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    Cercando di capire cosa è successo in Francia

    Seguendo in ordine sparso la regola delle 5 w del giornalismo, (who what where when why = chi cosa dove quando perché),  schematizziamo l’accaduto per capirci qualcosa.

    DOVE:

    Distretto di Nanterre, cinturone della periferia di Parigi, quasi 100.000 abitanti, principalmente magrebini, stipati in un ghetto che ha visto raddoppiare i suoi abitanti in 50 anni senza una conseguente politica degli alloggi con esiti inevitabili di sovraffollamento e degrado.

    E’ anche la sede dell’Università che accese la miccia dei disordini del 1968  e ha mantenuto ininterrottamente una guida politica di sinistra estrema fin dagli anni ’50.

    Un quartiere storicamente “caldo” sotto il profilo politico, da sempre.

    CHI:

    Da un lato, tre ragazzi cresciuti in cui la polizia è il nemico per definizione  che infrangono le regole del traffico e innescano un inseguimento che finisce in tragedia.

    Dall’altro poliziotti stremati dallo stato di guerra del ghetto in cui quasi tutti sono armati senza il diritto di esserlo, e sparano senza pensarci due volte.


    COSA:

    Un poliziotto spara e un ragazzino muore a un’età in cui non è accettabile morire.

    Ma siamo nello stesso quartiere in cui nel 2016 un poliziotto è stato quasi arso vivo da bombe molotov, tirate da un gruppo di ragazzini della stessa età, dentro i finestrini aperti della volante di polizia che pattugliava il loro quartiere.

    Episodio questo, che determinò l’ampliamento delle circostanze in cui la polizia può sparare a uomo previste nell’articolo 435-1  del codice penale francese.

    Una di esse, è il rifiuto a scendere dall’auto in un posto di blocco.

    PERCHÉ:

    Perché le politiche di immigrazione dei governi europei sono una follia.

    Perché consentiamo a orde di disperati di riversarsi come fiumi in piena nei sobborghi delle città senza che esistano né gli strumenti né la volontà politica di occuparsi davvero del loro destino.

    Perché i disperati non hanno nulla da perdere, e delle nostre strade pulite, dei nostri bambini biondi, delle nostre regole e dei poliziotti che le dovrebbero garantire non gliene può fregare di meno e, vista dal loro punto di vista, ammettiamolo, perché dovrebbe importargliene.

    Perché nei paesi dai quali vengono una vita che cade non fa nessun rumore, la polizia per spararti non ha bisogno di nessun motivo e in Europa  invece, uno straniero sparato scatena un inferno.

    Un inferno utile a far valere ragioni giuste e ragioni sbagliate.

    QUANDO:

    In questa particolare circostanza il quando è molto importante.

    La morte di un ragazzino di 17 anni che poteva non guidare nella corsia dei bus, poteva fermarsi all’alt e mostrare la patente per poi pagare una multa, poteva scendere dalla macchina e rispondere della responsabilità di aver scatenato un inseguimento con la polizia mettendo a rischio la vita dei passanti. 

    Poteva infine, farsi un paio di mesi di galera per resistenza a pubblico ufficiale, ma non l’ha fatto, capita in un momento utilissimo ai due fronti opposti, bisognosi entrambi di una scusa per far valere “altre ragioni”.

    Le altre ragioni delle comunità di extracomunitari dei ghetti, sono sempre quelle.

    Avere più diritti che doveri.

    Quello cui puntano è comportarsi come se venire da paesi in cui si soffre, si muore, si sparisce nelle galere senza clamore desse loro, nei paesi in cui si rifugiano, uno status privilegiato rispetto a chi si spacca la schiena studiando e lavorando, paga le tasse, e finisce il mese contando gli spiccioli al supermercato prima di passare alla cassa.

    Le ragioni dei governi europei in questo momento sono quelle di chi, in ogni modo e con ogni mezzo si prefigge di soffocare la democrazia.

    Pertanto, la sola proposta lucida emersa dal governo Macrón a seguito della morte del ragazzino, è usare come alibi questa disgrazia per applicare finalmente il bavaglio alla libertà di stampa come se il problema non fosse che questa cosa è successa, ma piuttosto che si sia saputo in giro.

    Se la notizia non fosse andata in giro dunque, il ragazzino sarebbe tornato da sua madre?

    I suoi coetanei avrebbero un futuro migliore di quello che hanno?

    Il suo quartiere non sarebbe un inferno per vivi?

    I poliziotti sarebbero meglio pagati, attrezzati, addestrati, a gestire città allo sbando in stato di guerra?

    La legge sulla soppressione della libertà di espressione e informazione è il singhiozzo della nostra epoca, torna su, torna giù torna su, torna giù….

    Stanno cercando da tempo uno spiraglio qualsiasi per giustificarla e legare la penna alla ben poca informazione libera rimasta, con un motivo che possa sembrare plausibile.

    Che camuffi meglio possible il progetto di assassinare la democrazia.

    Come farsi scappare un‘occasione cosí?

    Se non fosse girato il video, non ci sarebbe la Francia in piazza, dicono.

    Ma non è l’ennesima menzogna di Stato.

    Le rivolte localizzate e specifiche delle comunità di extracomunitari si sono trasformate in un oceano di gente di ogni tipo, estrazione sociale e credo politico alla notizia della proposta di dare il colpo di grazia alla libertà di stampa.

    L’oceano di francesi che rappresentano semplicemente la Francia schierata compatta contro una ciurma di ciambellani pronti a sparare a uomo sulla democrazia, è il terzo fronte di questa partita.

    Il fronte di quelli che si spaccano la schiena studiando, lavorando e pagando le tasse per mantenere sia i politici che i magrebini dei ghetti.

    Ma di quelle ragioni, fateci caso, non sta parlando nessuno.

    Ai politici francesi delle condizioni disperate dei ghetti che portano persone giovanissime a diventare il bersaglio di poliziotti esasperati dall’impotenza e dal troppo lavoro, non importa assolutamente niente.

    Faranno morire il giovane magrebino nei telegiornali, tutte le volte necessarie per far passare una legge che consenta di mettere sotto controllo del governo tutti i computer e i telefoni dei giornalisti, indipendenti e no.

    Una legge che propone di legalizzare i trojan (virus spia) così da poter  bruciare le notizie ancora prima che possano essere diffuse e far decidere ai censori del governo molto di più di cosa può  o non può essere detto.

    Bruciando le notizie prima ancora che escano dalla penna dei giornalisti, il Governo non si limiterà a sanzionare il racconto della realtà, potrà consegnare alla non esistenza tutta quella parte della realtà che contraddice la verità di regime.

    Per chi avesse voglia di capire di cosa parliamo, parliamo della riforma  dell‘European Freedon act, è una proposta in corso di discussione in questi giorni.

    Una proposta che, se passasse, renderebbe fare un passo indietro e tornare verso un mondo libero, molto molto difficile.

    In quel mondo, non salveremo la vita a questo ragazzino e nemmeno a tutti quelli come lui, semplicemente, la polizia potrebbe sparare a lui o a uno qualunque di noi, ma ci aiuterebbero a vivere tranquilli esattamente come se non fosse accaduto, perché accadrebbe, eccome, ma nessuno potrebbe più dirlo a nessuno.

    Claudia Maria Sini

     

     

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