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    Guachinche, una tradizione in pericolo

    La tradizione dei guachinches, quei luoghi a conduzione familiare dove godere del buon vino genuino e alcuni piatti tipici canari, è ancora elemento di forte attrazione per i turisti provenienti da molte parti d’Europa.

    La maggior parte di questo autentico patrimonio etnico gastronomico si trova a nord di Tenerife, in zone come La Orotava, Santa Úrsula, La Victoria, La Matanza, in località spesso poco conosciute e poco battute dal turismo e talvolta in locali ricavati da vecchie cantine, garage o porzioni di case, con un arredo approssimativo ma molto caratteristico.

    La tradizione del guachinche nasce dall’usanza dei vinai di aprire provvisoriamente una stanza al pubblico per far assaggiare e vendere il vino prodotto, accompagnato da piatti usciti direttamente dalla cucina di casa.

    Il periodo migliore in cui questa antica tradizione cominciava era la fine di novembre, nel giorno di San Andrés, quando i vini erano pronti, e proseguiva nei mesi di marzo e aprile.

    Ma oggi, di quella piacevole e folcloristica usanza, è rimasto poco o niente.

    L’avvento del boom turistico ha spinto molti ristoranti, bar e trattorie a utilizzare impropriamente il nome guachinche sulle proprie insegne per attirare più clienti, usurpando quindi il vero spirito delle originali bettole improvvisate e decretandone piano piano la scomparsa.

    Dopo una lunga battaglia tra il Gobierno de Canarias, il Cabildo di Tenerife, i viticoltori e i ristoratori, si approvò nel 2013 un decreto che permise di regolarizzare i guachinches di Tenerife, sottoponendoli quindi a controlli e leggi tanto quanto i normali locali pubblici.

    Questo comportò un’azione per lo più congiunta da parte dei ristoranti e delle caffetterie del nord dell’isola nei confronti dei guachinches non regolarizzati, con specifiche segnalazioni alle amministrazioni locali e relative sospensioni di attività nel caso d’inadempienza al pagamento delle tasse imposte dalla legge.


    Questa lunga battaglia cominciò prima della crisi economica e inizialmente portò ad una reale regolarizzazione della ristorazione casalinga come strumento per la vendita del vino prodotto durante l’anno.

    Da quando si approvò il decreto però, eccetto per i primissimi tempi, gli obiettivi del Gobierno di avere sotto controllo tutte le attività legate alla tradizione sono rimasti disattesi e molti dei guachinches esistenti non solo non sono legalizzati ma la maggior parte continua ad utilizzare impropriamente il nome, diffondendo una pubblicità ingannevole per il turista.

    Il vero guachinche, secondo la normativa, può aprire solo 4 mesi all’anno, comunicando alle autorità inizio e fine attività, deve proporre tre piatti di preparazione casalinga, sottaceti, frutta secca, vino proprio, acqua e per dessert frutta della zona.

    Insomma la situazione che si è verificata ha portato a locali un po’ snaturati rispetto alla tradizione genuina originale, ad attività che si spacciano per quelle tradizionali ed a turisti che spesso rimangono delusi dopo essere usciti da un normalissimo ristorante spacciatosi per guachinche.

    Si suppone, poiché il controllo è reso difficile non solo dall’inosservanza della normativa ma anche dalla particolare rotazione delle aperture dei locali, che a Tenerife esistano tra i 500 e i 1.000 guachinches, quando prima del provvedimento erano 103 (e tutti genuini).

    Il Cabildo ha invitato in più riprese i locali che utilizzano il nome impropriamente ad interrompere questa brutta abitudine che mina l’originalità e la tradizione dei veri guachinches canari, ma il fenomeno, a dispetto di tutte le segnalazioni, continua ad esistere.

    E i cari, vecchi, genuini guachinches si perdono nella miriade di ristoranti più comodi, più vicini, facilmente raggiungibili percorrendo strade battute, ma assolutamente lontani dalle simpatiche bettole di provincia.

    di Ilaria Vitali

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