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    Ida Magli, l’antropologa controcorrente

    Ricordo di una grande italiana

    Ida Magli, l’antropologa controcorrente

    che prediceva il futuro e non piaceva ai potenti

    di PAOLO GATTO

    Perché ricordare ad appena un anno dalla scomparsa l’antropologa Ida Magli e considerarla senza alcuna riserva una grande italiana? Certamente per il valore scientifico delle sue ricerche che spaziarono dal Potere al Sacro, dal ruolo della donna al potere maschile, dai media all’attuale deludente bluff-Europa approdando via via negli anni all’Islam, alla devastante invasione dell’Occidente da parte delle popolazioni africane, all’ormai ineludibile estinzione degli italiani: tutti temi scottanti e persino drammatici approfonditi con spirito indipendente, libero, controcorrente.

    Nelle sue ricerche sulla società europea e in particolare su quella italiana la Magli ricorse agli stessi strumenti utilizzati dall’antropologia culturale per lo studio delle società primitive. 

    Ne scaturirono scritti originali, importanti che divennero subito saldi punti di riferimento dell’attuale antropologia culturale. Tra i suoi libri più famosi vanno ricordati: “Viaggio intorno all’uomo bianco”, “La donna un problema aperto”, “Storia Laica delle donne religiose”,  “Matriarcato e potere delle donne”, “Santa Teresa di Lisieux”, “Gesù di Nazareth: Tabù e trasgressione”, “Gli uomini della penitenza”, affresco sulla civiltà medioevale.  L’apporto scientifico e insieme divulgativo della Magli comprende inoltre la stesura delle principali voci  di antropologia, di sociologia e di psichiatria per l’Enciclopedia Garzanti di Filosofia e Scienze umane, per l’Enciclopedia delle Religioni,  per l’Annuario della Scienza e della Tecnica Mondadori 1980-82. Dalla fine degli Anni ’90 si occupò con crescente passione dell’Europa, dell’Islam, dei rapporti tra politica, civiltà e religione. Come giornalista e saggista collaborò prima con L’Espresso e con Repubblica finché, rifiutata per i contenuti dei suoi scritti da questi giornali, non trovò spazio presso Il Giornale.

    Sin dal 1997, con il libro “Contro l’Europa”, la Magli aveva previsto ciò che oggi sta accadendo in Europa e in Italia. Sulle donne, sull’Islam, sui politici, sulla pedofilia dei prelati, sulla crescente, sdoganata  omosessualità e sull’estinzione degli italiani espresse giudizi e pensieri chiari e trancianti, senza peli sulla lingua e senza riguardo per alcun potente. Da storica femminista espresse tutta la sua delusione nei confronti delle donne capaci solo di scimmiottare i comportamenti maschili o, peggio, “maschilisti”. Ecco che cosa  pensava la Magli delle donne al potere e in politica: “Purtroppo debbo constatare che non pensano. Che non sanno fare politica. Che non sono capaci di farsi venire un’idea nuova”. In merito all’Europa la considerava un progetto fallimentare “foriero della fine della civiltà europea”, un progetto attuato per “distruggere gli Stati nazionali e per mezzo dell’unificazione europea, distruggere i popoli d’Europa, ossia i ‘bianchi’, facilitando l’invasione degli africani e dei musulmani per giungere a un governo americano mondiale”. Non meno tenero era il giudizio della Magli sui politici insediatisi nel Parlamento europeo: “Si sono costruiti, spremendo e schiacciando il corpo dei sudditi, un grande ‘Impero’ finto, di carta, che non conta nulla e non deve contare nulla,” affermava, precisando tuttavia che tale potere “per i politici dei singoli Stati è ricchissimo. Ricchissimo di onori, di benemerenze, di poltrone, di soldi. Governare oltre cinquecento milioni di persone fa perdere la testa a questi politici che vengono dal nulla e che non sono nulla e che, quando manca una poltrona in patria, la trovano in Europa per se stessi, parenti, amici, amanti, con un giro immenso di possibilità e libero da ogni controllo”.


    Sull’Islam i giudizi sono drammaticamente premonitori. La Magli, come fosse una moderna Cassandra, prevede l’invasione e la distruzione. Scrive in uno dei suoi ultimi libri: “La conquista islamica dell’Italia farà quello che il cristianesimo ha fatto per la Romanità” e “sopraffacendo numericamente gli italiani distruggerà anche la possibilità di creare arte, musica, pensiero, bellezza”. Parole e pensieri inquietanti. In così poco spazio non è possibile riassumerli tutti né rendere appieno il loro spessore storico e il fondamento scientifico. Il consiglio non può che essere quello di leggere almeno qualcuno degli ultimi libri della Magli: “Difendere l’Italia”, “Omaggio agli Italiani: una storia per tradimenti”, “Dopo l’Occidente”, “Contro l’Europa”.

    Ciò che fa di lei una “grande italiana” è soprattutto la rivalutazione storica e antropologica degli italiani ribaltando con metodo scientifico e inconfutabile razionalità tutti i pregiudizi e i luoghi comuni prevalenti sull’argomento. La Magli fu sempre fiera di appartenere  ad un popolo che aveva donato nel corso della storia universale dell’umanità il senso della bellezza delle arti e in particolare della musica, il genio delle scoperte e delle invenzioni e, sin dall’antica Roma, la superiorità pragmatica nella politica, nel diritto, nella tecnica e nelle scienze.  Tutte particolarità, queste, che agli occhi del mondo intero hanno reso unici, irraggiungibili e degni di ammirazione e rispetto gli italiani, popolo eclettico e passionale, pieno di immaginazione e al contempo razionale, religioso e dissacratore insieme. Un popolo cattolico e pur capace di abbattere con l’Unità d’Italia il potere temporale dei Papi (lo Stato Pontificio) e, prima ancora, di scardinare l’impianto dottrinario della Chiesa sulla legittimazione storica proprio di quel Potere fondato sulla Donazione di Costantino del 313 che poi nel Quattrocento l’umanista Lorenzo Valla dimostrò con scientificità incalzante essere una gran bufala, un documento falso. 

    Nata nel 1925 a Roma, la Magli morì nel febbraio del 2016 lasciando un’impronta profonda e un bagaglio scientifico, etico e di idee come  antropologa, filosofa e accademica. Fu docente universitaria all’Università di Siena in psicologia sociale prima e successivamente in antropologia culturale. Il diploma in pianoforte conseguito al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma le diede probabilmente quel plus e quella sensibilità aggiuntiva che l’agevolarono nel comprendere empaticamente e con la maggiore perspicacia possibile l’importanza e la funzione di civiltà della bellezza, vicina alla dimensione divina, creata nelle Arti a cominciare dalla musica dall’irripetibile, unica, geniale indole di un solo popolo: il popolo italiano. Anche in questo sta a sua volta la grandezza dell’antropologa romana controcorrente, l’antropologa che a volte prediceva il futuro e non piaceva ai potenti.  E’ la verità. Perché non dirla?

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