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    A Tenerife non rimpiangiamo le Feste dell’Unità

    Chi si trasferisce dall’Italia a Tenerife, se è uno studioso o un appassionato di folklore va a nozze, per le frequenti e succose feste popolari che si svolgono in tutta l’isola. Chi semplicemente ama le feste di popolo sentite e partecipate, trova di che dilettarsi e non rimpiangerà di certo l’Italia per questo motivo.

    In Italia un tempo vi erano solo le FESTE DELL’UNITA’, che coinvolgevano in forma ludica e culturale, almeno una grande parte della nostra popolazione. Da diversi anni queste manifestazioni hanno perduto il mordente e lo spirito delle origini, hanno perduto la loro anima e la loro vitalità e sopravvivono solo nominalmente.

    Nel 2010 io volli descrivere e criticare questa decadenza che era giunta già al limite estremo, e scrissi quanto segue:

    Bologna, Festa dell’Unità 2010. La redazione di “VIVA I BIDELLI” aveva da tempo rinunciato all’idea di aprirvi un proprio stand, ma non ha rinunciato ieri sera al piacere-dovere di una visita alla festa di un popolo amico, di un popolo che è un po’ anche il nostro.

    Forse non abbiamo scelto la serata migliore, perché il lunedì sera l’animazione si smorza dappertutto, anche d’estate, anche in una città gaudente come Bologna. Ma ci torneremo, perché l’impressione che abbiamo ricevuto è stata agghiacciante, e va verificata.

    Vi era un discreto movimento di persone, quanto al numero, ma era un viavai spettrale, di gente anonima, apparentemente alienata e depressa, priva di motivazioni.

    Chi scrive queste note ricorda le antiche feste, che si chiamavano “festival”, ed ha visto la progressiva decadenza di queste manifestazioni, negli anni. Mi ricordo le feste generose degli anni sessanta, nelle quali venivano offerte gratuitamente cene emiliane prelibate.

    Poi non fu più possibile per il PCI sostenere questo impegno, ma anche in anni successivi si usciva dalla festa avendo ricevuto qualche regalo, come bellissimi spettacoli gratuiti, e qualcosa di commestibile.


    Bologna era la piazza regina, il feudo e fiore all’occhiello dell’organizzazione, e qui la festa era davvero splendida. Ma soprattutto era sentita, da un popolo assai diverso. Nei primi anni successivi alla svolta di Occhetto e alla nascita del PDS già erano scomparsi quei militanti che principalmente popolavano la festa (oltre ai cittadini ospiti), quei comunisti di una volta, sanguigni, intransigenti, aggressivi, popolani veraci, appassionati politicamente sopra ogni cosa.

    Chi scrive non ha mai amato quella popolazione, preferisce perfino gli zombi attuali, che vagano anonimi e persi, ed appaiono tutti uguali fra loro e nella mancanza di una identità e di una ragione di vita.

    Ma chi scrive deve anche riconoscere che quei comunisti di una volta, quei comunisti-che-si-incazzano, avevano una fisionomia, avevano un volto e un’anima.

    La loro stessa rabbia, che si attenuava ma non scompariva nel momento della festa, sprigionava vitalità, energia che si diffondeva nell’aria e contagiava tutti, anche i neutrali e perfino gli avversari politici, che erano molto intimoriti da quel popolo.

    Dove è andato a finire quel popolo? Mi dissero gli esperti che aveva seguito “Rifondazione” nella svolta secessionista, ed era andato a riempire le sue manifestazioni e le sue feste. Forse oggi quel popolo non esiste più del tutto.

    Ma riprendiamo il filo. Con il tempo, oltre al venir meno della base che aveva sostenuto e riempito i “FESTIVAL DELL’UNITA’’’, oltre al venir meno della ristorazione gratuita, si moltiplicarono i punti di ristoro a pagamento, che non erano nemmeno a buon mercato.

    Da qualche anno in queste feste è possibile fare esperienze di cucine esotiche di ogni tipo, e delle migliori tradizioni italiane. “Stanno progressivamente aumentando gli stand gastronomici e diminuendo quelli culturali” commentò un “compagno” mio amico, già molti anni fa.

    Io ieri sera ho visto il culmine della parabola: GLI STAND CULTURALI TOTALMENTE SCOMPARSI. IN UNA PIAZZA COME BOLOGNA, CHE LI AVEVA SEMPRE APPREZZATI ED ESIGITI. E la festa invasa e monopolizzata da esposizioni commerciali, dalle camere da letto alle automobili, come in una fiera campionaria.

    Nulla di culturale e NULLA DI POLITICO. Quasi del tutto assente l’offerta di politica come contenuti e stimoli, è esemplificativo il fatto che lo stand della CGIL, che qualcosa da dire anche oggi lo avrebbe, era chiuso, con le bandiere abbassate.

    Era aperto lo stand della CISL, che diffondeva soltanto informazioni.

    Del tutto assente l’offerta di politica, ma del tutto assente anche la domanda. La popolazione circolava svagata ed assente, indifferente a tutto, non certo arrabbiata, non certo delusa.

    Di fronte a questo scempio politico e culturale, se io fossi un vecchio militante del vecchio partito reclamerei che non si facessero più le “Feste dell’Unità”. Ed in sede politica decisionale rovescerei i tavoli per farmi sentire.

    I poster, giganti ed in miniatura, che pubblicizzano quest’ultima festa, la definiscono “FESTA DI TUTTI”.

    Già, “festa di tutti” e quindi di nessuno…

    di Davide Selis

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