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    Così erano le donne aborigene prima della Conquista

    Karina Osswald, ricercatrice forense della Università di Dundee in Scozia, grazie a particolari tecniche 3D ha rivelato come erano le donne aborigene delle Isole Canarie prima della Conquista.

    Utilizzando il cranio della mummia di una donna conservato nel Regno Unito, in un centro accademico di Edimburgo, di età compresa tra i 25 e i 30 anni, ha realizzato uno studio i cui primi dati saranno esposti durante una collettiva in Inghilterra.

    La Osswald ritiene infatti che solo con la ricostruzione digitale sia possibile ottenere un’idea più chiara delle differenze individuali di ogni gruppo di abitanti delle Isole, con particolare riguardo alle donne che, come sottolinea, rimangono ancora un mistero per i ricercatori.

    Secondo le cronache, le donne aborigene erano libere di sposare fino a 5 uomini e non viceversa, e la media era di circa 3 mariti ogni donna.

    Tutta la vera identità del popolo aborigeno canario, precisa la Osswald, è rimasta a lungo nel mistero e solo attualmente sono iniziati progetti di ricerca più accurati per svelare le intriganti caratteristiche di una civiltà scomparsa da secoli.

    La ricercatrice ha eseguito la ricostruzione craniofacciale avvalendosi delle proprie competenze in Master of Forensic Art and Facial Identification, effettuando scansioni tridimensionali del cranio conservato a Edimburgo, la cui età, benché ancora non conosciuta, potrebbe risalire a circa 600 anni fa.

    Il cranio della donna è stato ritrovato in un sito funerario non precisato delle Isole intorno al diciannovesimo secolo ed è stato poi donato al Museo Anatomico dell’Università di Edimburgo.

    A-46, questo il nome assegnato dalla ricercatrice alla donna cui è appartenuto il cranio, al momento della morte poteva avere tra i 25 e i 35 anni.


    Per la ricostruzione facciale è stata utilizzata la tecnologia Freeform di Geomagic e Adobe Photoshop CS6, al fine di ottenere quella che è stata definita la migliore stima di come potesse apparire una donna aborigena canaria, benché, sottolinea la Osswald, la letteratura recente suggerisca diversità significative tra le varie tribù presenti nell’Arcipelago.

    Lo stesso Museo Canario di Las Palmas ha lavorato per alcuni anni su metodi basati sul 3D con le mummie conservate presso il proprio istituto.

    Non rimane quindi che attendere la mostra collettiva inglese per vedere l’aborigena A-46 e i volti delle donne che hanno fatto una parte della storia dell’Arcipelago.

     

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