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    PAROLE, PAROLE, PAROLE Jenny Rospo canta Mina

    Jenny è una cara amica con la quale ho più volte collaborato, sempre volentieri, una cantante molto versatile in grado di spaziare disinvoltamente tra diversi generi nusicali, potendo contare su una vasta gamma di toni e colori della propria voce.
    Ma questa sera, sul palco dell’Auditorio Infanta Leonor, non c’è l’amica bensí l’artista, cosí come in sala c’è il critico che deve recensire obiettivamente il concerto tributo in cui Jenny ci prende per mano e ci accompagna in un viaggio attraverso gli ultimi 60 anni della nostra storia, proponendo un repertorio, per forza di cose ridotto, ma significativo ed evocativo, dell’indiscussa Regina della musica leggera italiana, la “Tigre di Cremona” MINA.

    Si comincia con una delle canzoni più amate dagli italiani “Il cielo in una stanza” scritta da un giovane Gino Paoli appositamente per Mina che la portò al successo nel 1960 e solo successivamente incisa anche dall’autore che, non essendo ancora iscritto alla SIAE, dovette cedere la firma del brano a Mogol e Toang (pseudonimo di Renato Angiolini) che gli venne accreditato solo in un secondo tempo.

    Jenny la presenta in una versione con solo piano e voce, accompagnata dal bravissimo pianista Roberto Rubino, riuscendo a scaldare subito l’atmosfera a dispetto della pacatezza dello scarno arrangiamento.

    Entrano in scena anche gli altri strumentisti e si parte a pieno ritmo con una frizzante versione di “Tintarella di luna” (Franco Migliacci – Bruno De Filippi) con il sax di Sam Pierce a raddoppiare le linee di basso e chitarra nel caratteristico sound degli Happy Days, tra Rock & Roll e Twist.

    Segue “Le mille bolle blu” (Vito Pallavicini – Carlo Alberto Rossi) unica partecipazione in gara di Mina al Festival di Sanremo (1961), brano apparentemente facile e spensierato nel refrain, ma con una strofa i cui intervalli non sono proprio alla portata di chiunque, resi benissimo con grande sicurezza e perfetta intonazione dalla bravissima Jenny.

    “E se domani” (Giorgio Calabrese – Carlo Alberto Rossi) brano presentato con scarso successo (si classificò penultimo) al festival di Sanremo del 1964 interpretato da Fausto Cigliano e Gene Pitney. Venne ripreso da Mina l’anno seguente dietro pressanti insistenze dell’autore ed editore Carlo Alberto Rossi. Circola un aneddoto secondo il quale, in seguito a questi incessanti inviti ad incidere il brano, Mina entró un giorno nell’ufficio vuoto di Carlo Alberto Rossi e con un tagliacarte incise le parole “e se domani” sulla scrivania di legno. Poi, per farsi perdonare, entrò nello studio di registrazione per uscirne poco dopo, lasciando sul nastro la stupenda versione che tutti conosciamo. Ovviamente buona la prima, come suo solito.

    Jenny la presenta in una versione jazz, voce e chitarra alla Joe Pass, accomapagnata dall’ottimo Giulio Vion.


    Con “Se telefonando” (Maurizio Costanzo – Ennio Morricone), brano recentemente riproposto da Nek, Jenny mette in mostra la sua notevole estensione vocale passando agevolmente dalle note basse e sommesse della strofa ai salti ripetuti sugli acuti del refrain in un crescendo entusiamente, sostenuto dal perfetto drumming di Palo Carena, che strappa un caloroso, incessante e più che meritato applauso al pubblico in visibilio.

    In “Vorrei che fosse amore” (Antonio Amurri – Bruno Canfora) rientra in scena Giulio Vion con la sua chitarra jazz per un altro duetto in cui Jenny, nel finale, si diverte ad improvvisare riprendendo e

    ripetendo ad libitum il ritornello con Giulio che non si lascia prendere alla sprovvista inventandosi pregevoli variazioni armoniche sul tema.

    È quindi la volta di “Insieme” (Mogol – Lucio Battisti) 1970, l’anno della svolta di Mina, cambio di look, cambio di stile verso un pop più moderno, cambio di partner (dopo una relazione artistica e sentimentale con Augusto Martelli, proprio durante il Festival di Sanremo, dove lui è impegnato come direttore d’orchestra, giornali e rotocalchi di gossip pubblicano la notizia del suo matrimonio lampo con Virgilio Crocco). È anche l’anno di nascita di Jenny, come rivela lei stessa annunciando il brano: “Non ho niente da nascondere, questa è la mia età”.

    L’interpretazione è intensa e il pubblico partecipa cantando in coro con lei uno dei più bei motivi regalatici dalla coppia Mogol-Battisti.

    Il brano successivo è “Grande, grande, grande” (Alberto Testa – Tony Renis) credo uno dei brani italiani più famosi al mondo con O sole mio, Nel blu dipinto di blu e Quando quando quando. Jenny ne dà un’interpretazione molto convincente e suggestiva, ben supportata dai musicisti giunti appositamente dall’Italia solo pochi giorni prima e con ben poco tempo a disposizione per le prove, ma nonostante ciò l’intesa e la resa sono pressoché perfette.

    Eccezionale il solo di sax di Sam Pierce, nonostante il boicottaggio del fonico distratto che si dimentica di alzare il volume del microfono.

    Si prosegue con un altro hit della coppia Mogol-Battisti “Amor mio” e pure in questo caso la partecipazione corale del pubblico è calorosamente coinvolgente.

    In “Parole, parole, parole” (Leo Chiosso – Giancarlo Del Re – Gianni Ferrio) entra in scena l’ospite Freddy Martin nel ruolo che fu di Alberto Lupo. Lui un po’ impacciato, forse preoccupato per il fatto di dover recitare in una lingua non sua, riuscendovi comunque in modo convincente; lei deliziosamente ironica e quindi scatenatissima nel finale dove si lascia andare in un frenetico samba, rivelando un grande talento anche come ballerina; un’autentica e completa show-girl insomma.

    “L’importante è finire” (Cristiano Malgioglio – Alberto Anelli) fu un brano che suscitò un certo scalpore alla sua pubblicazione nel 1975 per via del testo audacemente allusivo dell’allora esordiente Cristiano Malgioglio. L’interpretazione di Jenny ricalca fedelmente l’originale sensualità, giocando sapientemente sui toni sussurrati e leggermente arrochiti.

    Lo stesso non si può dire per “Ancora, ancora, ancora” (Cristiano Magioglio – Gianpietro Felisatti) cantata in coppia col soprano Carmen Acosta che, se da un lato aggiunge qualcosa in sonorità col raddoppio all’ottava superiore, dall’altro fa perdere la potente carica sensuale dell’originale, distogliendo l’attenzione dai caldi colori e dalla dinamica della voce principale.

    Con “Anche tu” (Cristiano Minellono – Beppe Cantarelli) Jenny dà un’ulteriore dimostrazione dei suoi potenti mezzi vocali facendo vibrare l’intero Auditorio che le tributa un applauso ancora più intenso dei precedenti, unitamente ad urla di apprezzamento che richiamano il titolo di una canzone scritta per Mina dal Mo Bruno Canfora: Brava!

    Poteva mancare una canzone in lingua spagnola? No di certo! Ed ecco che Jenny estrae dal cilindro “Tres palabras” (Osvaldo Farres) un classico bolero che Mina registrò nel 1981 cui segue un altro classico brano uscito dalla penna di Carlo Alberto Rossi su testo di Gian Carlo Testoni “Amore baciami” qui reso in una versione venata di jazz.

    Tratto dall’album Cremona del 1996 “Volami nel cuore” (Alberto Testa – Manrico Mologni – Gualtiero Malgoni) ne fu il singolo di punta e Jenny in questo brano supera se stessa dandone

    un’interpretazione più che impeccabile, misuratissima e precisa, raggiungendo il culmine nel perfetto doppio acuto del “non puoi andartene via” che, usando un termine calcistico, “fa venir giù lo stadio” (nel caso specifico l’Auditorio).

    Ci avviciniamo al finale, un finale col botto che inizia con la sorprendente trasformazione di Alberto Lupo in Adriano Celentano (ma quant’è versatile questo Freddy Martin?!) per il duetto “Acqua e sale” (Giovanni Donzelli – Vincenzo Leomporro) singolo di punta dell’album del 1998 Mina- Celentano. Anche in questo caso versione impeccabile, molto fedele all’originale con un pizzico d’ironia da parte degli interpreti perfettamente calati nei rispettivi ruoli.

    Un botto che prosegue con “Portati via” (Stefano Borgia), brano che Jenny fa suo mettendoci l’anima, mandando ancora una volta in visibilio il pubblico presente, riuscendo probabilmente a far fischiare le orecchie anche a quello suo malgrado assente.

    E siamo all’ultimo brano del concerto “Amoreunicoamore” (Fabrizio Berlincioni – Silvio Amato), dall’album “Caramella” del 2010, più che una caramella è la classica ciliegina sulla torta di una serata pressoché perfetta, ricca di emozioni per i bei ricordi indissolubilmente legati ad ogni canzone che Jenny ci ha fatto rivivere.

    Ma i presenti non sono ancora stanchi e chiedono il bis che viene concesso con una versione estesa de “L’importante è finire” sulla coda del quale viene dato spazio ai singoli musicisti per un meritato ed applaudito assolo.

    Resta lo spazio per i saluti, i ringraziamenti, le foto di gruppo ed i selfie cui Jenny si concede generosamente nonostante l’ora tarda e la stanchezza.
    Una serata ben riuscita, da ricordare con piacere, da raccontare a chi non ha potuto esserci affinché possa rimediare alla prossima occasione che ci auguriamo avvenga quanto prima.

    Musicisti:
    Roberto Rubino: tastiere
    Fabrizio Previdi : chitarre Daniele Zingrillo: basso Paolo Carena: batteria Sam Pierce: sax e flauto

    Ospiti:
    Giulio Vion: chitarra
    Carmen Acosta: soprano
    Freddy Martin: Alberto Lupo / Adriano Celentano

    Auditorio Infanta Leonor – Los Cristianos, 23 Marzo 2018

    di Claudio Ramponi.

     

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