì mattina siamo tutti esperti di calcio!

    Giovanna Lenti

     

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