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    Il giardino delle Esperidi: il paradiso greco si trovava alle Canarie

    Non è l’unica occasione in cui la mitologia greca ha ambientato una delle sue scene nelle Isole Canarie, ma è forse la più famosa di tutte.

    Da un lato perché il Giardino delle Esperidi è uno degli elementi mitologici più conosciuti.

    Dall’altro, perché le isole possono essere, come questo giardino, un paradiso.

    Il punto è chiaro.

    Le Esperidi, note anche come Figlie del Tramonto o Dee del Tramonto, erano le ninfe incaricate di curare un giardino delle meraviglie nel “lontano Occidente”, come i Greci intendevano questo angolo di mondo.

    La fine per loro.

    La tradizione ha sempre collocato questo giardino nei pressi delle montagne dell’Atlante, in Nord Africa.

    Plinio il Vecchio, per citare un importante autore dell’epoca, lo considerava tale.

    Questo giardino era considerato qualcosa di simile al frutteto di Era, custodito e curato da queste ninfe, che erano anche dedite al canto.


    Oltre alla bellezza che ci si dovrebbe aspettare da un giardino appartenente a una dea, aveva la particolarità di avere un boschetto di alberi che producevano mele d’oro.

    Queste mele fornivano anche l’immortalità.

    Secondo la tradizione, il primo melo fu un dono del titano Gea, la Terra, a Era per il suo matrimonio con Zeus.

    Era affidò alle Esperidi la cura di questo luogo speciale, ma non era troppo sicura delle loro intenzioni.

    Si dice infatti che a volte queste dee del crepuscolo raccogliessero i frutti per sé.

    Così non passò molto tempo prima che venissero accompagnate e sorvegliate da un drago a cento teste chiamato Lacon.

    Si raccontano molte storie su questo mito che si trova da qualche parte nelle Isole Canarie.

    Una delle più interessanti è quella che riguarda la morte del drago.

    Per mano di Ercole, che è sempre presente, o per mano di Atlante, il drago morì.

    Si dice che per ogni goccia di sangue che cadeva sulla terra, cresceva un albero che imitava le sue cento teste con decine di rami contorti.

    Questi alberi hanno un nome: dracaena draco, l’albero del drago così caratteristico delle isole.

    La resina rossa che si sprigiona dal suo tronco è nota come Sangre de Drago.

    Questo drago morì, tra l’altro, nel bel mezzo della missione di Ercole: uno dei suoi dodici compiti era quello di rubare il frutto proibito dal giardino.

    Fu incaricato da Euristeo, re dell’Argolide, che riteneva insufficienti le sue precedenti dieci fatiche.

    In questa nuova missione, doveva intrufolarsi nel Giardino delle Esperidi e rubarne le mele.

    Ercole dovette attraversare gran parte del mondo per arrivare nel posto giusto.

    Poi ingannò Atlante, che era imparentato con le Esperidi.

    Mentre Ercole era incaricato di tenere il cielo, Atlante doveva rubare le mele, perché sarebbe stato più gradito dell’eroe.

    Quando Atlante tornò, con il drago morto e le mele in suo possesso, mentre Ercole teneva il cielo, decise che non voleva riprenderle.

    Sarebbe stato lui stesso a portare le mele a Euristeo, liberandosi del pesante fardello che aveva portato fino a quel momento.

    Ma Ercole, che era sempre molto malizioso, gli propose un patto: accettò di tenere il cielo a patto che Atlante lo trattenesse per qualche istante in modo da potersi rivestire adeguatamente.

    Quando Ercole passò il cielo ad Atlante, come si può immaginare, non lo riprese.

    Così ingannò Atlante e se ne andò con le mele.

    Dalle sue peregrinazioni in Andalusia alla costruzione dei Pirenei, il cammino di Ercole nel Paese è stato lungo.

    Anche se lontane dallo scenario greco, o proprio perché lontane da esso, le Isole Canarie sono citate, anche se non con questo nome, nella loro mitologia.

    Infatti, gli arcipelaghi di isole che compongono il gruppo della Macaronesia erano, per i Greci, le Isole Fortunate.

    Conosciute anche come Isole dei Beati, erano considerate il luogo in cui le anime virtuose si ritiravano per riposare dopo la morte.

    In altre parole: un vero paradiso.

    Bina Bianchini

     

     

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