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    Petrus Gonsalvus, il Guancio che ispirò “La Bella e la Bestia”

    Ritratto della figlia Antonietta Gonsalvus,
    opera di Lavinia Fontana, 1583

    Nacque nel 1537 a Tenerife; citato dal naturalista italiano Ulisse Aldrovandi come “l’uomo dei boschi” è divenuto famoso per essere stato affetto da ipertricosi congenita generalizzata, volgarmente nota come sindrome del lupo mannaro: in pratica si tratta di un eccesso di crescita di peli folti lungo l’intero corpo.

    A dieci anni fu portato in Francia, alla corte di Enrico II, dove rimase per 44 anni.

    Apprese le discipline umanistiche e la lingua latina.

    Gli fu concesso di utilizzare l’appellativo onorifico “don”, essendo discendente di un re Guanci.

    Nel 1573 sposò un’avvenente damigella d’onore della regina Caterina de’ Medici, dalla quale ebbe sei figli, quattro dei quali affetti da ipertricosi.

    Dopo il 1580 per vicende politiche varie, furono costretti a recarsi in Italia, dove soggiornarono alla corte di Margherita di Parma.

    Si stabilirono in seguito a Capodimonte, sul lago di Bolsena, dove Petrus morì nel 1618.

    Petrus Gonsalvus Castello di Ambras,
    Innsbruck, Tirolo

    Si ritiene che il matrimonio di Petrus Gonsalvus con la damigella Catherine abbia ispirato la fiaba La bella e la bestia.


    In varie parti d’Europa si conservano ritratti della famiglia, come a Blois dove c’è un dipinto della figlia di Don Pedro. In Austria si trovano quattro dipinti in cui Petrus Gonsalvus è ritratto con molti dei suoi figli.

    Citando le cronache dell’epoca, fece la sua comparsa in Europa all’interno di una gabbia, portato in dono al matrimonio del re di Francia Enrico II con Caterina dei Medici, dopo essere stato catturato a Tenerife e faceva parte dell’etnia aristocratica dei “mencey” Guanci.

    L’arrivo del “selvaggio” alla corte di Francia fece rapidamente il giro del continente, il re decise di educare questo “singolare” essere umano come un cortigiano, così in poco tempo Pedro divenne colto, educato e sensibile.

    Caterina gli scelse come sposa la bella Catherine Raffelin, sua damigella d’onore.

    Questa, non appena vide il suo futuro sposo, svenne immediatamente, ma poco alla volta l’unione tra i due, all’inizio destinata a essere infelice, si rivelerà invece fruttuosa.

    La donna imparò ad apprezzare la personalità dell’uomo e fu conquistata dalla sua dolcezza e cultura.

    Petrus era dotato di una corporatura imponente, caratteristica dei guanchi di Tenerife, di carnagione chiara e capelli biondi.

    Petrus Gonsalvus e Catherine

    I membri della famiglia Gonsalvus furono studiati dall’italiano Ulisse Aldrovandi, un appassionato naturalista dell’epoca, che pubblicò le loro immagini su uno dei suoi volumetti dal titolo “De Monstris”, dove il termine “monstrum” aveva una connotazione positiva rispetto a oggi, perché era usato per intendere semplicemente qualcosa fuori dall’ordinario e di eccezionale, portentoso.

    Nel 1618 Gonsalvus morì all’età di ottantuno anni lontano dai clamori delle Corti reali e lasciando vedova Catherine dopo oltre 40 anni di vita insieme, felice nonostante il suo aspetto fuori dal normale.

    Storie della sua vita si trovano tra l’altro nell’Archivio Vaticano e in archivi di Roma e Napoli.

    Petrus Gonsalvus, Camera dell’arte e delle curiosità, Castello di Ambras, Innsbruck, Tirolo

    Secondo alcune fonti la progenie di Petrus si stabilì in Abruzzo sviluppando un fiorire di leggende su strani esseri che popolavano i boschi e che erano simili a persone affette da ipertricosi, facendo nascere il mito del selvaggio che sembrerebbe essere metà umano e metà animale.

    Pedro Gonzales scrisse un giorno: ”Io nacqui di nobili origini in Tenerife, è inutile che continuiate a chiamarmi selvaggio, sono molto più colto ed istruito della maggior parte di voi messi assieme, ho una bellissima moglie e una numerosa famiglia che mi ha dato delle grandi soddisfazioni nella vita.

    Ho avuto rapporti di vera amicizia con re, e nobili, ma ho odiato gli sguardi curiosi e indagatori di medici o di semplici curiosi, ho odiato il mio soprannome di peloso, ma sono fiero delle mie origini canarie.

    Ho avuto tutto quello che un uomo può voler dalla vita e non mi pento di nulla di ciò che fatto.

    Solo una cosa volevo: DIGNITA!”

    Andrea Maino

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