I nostri ieri.
Immaginate una sera di un aprile terso. Immaginate un’isola con più di quindici secoli di storia, con il suo litorale dove fermarsi e vedere passare la vita, ma soprattutto con un’incantevole sensazione di futuri da vivere. Una terra dove si respira il gusto di migliaia di storie vissute e dove le stelle e il suono di una risacca che pare lontana, sono complici.
Ora provate a ricreare un’alba nel vostro sguardo. Un orizzonte con ricordi di ieri e di oggi, la melodia di una sirena di una nave che arriva e le conversazioni degli uni e degli altri viaggiatori che guardano la silhouette dell’isola di Tenerife dalla murata di sinistra.
Disegnate sulla vostra moleskine i contorni del Teide, i muri e le forme di una casa lì vicino, una pianta.
C’è chi dice che in quell’istante diventate immortali.
Non svegliatevi con le voci di un dialogo imbarazzante; con il cuore che si trova in dissidio con il cervello, dove il primo parla di pace e il secondo di realtà dure.
Viviamo sempre dualità tra la gioia e il dolore. Di tutto quanto scriviamo amiamo solo ciò che scriviamo con il sangue perché sappiamo che il sangue è spirito. Amiamo la vita non tanto perché abituati alla vita, bensì all’amore.
Viviamo ciò che desideriamo, adesso. La voglia di gridare esiste in noi ora, non tra vent’anni.
Quando viviamo la nostra giornata alle volte prendiamo i nostri desideri e le nostre battute e le campiamo lì, come due dadi. Tanto per giocare. Ma il punteggio che ne esce non sembra mai basso, vedete sempre dei numeri importanti, che creano cose da vivere complesse.
Poi lottiamo e ci perdiamo con i nostri sogni a fianco. Per secoli. Per capire.
E ci accorgiamo, a sera, che i nostri ieri sono passati. Che ieri non esiste più.
Dobbiamo avere nostalgia del nostro ieri? Dobbiamo pentirci per non aver vissuto abbastanza quel tempo che ci è stato dato e contemporaneamente tolto? Oppure essere ebbri per aver intensamente goduto o sofferto e comunque esserci sentiti vivi?
E gli ieri passano, giorno dopo giorno, e abbiamo (chissà perché), molte volte, l’impressione di averli sprecati.
Ma non è così.
di Andrea Maino