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    Il Vietnam a Tenerife: storia di rifugiati

    Schermata 2016-06-09 alle 10.07.01di Ilaria Vitali

    Era il 1981 e all’epoca la Spagna aveva risposto alla crisi umanitaria ospitando un gruppo di profughi di un popolo, quello vietnamita, che dal 1975 tentava l’esodo su barche sgangherate in cerca di una opportunità di vita.

    Una storia come tante, una storia che si ripete ancora oggi, pur con scenari differenti.

    Hai Nguyen Dinh e sua moglie Bui Ngoc Nga arrivarono a Tenerife il 21 gennaio del 1981, poco più che ventenni e totalmente ignari dell’esistenza di un luogo che sarebbe diventato “casa” ma su cui posero lo sguardo con il sorriso della speranza.

    Hai Nguyen Dinh era figlio di un poliziotto di Saigon, aveva lavorato nei cantieri navali e si era laureato in radiotelegrafia.

    Una notte si imbarcò insieme a Bui e altre 115 persone su una barca da pesca, navigando il fiume per un giorno e due notti, fino a raggiungere un’imbarcazione più grande che prese il largo in mare.

    Furono soccorsi da un peschereccio russo che li portò nelle Filippine.

    Fu in quell’epoca che la Spagna si stava preparando ad aderire alla Nato e autorizzò l’ingresso nel paese di 400 profughi vietnamiti.


    E da quel momento in poi, per Hai e sua moglie, cominciò una nuova vita.

    Cominciarono a lavorare, accettando piccole commissioni dai commercianti del posto, ampliarono la loro famiglia con 4 figli e successivamente 2 nipoti e infine riuscirono ad aprire il loro ristorante, il Viet-Nam da tutti chiamato il vietnamita, in un angolo di Rambla de Pulido, dove la clientela, prevalentemente giovane, fa la fila per la cucina tradizionale, panini, hotdog e bevande offerte.

    Dopo 35 anni la famiglia si sente a tutti gli effetti canaria ed è grata per la svolta che è riuscita a dare alla propria vita con l’aiuto delle autorità e della comunità ma anche e soprattutto con l’impegno profuso negli anni portato avanti con dignità e tanto lavoro.

    Ricorderanno per sempre i nomi di coloro che agli inizi hanno offerto loro piccole opportunità, come Manuel Gonzalez Hernandez, per il quale hanno distribuito birre, imballato patate e lavato auto, e per Wigberto Ramos, che li aiutò ad arredare il ristorante Don Kinh che poi comprarono.

    Ma Nga, ora una attempata signora, sorride a stento quando le si chiede cosa ne pensa dei recenti sbarchi in Europa: “è un incubo che non ha fine, vedo sulla pelle delle donne e dei bambini siriani l’orrore della guerra e la paura della fuga. È una storia che si ripete”.

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