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    Il bruco della cera ci salverà dalla plastica

    La Galleria mellonella, o bruco della cera, è un lepidottero che misura tre centimetri di lunghezza nel suo stadio larvale e che si trova comunemente in qualsiasi parte del mondo.

    Deriva il suo bizzarro nome dal fatto che si nutre di miele e cera d’api negli alveari, luoghi in cui a causa della temperatura cresce velocemente.

    Le larve del bruco della cera hanno una vita di sei-sette settimane, sono in grado di produrre la seta con cui confezionare il bozzolo dove usciranno come tarme.

    L’eclatante scoperta fatta dalla ricercatrice italiana Federica Bertocchini dello CSIC, Consejo Superior de Investigaciones, riguardo alla possibilità per il bruco della cera di biodegradare rapidamente la plastica e il polietilene in genere, ha aperto un nuovo capitolo in materia di soluzioni al problema mondiale dell’inquinamento.

    Federica Bertocchini, che ha lavorato a questo inusuale progetto con Paolo Bombelli e Chris Howe dell’Università di Cambridge, oltre a essere una rinomata ricercatrice è anche un’apicultrice amatoriale che un giorno, per caso, ha scoperto che i favi immagazzinati in casa erano pieni di bruchi che avevano cominciato a nutrirsi dei resti di miele e di cera delle sue api.

    Rimossi i bruchi in un sacchetto di plastica, la ricercatrice notò dopo poco che questi erano scappati nella stanza dopo aver bucato letteralmente il sacchetto, mangiandoselo.

    Il suo progetto partì quindi da una scoperta casuale che divenne un fatto dimostrato: 100 bruchi del miele sono in grado di bio degradare 92 milligrammi di polietilene in 12 ore.

    Ogni anno si stima che il mondo intero produca 80 milioni di tonnellate di polietilene, uno dei materiali più difficile da degradare e molto resistente; basti pensare che un comune sacchetto di plastica composto da polietilene a bassa intensità, impiega almeno 100 anni per decomporsi e che materiali più densi ne impiegano 400.


    In media ogni persona utilizza ogni anno più di 230 sacchetti di plastica generando 100.000 tonnellate di rifiuti per i quali gli attuali processi di degradazione chimica non solo sono molto lunghi, ma richiedono l’utilizzo di agenti corrosivi come l’acido nitrico.

    Quella del bruco della cera è la soluzione naturale attualmente più efficace mai ritrovata, in grado di ripulire l’ambiente, compresi fiumi e oceani, a basso costo e senza controindicazioni.

    La composizione della cera è molto simile a quella del polietilene e secondo i ricercatori è per questo che il bruco della cera ha sviluppato un meccanismo per disfarsi della plastica, il cui funzionamento è ancora oggetto di studio ma che lascia presupporre sia dovuto a un particolare enzima prodotto dal lepidottero in fase larvale.

    Le indagini ora vertono sull’isolare l’enzima per produrlo su scala industriale e dare il via a quella che potrebbe essere una definitiva eliminazione di un vero e proprio mare di plastica.

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