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    Perché alle Canarie il cuore si ferma prima che altrove

    Perché il cuore dei canari cessa di battere 4 anni prima rispetto a quello degli spagnoli?

    Il mese scorso a Santa Cruz de Tenerife si è svolto un festival per bambini ricco di giochi e attività ludiche, cui hanno preso parte 40.000 persone, un evento, come ha sottolineato l’Ayuntamiento, che è stato il più grande momento di intrattenimento rivolto alle famiglie delle isole Canarie.

    Il festival, durato un intero fine settimana, è ruotato intorno al suo main sponsor, un biscotto al cioccolato che ha dato il nome all’evento e che ha letteralmente invaso i 5.000 mq a disposizione per promuovere il prodotto.

    Il rovescio della medaglia di un festival come questo è che purtroppo, alle Canarie, esiste un radicato problema di obesità infantile e di diabete e la mortalità associata a queste patologie è molto al di sopra del resto della Spagna.

    L’Arcipelago inoltre è la comunità dove in assoluto vengono eseguite più amputazioni e dialisi in conseguenza del diabete, esattamente 7 volte in più rispetto a quelle eseguite nei Paesi Baschi.

    Diabete e obesità si riflettono inevitabilmente sull’età delle persone che muoiono per un attacco di cuore, che se in Spagna è di circa 78,4 anni, alle Canarie è di 74.

    Al di là dei dati allarmanti, pare che le autorità non sembrino particolarmente preoccupate del fatto che l’obesità abbia ormai caratteristica epidemica e che la mortalità per diabete sia sempre più frequente, afferma l’epidemiologo Antonio Cabrera, che 3 anni fa ha pubblicato uno studio che dimostra concretamente come il tasso di decessi per diabete sia più alto alle Canarie che nel resto della Spagna.

    In realtà, precisa Cabrera, nessuno muore di diabete, bensì di attacco di cuore o per problemi vascolari al cervello o per complicazioni renali.


    Cabrera, direttore di Medicina Preventiva e Sanità Pubblica presso l’Università La Laguna, ha pubblicato un nuovo studio che verte proprio sugli attacchi cardiaci, arrivando ad una preoccupante conclusione, ovvero che il cuore della popolazione canaria si ferma quasi 5 anni prima rispetto a quello della popolazione di tutta la Spagna.

    Egli, dopo aver studiato per un periodo di 8 anni 415.000 pazienti ricoverati con infarto acuto al miocardio, ha osservato che gli uomini canari che hanno questo tipo di attacco presentano un’età di 61,7 anni di media, rispetto ai 65,3 della popolazione spagnola.

    Seconda regione con età inferiore rispetto alla media nazionale per attacco di cuore è Navarra, con 64,6 anni.

    Riguardo alle donne invece l’età media di ammissione ospedaliera con infarto è di 68,4 anni, rispetto ai 73,9 della media nazionale.

    Insomma gli infarti alle Canarie arrivano molto prima che altrove e soprattutto la morte per attacco cardiaco.

    Il diabete, afferma Cabrera, spiega molti di questi attacchi cardiaci, così come ne consegue per una comunità che è affetta dalla patologia del diabete in maniera diffusa; facendo prevenzione a partire dall’età prescolare sarebbe un ottimo modo per prevenire molte di quelle morti e per garantire una vita sana e priva di complicazioni a livello di salute.

    Il fumo influisce per un 22,5% sul totale degli attacchi cardiaci, rispetto al 12% della media spagnola.

    Le morti sopraggiungono inoltre a causa dell’adozione tardiva del codice dell’infarto, un protocollo per affrontare efficacemente la situazione che però alle Canarie è stato sottoscritto solo da poco; e già questo cambiamento nel modus operandi della strategia di pronto intervento, secondo Cabrera, dovrebbe far diminuire il numero dei decessi.

    Ovviamente dietro al problema di un cuore poco resistente c’è il fenomeno dell’obesità che, negli ultimi decenni, ha letteralmente devastato l’Arcipelago, un’obesità, tiene a precisare Cabrera, legata paradossalmente all’aumento del numero delle famiglie che vivono in situazioni di povertà.

    A mangiare male sono i poveri, sottolinea, e dove va l’obesità, segue il diabete.

    Una politica economica che promuove la disuguaglianza sociale è alla base di questa situazione, dove il 30,5% dei canari è a rischio di povertà e la percentuale di famiglie che arrivano con difficoltà a fine mese è di gran lunga superiore che in Spagna.

    Nell’Arcipelago la percentuale di adulti con sindrome metabolica è di 10 punti superiore alla media spagnola da 45 anni e fino a 5 punti percentuali al di sopra in caso di diabete, la cui mortalità continua a crescere in maniera esponenziale dal 2000.

    Nelle scuole canarie, il 44,2% degli studenti è in sovrappeso o in condizione di obesità, soprattutto se si parla di studentesse.

    Povertà ma anche educazione familiare sono alla base del fenomeno, unitamente ad una politica che poco si occupa di prevenzione e di salute, e alla crescita del turismo che, sebbene possa sembrare bizzarro, tanto ha contribuito al cambiamento delle abitudini alimentari della popolazione, con l’introduzione di bibite gassate, dolciumi eccessivamente grassi e molti carboidrati.

    Se una volta la pinguedine era sinonimo di ricchezza e opulenza, ora dall’inizio del secolo il sovrappeso nel più alto gradino dello status socio economico ha cominciato a diminuire, a differenza del più basso dove invece è aumentato.

    L’obesità deve essere una priorità nella politica di stato delle Canarie, afferma Cabrera, e deve rappresentare una tematica da prendere molto sul serio; sarebbe in fase di attuazione una strategia europea per coinvolgere tutte le amministrazioni nella creazione di ambienti favorevoli a promuovere stili di vita sani, in termini di cibo e sport.

    Ma prossimamente a Las Palmas si terrà un nuovo evento per famiglie, promosso dallo stesso biscotto al cioccolato che ha spopolato a Santa Cruz…

    Biancamaria Bianchini

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