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    Incontri di un vecchio tipo nella mia libreria: Montanelli e Pasolini

    Chi ama leggere, di solito, ama  giocare con i propri libri come con le costruzioni Lego, cambiarne la disposizione e il criterio di associazione di tanto in tanto.

    Durante l’ultimo stravolgimento della mia libreria non ho potuto evitare di notare Pasolini e Montanelli uno accanto all’altro.

    Cosa li accomunava?

    Un bruttissimo carattere, il piacere di creare scompiglio con opinioni radicali, l’esibizione di posizioni sessuali discutibili sebbene per motivi diversi, li accomunava l’autorevolezza di due intelligenze fuori discussione poggiate su basi culturali gigantesche eppure opposte.

    Al netto della retorica sul maggiore spessore delle figure di riferimento del mondo culturale degli anni ’60, ’70, ciò che veramente impressiona è pensare che esistesse uno spazio pubblico contemporaneamente disponibile per due uomini così  d  i  v  e r s  i .

    Valeva per il giornalismo come per la canzone d’autore o il teatro: la cultura era  frutto della sperimentazione.

    Montanelli e Pasolini, così come Fellini e De Sica, Battisti e Bennato, Almirante e Berlinguer, rispondevano all’imperativo di confrontarsi con il mondo reale e farsi carico fino in fondo di una posizione personale e, pur rappresentando posizioni opposte, avevano tutti lo spazio per un confronto, potevano creare cultura.

    Pasolini accusava una società a suo avviso clerico fascista – in cui la Chiesa faceva il lavoro dello Stato – di tacciare di “culturame” tutto ciò che esulava dalla cultura ufficiale.

    Credo che se fosse vivo spezzerebbe una lancia in favore del livello di libertà del mondo culturale italiano di cui è stato parte, che ce lo ha recapitato, con tutto il suo stridente anticonformismo,  fra le voci autorevoli del suo tempo.


    Montanelli, cultore dell’analisi e dello spirito critico, oggi inorridirebbe per uno Stato che è diventato una Chiesa e del peggior tipo.

    Superstiziosa, autoreferenziale che rivuole pecorelle ignoranti e influenzabili da guidare a piacere e livella verso il basso il lavoro dei responsabili dell’informazione con il preciso scopo di spegnere la sperimentazione e, con la sperimentazione, la diversità.

    Quello che oggi è impensabile trovare è appunto il diritto allo sviluppo e lo spazio di espressione di intelligenze diverse e originali.

    Con ampio contributo della scia televisiva di Costanzo e la De Filippi, la banalità ha guadagnato la scena.

    I periodici flettono il linguaggio verso la trivialità del litigio, si vuotano di dati e di fatti lasciando posto agli aggettivi altisonanti un tempo relegati nei giornali di gossip a basso costo.

    Insieme a Montanelli e Pasolini, il Corriere e Repubblica semplicemente, non esistono più.

    Non come voci autorevoli uguali e contrarie in grado di leggere il mondo da punti di vista opposti.

    Il Corriere dedica una pagina al compleanno di un calciatore il giorno in cui muore un eminente ricercatore, Repubblica grida al disastro per il furto delle scarpe dell’ex moglie di un altro calciatore nel giorno in cui civili muoiono sotto le bombe.

    Oscilliamo fra la servile aggressività delle Gruber e delle Merlino o dei Vespa e la piattezza dei Fazio e dei Cattelan.

    I volti che non soccombono all’ostracismo e alla censura sono qualcosa di più che buoni o cattivi.

    Sono uniformi.

    E’ venuto meno l’effetto sorpresa dei focolai di idee, dei forum, dei cenacoli, dei gruppi di studio.

    Nel ribaltamento a 180 gradi del funzionamento della produzione di contenuti, ormai si parte dalla fine del processo e si risale a ritroso per fornirgli una qualche attendibile radice.

    Le case discografiche salvano dall’anonimato il ragazzino che meglio può essere trasformato in prodotto e lo producono.

    Le case editrici riscrivono di sana pianta i manoscritti e ne fanno bestseller senza nessuna connessione con il mondo interiore dell’autore.

    I telegiornali e i giornali chiamano linea editoriale il divieto assoluto di pensare.

    I social impediscono di guadagnare dalle visualizzazioni ai Blogger i cui contenuti “non sono adatti a tutti” senza nemmeno il dovere di spiegare perché non lo siano, si limitano a non pagare chi non vogliono pagare e punto.

    Cosa è venuto a mancare in tutto questo?

    Lo spazio d’espressione per il genio e l’innovazione.

    Il confronto libero.

    La mera ipotesi di restare sorpresi.

    La provocazione di velleitari come lo furono Pasolini e Montanelli, utile a produrre reazioni vivaci, dibattiti, confronti, discepoli e detrattori.

    Quindi, dopo breve riflessione, ho lasciato i due libri esattamente dove erano nella mia libreria, mi piace che stiano lì uno accanto all’altro.

    La mia protesta impercettibile, la mia speranza piccola come la luce di una lucciola, che possano tornare i tempi del grande dibattito, delle grandi teorie, delle grandi persone.

    Claudia Maria Sini

     

     

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