Sole, mare, turismo che affolla i locali, economia in crescita, eppure i disoccupati non diminuiscono.
Dopo la grande crisi del 2008 a seguito del crollo della banca statunitense Lehman Brothers che ha trascinato a picco borse e mercati azionari, l’economia delle Canarie è in recupero ininterrotto dal 2015, ma per quanto riguarda il mercato del lavoro i segnali sono sconfortanti.
Alla fine dell’anno appena trascorso il numero totale degli occupati sull’arcipelago è risultato pari a 826.300 persone contro i 274.000 disoccupati, numero non tanto dissimile da quello registrato nel 2009, ovvero in piena crisi.
La ripresa in realtà si fa sentire, come afferma il direttore della Camera di Commercio di Santa Cruz de Tenerife Lola Pérez, con un tasso di disoccupazione del 24,9% ovvero il più basso negli ultimi 8 anni ma che non riesce a diminuire ulteriormente.
I motivi della presenza di un elevato numero di disoccupati è da ricercarsi, secondo la Pérez, nell’elevata concentrazione dei cosiddetti gruppi vulnerabili, soggetti provenienti dal settore edilizio, di età superiore ai 50 anni e da più di due anni senza impiego.
I loro tassi di uscita dal mercato del lavoro configurano un quadro di disoccupazione strutturale che colpisce il 58% della popolazione senza impiego.
Si denota quindi una ripresa delle isole a due velocità, vale a dire con migliori prospettive per coloro che sono senza impiego da breve tempo e con un avvio invece molto lento per coloro che lo sono da lungo tempo.
Insieme a questi vanno aggiunti coloro che per la prima volta entrano nel mercato del lavoro che, sebbene molto qualificati, non trovano impiego.
Rosa Marrero Rodriguez, professoressa del Dipartimento di Sociologia e Antropologia presso la ULL, Universidad de La Laguna, aggiunge che il problema principale del modello attuale di occupazione canaria è rappresentato dall’inserimento e dai salari; il momento dell’ingresso nel mondo del lavoro è sempre più ritardato nel tempo ma generalmente comporta un impiego stabile e con condizione che consentono l’emancipazione dalle famiglie.
E le aziende, dal canto loro, alla ricerca di una maggiore competitività di mercato ed efficienza economica, realizzano una politica di assunzione ridotta e che richiede, per il lavoratore, grande flessibilità.
In aggiunta a questo fenomeno, ricorda Marrero, la dicotomia tra la necessità di avere professioni emergenti e le lacune di formazione a livello di istruzione, rende gli ambienti lavorativi non solo difficili da penetrare, ma fortemente competitivi e specializzati.
Quanto ai salari, si ricorda che le Canarie sono la comunità con lo stipendio medio più basso in assoluto con 1.398 euro al mese contro i 1.635 della Spagna o i 1.935 dei Paesi Baschi.
La spiegazione della bassa retribuzione è data dalla economia sostenuta principalmente dal settore dei servizi, dove la qualificazione è minore e i tipi di contratto sono per lo più a tempo determinato.
La soluzione, suggerita dalla Pérez, sarebbe quella di investire in formazione e incentivi per l’assunzione dei disoccupati di lunga durata in modo da far tornare il paese a tassi di disoccupazione di una sola cifra, come avvenne nel 2006.
di Ilaria Vitali