More

    Riflessione sull’identità digitale europea

    Questa riflessione sull’identità digitale europea si ricollega a quella sull’euro digitale già pubblicata a pagina 32 del numero di febbraio 2023 di questo giornale, che nell’imminenza dell’appuntamento elettorale vi suggerirei di leggere (o di rileggere) assieme a questa, perché entrambi i progetti – l’euro digitale e l’identità digitale – sono le due facce di un unico disegno.
    Infatti all’inizio di marzo il parlamento europeo ha approvato con i 335 voti a favore di Partito Popolare e Partito Socialista, in quest’occasione perfettamente allineati, l’introduzione della cosiddetta “identità digitale europea”, a volte chiamata anche “wallet digitale” o “portafoglio digitale” e spesso citata in internet con il nebuloso acronimo eIDAS, sintesi dell’espressione inglese “electronic IDentification Authentication and Signature”, ossia Identificazione, Autenticazione e Firma elettroniche.
    La pagina in italiano dell’Unione Europea descrive così il concetto di portafoglio digitale, che qui copio e incollo testualmente nel virgolettato: “Con questi portafogli i cittadini potranno dimostrare, in tutta l’UE, la propria identità quando necessario per accedere a servizi online, condividere documenti digitali o semplicemente dimostrare un attributo personale specifico, come ad esempio l’età, senza rivelare le generalità complete o altri dati personali.
    I cittadini avranno sempre piena facoltà di decidere quali dati condividere e con chi condividerli.
    L’identità digitale dell’UE può essere utilizzata in molti casi diversi, ad esempio per usufruire di servizi pubblici, come richiedere un certificato di nascita o certificati medici oppure segnalare un cambio di indirizzo – aprire un conto in banca – presentare la dichiarazione dei redditi – iscriversi a un’università, nel proprio paese o in un altro Stato membro – conservare una ricetta medica utilizzabile ovunque in Europa – dimostrare la propria età – noleggiare un’automobile usando una patente di guida digitale – fare il check-in un albergo”.
    Da notare l’allusione alla caratteristica dell’età, che non è affatto casuale come approfondirò tra poco.
    Potremo quindi immagazzinare in un dispositivo elettronico non solo i nostri attuali documenti plastificati, dalla carta d’identità alla patente di guida, ma anche tutte le altre informazioni necessarie per le finalità descritte più sopra, dalle diagnosi e terapie cliniche ai titoli di studio ed alle carte bancarie.
    Leggiamo infatti nel portale in italiano www.agendadigitale.eu: “Un wallet europeo permetterà ai cittadini di fornire documenti riconoscibili in ogni Paese europeo in cui si reca, grazie ad una infrastruttura unica e sicura.
    Il vantaggio più grande è che ciascuno potrà avere sempre a portata di mano i propri documenti, senza il rischio di perderli o dimenticarli.”
    Inserisco qui le mie prime due critiche: anzitutto la frase è sgrammaticata, perché se il verbo “reca” si riferisce ai cittadini dovrebbe essere coniugato al plurale “recano”, ma sorvoliamo su questa minuzia semantica; però se “averli a portata di mano senza il rischio di perderli o dimenticarli” è addirittura “il vantaggio più grande”, il beneficio di questo wallet digitale mi sembra misera cosa se il prezzo da pagare è la consegna ad un potere statale di un dominio immenso sulle nostre persone, come dimostrerò tra poco a conferma della spiacevole lezione già impartitaci da alcuni eventi negli ultimi anni, cioè che dietro stupendamente altruistiche motivazioni possono nascondersi intenzioni e attuazioni molto meno nobili.
    Ma andiamo per ordine: innanzitutto, con chi dovremo identificarci?
    In primo luogo con tutte le amministrazioni pubbliche dell’intera UE, ma anche con alcune aziende private, le quali potranno essere obbligate – ovviamente… ehm… per “tutelare gli utenti” – a verificarne alcuni “requisiti” prima di erogare i loro servizi, dalle aperture di conti bancari e relativi pagamenti a varie prestazioni nei settori del trasporto, energetico, previdenziale, sanitario, idrico, postale, delle infrastrutture digitali, dell’istruzione, delle telecomunicazioni e così via… quindi saranno obbligati a verificare i nostri “requisiti” nel portafoglio digitale anche alcuni colossi commerciali operanti in internet, tra cui Amazon, Instagram, Meta (tuttora popolarmente nota come Facebook), TikTok e YouTube, solo per citarne alcuni.
    Secondo l’enunciato succitato della Commissione Europea l’uso dell’identità digitale non sarebbe obbligatorio bensì facoltativo, ma è intuitiva la riflessione che quello che non è obbligatorio in un periodo iniziale, in cui si usa la mano leggera per non allarmare il pubblico, potrà diventarlo in un momento successivo, quando – introdotto gradualmente il concetto – la popolazione si sarà assuefatta al “portafoglio digitale dei dati”… del resto abbiamo già imparato durante la recente pandemia come una facoltatività teorica possa essere vanificata e resa di fatto coercitiva: ricordiamo infatti che in quel tragico biennio alcune categorie teoricamente non erano obbligate ad adempiere certe direttive fortemente intrusive della personalità… erano facoltative, dicevano gli editti, la decisione è tua… però se non ti adegui NON potrai entrare nel tale o talaltro luogo pubblico o ufficio, NÉ recarti al lavoro per mantenere la tua famiglia, NÉ svolgere la tale o talaltra attività ricreativa.
    Cos’era questo, se non una costrizione maldestramente camuffata…?
    Se ci fosse la garanzia esplicita – che però non c’è! – che l’identità digitale europea non diverrà MAI obbligatoria, nemmeno indirettamente, davvero si tratterebbe di uno stupendo strumento cortesemente e gratuitamente messo a nostra disposizione dall’UE per renderci la vita più semplice; e quindi chi meglio del governo, il cui fine è… agire nell’interesse generale e per il bene pubblico… o no…? potrebbe svolgere con affidabilità e in sicurezza il delicatissimo compito di pilotare la navicella in cui i cittadini potranno navigare in tutta tranquillità nel complesso mare digitale…?
    Tuttavia, scendendo dalle nuvole sulla terra, ormai dovremmo avere imparato che ai politici non interessano affatto l’interesse generale e il bene pubblico, bensì solo l’interesse individuale loro, dei partiti che candidandoli e facendoli eleggere gli procurano i loro lautissimi stipendi pagati da noi (beninteso purché ubbidiscano agli ordini e “seguano la linea”), nonché dei gruppi di influenza a cui sovente la politica si inginocchia; che il raggiungimento dell’interesse egoistico perseguito dai politici, dai partiti loro mandanti, e dai gruppi di influenza che tanto spesso ne sono i burattinai, presuppone il controllo ferreo della popolazione, senza il quale quei loro gretti obiettivi non possono essere realizzati; e che quindi l’identità digitale europea consegna a questi politici, partiti e gruppi di influenza un nuovo e potentissimo strumento di costrizione.
    Infatti è logico e prevedibile che gradualmente i governi imporranno all’universo digitale l’uso di questo mezzo di identificazione per svolgere qualsiasi tipo di transazione o interazione…ad esempio la politica potrebbe stabilire (magari adducendo come pretesto la difesa dalla “disinformazione” e dalle “fake news”, definite tali dal governo ma che invece talvolta sono solo informazioni giustamente divergenti dall’astuta “versione ufficiale” martellata dai media governativi o paragovernativi), che unicamente chi abbia compiuto una determinata età possa accedere a determinati canali in internet, come Facebook, YouTube o Instagram, e pertanto esigere da questi operatori la verifica preventiva dell’età degli utenti; per cui chi avesse scelto di non aderire all’identità digitale europea, pur avendo già raggiunto l’età prescritta, ma non potendo farsela “verificare”, non potrebbe frequentare questi canali… e tu, lettore, realmente credi che qualcuno tra i tuoi conoscenti, messo di fronte all’alternativa se piegarsi alla precondizione cosiddetta “facoltativa”, oppure dover rinunciare a Facebook, TikTok e YouTube, davvero si ostinerebbe a rifiutare la magica app che “verificandone l’età” gli spalancherebbe l’accesso a queste meraviglie…? Ma questo è ancora il meno: senza la “verifica dell’età”, per dimostrare la quale sarebbe INDISPENSABILE dotarsi dell’identità digitale, nemmeno potresti acquistare un prodotto in internet, né prenotare un alloggio per le vacanze, né comprare un biglietto aereo, né noleggiare un veicolo in un aeroporto… per cui in pratica una miriade di normali attività ti sarebbe vietata se, pur possedendone tutti i requisiti età compresa, tu ti fossi “per libera scelta” privato di quel “vantaggioso strumento”.
    Possibile che ancora esista qualcuno tanto ingenuo da non rendersi conto che è questo controllo totale l’obiettivo finale?
    Infatti, proseguendo nella strategia di abituare gradualmente la sventurata rana bollita di Chomsky a imposizioni sempre più stringenti, successivamente la “verifica” richiesta per usufruire di un determinato servizio potrebbe non limitarsi all’età, ma essere estesa al possesso di qualsiasi altro cervellotico requisito – ad esempio la frequenza online di un corso di formazione ideologica “politicamente corretta”, la cui “comprensione” dovrà essere dimostrata rispondendo “correttamente” a un questionario finale, o l’assunzione di un qualsivoglia preparato chimico che “ti farà bene” o “ti proteggerà”, o spendere una certa quantità di euro digitali in un dato modo entro una certa scadenza (situazione di cui parlo nell’articolo succitato di febbraio 2023)… insomma il possesso di qualsiasi discrezionale requisito che al governo di turno venga in mente di esigere dalla popolazione per incanalarne i comportamenti “facoltativi” nella direzione desiderata.
    E infine passo dopo passo si arriverà al vero obiettivo: quando l’UNICO strumento ammesso per identificarsi diventerà quest’identità digitale, e il governo per qualche suo proprio insindacabile e coercitivo criterio o giudizio su qualche tuo comportamento o atteggiamento a lui sgradito decidesse di sanzionarti revocandotela – o anche solo sospendendotela per un periodo limitato – eccoti diventato un paria sociale, impossibilitato – non potendo dimostrare il requisito “dell’età”, o qualsiasi altro – ad interagire con altre persone fisiche o giuridiche, a compiere acquisti, a stipulare contratti e perfino a viaggiare all’interno del tuo Paese o all’estero, e quindi ridotto a schiavo inerme e ricattabile dei burocrati, dei politici e dei loro manovratori tecnocrati.
    Sarà dunque questo il futuro distopico che ci attende…?
    È presto per affermarlo con certezza: dipenderà dalla capacità delle popolazioni europee di opporsi all’evidente volontà del nuovo Moloch tecnocratico di ridurle a gregge da manovrare e macellare a piacimento.
    L’atteggiamento di tutti noi per evitare bruttissime sorprese dovrebbe essere di esercitare la massima vigilanza e diffidenza, perché ci stiamo giocando troppo: quanto maggiore è il potere – e qui il potere è enorme! – tanto più efficaci dovrebbero essere i contrappesi, ma l’amara realtà è che al momento in Europa non esistono né una diffidenza diffusa né contrappesi sufficienti per fermare il rullo compressore del potere politico-tecnocratico, al quale l’esito soddisfacente (per lui…) di alcuni recenti “eventi di prova” ha confermato quanto siamo malleabili e quanto impunemente lui possa schiacciarci.
    Ricordatevi fra qualche giorno che i politici che per altri cinque anni dirigeranno da Bruxelles le vostre vite saranno quelli da cui sceglierete di farvi comandare in cambio dei ricchissimi stipendi che voi stessi gli pagherete.
    Avrete quello che vi meriterete, e se i vostri “rappresentanti” abuseranno della vostra malriposta fiducia asservendovi a padroni che vogliono solo succhiarvi il sangue non prendetevela con “la casta”, ma con voi stessi che non sapendo esprimere di meglio li avrete scelti e votati.
    Francesco D’Alessandro

    Articoli correlati