
Questo mese l’Arca del Mistero si dirige verso le scogliere selvagge del nord di La Palma, nel comune di Garafía, dove tra i barrancos e i silenzi del laurisilva si cela una delle storie più enigmatiche delle Isole Canarie: la leggenda del Niño de Garafía.
I primi racconti documentati risalgono all’estate del 1977, quando la famiglia González, residente nella località di Don Pedro, riportò un avvistamento inquietante nei pressi del vecchio camino di Las Tricias.
Si trattava di un bambino scalzo, con abiti logori e sguardo assente, che appariva improvvisamente tra le nebbie del mattino e scompariva in direzione dei burroni senza lasciare traccia.
Secondo la testimonianza del capofamiglia, don Valentín González (all’epoca 53 anni), il bambino sembrava non rispondere a stimoli esterni e camminava come in trance, come se stesse seguendo una melodia o un richiamo silenzioso.
Negli anni successivi, tra il 1980 e il 1991, furono registrati almeno otto avvistamenti simili da parte di escursionisti, abitanti e persino un gruppo di astronomi del Roque de los Muchachos, che lo avvistarono nel 1987 durante una spedizione notturna.
Le descrizioni erano quasi identiche: un ragazzino pallido, dell’apparente età di 8-10 anni, sempre con lo stesso abbigliamento fuori tempo, che si aggirava in zone impervie, apparentemente immune a freddo e fame.
Un’indagine condotta nel 1992 dalla giornalista locale Carmen Luján, oggi archivista onoraria del Cabildo de La Palma, rivelò che nessun bambino risultava scomparso nella zona negli anni corrispondenti agli avvistamenti.
La cosa più inquietante fu la scoperta di una leggenda orale risalente al XIX secolo, riportata da anziani di Garafía, secondo cui un “niño de la cueva” era apparso anche nel 1864, subito dopo una frana che aveva seppellito un piccolo insediamento rurale.
Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che si tratti di una manifestazione legata a un trauma collettivo, o di una sorta di “eco temporale” legata ai luoghi dove sono avvenute morti tragiche.
Teorie paranormali suggeriscono che il Niño de Garafía potrebbe essere un’entità residuale, uno spettro legato alla terra o un’apparizione simbolica che segnala pericolo imminente — in almeno due occasioni, la sua comparsa ha preceduto forti scosse sismiche registrate nella zona (1982 e 1997).
Altri ancora, come l’antropologo José Ignacio Dávila, credono che possa trattarsi di un caso di “entità mimetica”, fenomeno conosciuto in alcune culture pre-ispaniche in cui spiriti della natura prendono forma umana per interagire con i viventi.
Dávila sottolinea la coincidenza tra le apparizioni del bambino e le date del solstizio d’estate, momento che nelle tradizioni aborigene benahoaritas aveva un forte valore rituale.
Nel 2011, un’escursionista tedesca affermò di aver fotografato il Niño lungo il sentiero GR-131, ma l’immagine — sfocata e contestata — fu ritenuta inconcludente.
Da allora, nulla di concreto è emerso, ma gli abitanti di Garafía non hanno mai smesso di credere.
Alcuni lasciano ancora piccoli giocattoli e pane nei pressi delle grotte più antiche del comune.
Il caso del Niño de Garafía resta uno dei grandi misteri dell’arcipelago.
Una presenza silenziosa che sfida tempo, logica e memoria.
Forse un’anima in cerca di pace, forse un guardiano ancestrale dei boschi.
In ogni caso, un monito costante che, tra i barrancos e i venti del nord, qualcosa di profondo continua a muoversi — invisibile e immortale.
Loris Scroffernecher