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    Cosa cerca uno chef in uno scrittore?

    Se imparare dai migliori è una buona cosa, vedere come interagiscono e condividono le esperienze per creare qualcosa di nuovo è un vero privilegio. 

    L’immaginazione è una qualità a volte sottovalutata? 

    Forse sì. 

    Eppure è un aspetto essenziale di una miriade di lavori. 

    Tra questi, la letteratura e la cucina. 

    Alcuni chef hanno bisogno di mettere la testa a posto per trovare un abbinamento che sorprenda, che sia audace e che finisca con il far sorridere chi ha la fortuna di assaporare la novità di una grande scoperta.

    E gli scrittori? 

    Sta accadendo loro la stessa cosa? 


    Sicuramente sì, ma da una prospettiva diversa. 

    È un lavoro che si basa sul coltivare lo sguardo come si coltiva un orto, e sul raccontare e mostrare ciò che emerge in spazi sconosciuti per trovare la frase, il personaggio o la trama che ci aggancia alle sue pagine.

    La sensibilità è al servizio di amici che si lasciano guidare dalle sottigliezze. 

    “Dare una storia al menu”.

    Quasi come un rovesciamento proustiano, non andrà alla madeleine per raccontare la sua vita; andrà alla vita per raccontare la madeleine. 

    In letteratura raccontiamo ciò che non vediamo e ciò che non viviamo. 

    Per questo è fondamentale girare per le strade. 

    Come un buon detective, lo scrittore osserva senza essere osservato. 

    “Comincia a immaginare le cose”. 

    Che la gastronomia fosse un fenomeno estetico non si poteva dubitare. 

    Ogni piatto può avere una storia personale e un tocco di bellezza nei luoghi più inaspettati. 

    Forse come la madeleine dello scrittore francese, con un momento, con un solo dettaglio, si giustifica un’intera storia.

    Chi non vorrebbe riscoprire la cucina con una tale bellezza infilata nei dettagli? 

    Buon divertimento!

     

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