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    Barilla, la pasta degli italiani

    Presente sulle nostre tavole da sempre, nelle più svariate forme e rigorosamente nella confezione di cartone blu, eccezion fatta per la pasta integrale, che varia nella versione verde, attuale visto i tempi e le diete, la pasta Barilla ha subito in questi ultimi anni attacchi contro il suo marchio, che comprende anche Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello e Panem.

    “Quando c’è Barilla c’è casa” vi ricordate la pubblicità? Sempre accattivante, ci ha convinto negli anni a pensare ad un nome serio ed al passo coi tempi.

    Prodotta dal 1877 negli stabilimenti di Parma, dal 1971 al 1979, quando i fratelli Pietro e Gianni Barilla la cedono all’americana WR GRACE, per motivi economici e familiari, il pensiero fisso di Pietro Barilla è stato quello di riprendersela. E questo accade nel 1979 quando la Barilla riacquista l’Azienda.

    Da lì a discutere sulla purezza del grano che, prodotto in Usa e Canada, sarebbe stato contaminato da muffe e radioattività, dal momento che in quegli Stati i livelli di tossine contenute nel grano possono essere più alte che in Europa,  è un tutt’uno.

    Bufale sul web completamente prive di fondamento che accusano la Barilla di utilizzare per la produzione della sua pasta materie prime geneticamente modificate, e livelli di micotossine e contaminanti al di sopra di quelli permessi dalla legge: risposta della Barilla, che si dichiara in regola.

    La Barilla è il maggior produttore di pasta al mondo, utilizza il 70% di semole che provengono da grano italiano e per il restante 30% si approvvigiona dal Nord-America.

    Non schierandoci da alcuna parte se non da quella della ragione, fino a prova contraria continueremo ad usare i prodotti Barilla. Esternandoci dalle continue insinuazioni prive di fondamento.

    Questi attacchi sono spesso voluti ed architettati ad hoc dai produttori di pasta integrale biologica, che si scagliano in maniera forte contro Barilla e non solo.


    Infatti si asserisce addirittura che gli stessi commercianti esportino il grano migliore italiano all’estero lucrando sul prezzo per importare grano ammuffito e radioattivo dall’estero per avvelenare il pane e la pasta venduti in Italia.

    Se così fosse dovremmo mettere in dubbio i controlli effettuati dal nostro paese su quanto scritto in etichetta e confezionato e venduto in Italia.

    Per la nostra salute apriamo gli occhi, mi raccomando. Ma anche il cervello. Non credendo ad ogni asserzione del web.

    di Danila Rocca

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