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    Italia, crescono i suicidi senza diritto di cronaca

    downloaddi Nando Silvestri
    I morti per mano dello sconforto e del terrore istituzionale di impronta “democratica” in Italia non si contano più. E’ più comodo, difatti, sorvolare sulle statistiche dei suicidi da insolvenza che approfondirne cause e diffusione. Soprattutto per l’ISTAT che risponde solo al presidente del consiglio dei ministri senza vincoli camerali. Si tratta di un eccidio di massa di proporzioni bibliche sul quale l’Istituto di Statistica Italiano ha preferito soprassedere già da un triennio per via degli spaventosi risvolti potenziali che una stima puntuale dei suicidi potrebbe indurre sul territorio nazionale. Una strage tremenda per lo più sottaciuta che conta circa 4.000 vittime all’anno (fonte: Il Tempo). Si tratta di cifre a dir poco terrificanti che evocano in qualche modo quelle della Germania nazista. I metodi utilizzati dai suicidi per togliersi la vita sono i più vari e riguardano soprattutto uomini adulti in età lavorativa. L’aspetto più preoccupante del massacro in oggetto è rappresentato dalla tendenza all’aumento ulteriore dei morti per suicidio, preceduta da una breve fase di apparente assestamento del fenomeno luttuoso. Un macabro primato di suicidi spetta alle regioni centrali d’Italia, mentre le regioni con spiccata propensione all’incremento del fenomeno sembrano essere Veneto e Campania. Gli ultrasessantacinquenni preferiscono lanciarsi nel vuoto, mentre gli uomini relativamente più giovani preferiscono impiccarsi, specie se separati o divorziati. L’ultimo dato ufficiale sui suicidi derivante dall’ISTAT risale al 2013, allorquando le persone che si tolsero la vita ammontavano a circa 4.300. Da allora il fenomeno si consolida e si acuisce gravemente anno dopo anno, soprattutto in ordine ai suicidi da insolvenza. Questi sembrano costituire una componente sempre più significativa e numerosa della totalità dei decessi auto inflitti secondo l’Associazione Internazionale per la Prevenzione dei Suicidi e l’Osservatorio sui suicidi diretti dal sociologo Nicola Ferrigni. Almeno un quarto di chi si toglie la vita (ma si tratta di stime acquisite per difetto) lo fa in seguito alla perdita di un lavoro precario, ad uno sfratto subito, all’intransigenza del fisco, ai legacci dei creditori e all’insolvenza per difficoltà sopravvenute. In queste stime non sono comprese quelle relative ai tentati suicidi, in evidente aumento rispetto al passato, mentre sono inclusi i tragici ed estremi  gesti posti in essere da imprenditori sprovvisti di fondi e risorse. Sarebbe interessante approfondire il rapporto fra l’incremento dei succitati suicidi e quello dei taglieggiamenti di fisco ed Agenzia delle Entrate ai danni di contribuenti e piccoli imprenditori, vistosi ed abbondanti nel corso dell’anno che volge al termine. Una pioggia di accertamenti fissati per “strane coincidenze astrali” ad importi minori dei costi di ricorso ha inondato nel corso di quest’anno e di quello passato le tasche lacere e meste di contribuenti ed imprenditori già sufficientemente provati e ridotti allo stremo da una crisi senza precedenti e balzelli inenarrabili. L’accertamento di somme relativamente “piccole” sottrae, difatti, gli ultimi spazi vitali riservati ancora al contribuente e assicura con precisione chirurgica incassi erariali diffusi per i quali ai cittadini non conviene affatto instaurare un contenzioso e adire alle commissioni tributarie. Poco importa se ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate sono stati riconosciuti premi sulle somme accertate anziché su quelle effettivamente incassate perché, rispetto al suicidio da insolvenza, si tratta di una questione (per così dire) marginale sebbene asimmetrica, sperequativa e disfunzionale. Sarebbe interessante conoscere gli sviluppi della scottante faccenda relativa alle centinaia di dirigenti dell’Agenzia delle Entrate declassati lo scorso anno dalla Corte Costituzionale per mancanza di meriti e condizioni, visto e considerato che i media tacciono su nomi, cognomi, probabili salvataggi in extremis di poltrone e sanatorie di atti discutibili. Lo Stato impone trasparenza ai contribuenti ma per sé e i suoi funzionari applica la regola dell’eccezione in alternanza con quella dell’omertà. Ma sarebbe ancor più istruttivo conoscere l’esatto rapporto fra la crescita degli accertamenti e quella dei suicidi in ordine alle misteriose coincidenze che ancora nessuno ha osato spiegare. Intanto è un dato certo e inoppugnabile che lo scorso anno la pressione fiscale sia ulteriormente salita dello 0,1% mentre il numero dei morti suicidi è aumentato molto più che proporzionalmente. Quella dei suicidi da insolvenza e di quelli indotti dalla scure del fisco si rivela in buona sostanza una piaga straziante insanguinata dal fragoroso silenzio di litigiosi burocrati acchitati a festa per difendere ad oltranza i sontuosi rifugi della politica e le dimore dorate del papa. Come se la dignità riscattata dalla morte fosse la più infame delle colpe.

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