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    Le sette vite di Rambla de Castro

    Le sette vite di Rambla de Castro
    Modello del progetto “Tropicana Playa”. Rivista Costa Canaria (1972)

    Questo luogo sulla costa di Los Realejos è sopravvissuto alla siccità, agli atti di vandalismo, alla demolizione di progetti urbanistici, all’agente 007 in persona e alla negligenza delle autorità.

    Da quando è stata dichiarata area protetta nel 1987, ci sono stati molti progetti per il recupero della Rambla de Castro, sulla costa di Los Realejos, che per decenni è stata l’oggetto del desiderio dei promotori turistici, ed è sopravvissuta alla siccità, agli atti di vandalismo, alla demolizione di progetti urbanistici e all’apatia delle amministrazioni.

    L’annuncio dell’interesse del Cabildo e del Municipio di Los Realejos a salvare il progetto di restauro della villa con l’intenzione di creare un centro visitatori per il sito, dopo più di dieci anni di sonno dei giusti, è un’ottima notizia, e si spera che sia l’ultimo capitolo di una lunga telenovela che valorizzi una volta per tutte questo gioiello della natura delle isole.

    Ho dedicato più di 10 anni della mia vita alla divulgazione di quest’area protetta, a partire dal 1985, quando sono scomparsi due dei cinque cannoni che costituivano la feritoia del forte di San Fernando, una piccola fortezza difensiva che proteggeva la costa da pirati e corsari.

    In quegli anni, un gruppo di esperti stava lavorando a una bozza di quello che sarebbe diventato il Catalogo degli spazi naturali protetti, e la Rambla de Castro non era inclusa in quei primi piani.

    Era necessario trovare il tempo per indagare in tutti gli archivi possibili, affinché i canari fossero consapevoli di ciò che avevamo e di ciò che potevamo perdere.

    Ne sono scaturiti quasi un centinaio di articoli di giornale, quelli necessari per far conoscere, amare e proteggere la Rambla de Castro.

    Tra i numerosi beneficiari delle prime distribuzioni di terre dopo la conquista di Tenerife c’era il portoghese Hernando de Castro, che nel 1501 ricevette undici fanegas di terra non irrigata in località La Rambla, dove fondò la sua tenuta e dove si dice siano stati piantati i primi vigneti di Tenerife.

    Nel corso dei secoli, i viaggiatori europei sono passati di qui e hanno registrato la sua bellezza.


    A Sabino Berthelot ricordava i giardini di Armida, senza la necessità della mano dell’uomo, e per il belga Jules Leclercq la sua flora era paragonabile a quella vista a Rio de Janeiro e le sue abbondanti grotte gli facevano sognare l’isola di Calipso.

    Artisti del calibro di J.J. Williams e Marianne North ne hanno catturato il fascino nei loro taccuini e nelle loro tele, e fotografi come Marcos Baeza e Jordao da Luz Perestrello, di Madeira, l’hanno ritratta e hanno pubblicato le loro prime cartoline quando il XX secolo ha visto la sua prima luce.

    La Rambla de Castro ha vissuto il suo periodo più glorioso, quando la famiglia Betancourt y Molina acquistò il Mayorazgo tra il XVIII e il XIX secolo, e il suo peggior incubo all’inizio degli anni Settanta, con l’avvio di un progetto di sviluppo urbano eccessivo che ha strappato lo spazio naturale in modo quasi irreparabile.

    Anche il Loro Parque, in un momento in cui il suo recinto era minacciato dall’ampliamento della strada di Punta Brava, aveva annunciato il trasferimento delle sue strutture a Rambla de Castro.

    Il 15 novembre 1972, due società immobiliari si presentarono al Municipio di Los Realejos dichiarando di aver acquisito la proprietà situata in questo comune chiamata Rambla de Castro, e tutte le sue destinazioni d’uso, tra cui il progetto dell’omonimo Piano Parziale.

    Il terreno di 104.201 metri è stato suddiviso in tre grandi settori: un’area verde con un hotel arroccato sulle scogliere con una superficie di 47.000 metri quadrati, con due campi da tennis e piscine, che comprende anche la casa padronale e un corso d’acqua con abbondanti palme e una rete di sentieri.

    Il secondo dei lotti sarebbe stato dedicato agli appartamenti e occuperebbe un’area di 25.000 metri quadrati situata a nord-est del lotto, vicino al mare.

    Poiché il terreno è in pendenza, la costruzione sfalsata sarebbe un vero e proprio belvedere sul mare, mentre un terzo sarebbe dedicato ai bungalow e si troverebbe sulle terrazze dedicate alla coltivazione dei banani.

    Questo e altri progetti turistici si sono fermati soprattutto a causa della crisi petrolifera mondiale del 1973. (NdR: per fortuna!)

    Una guerra breve, quella dello Yom Kippur, durata solo tre settimane, ha scatenato una delle più grandi crisi economiche ed energetiche del XX secolo.

    A metà degli anni Ottanta, i proprietari dei terreni hanno ripreso il progetto di urbanizzazione.

    Inizialmente si parlava di un albergo con 600 posti letto e successivamente, a causa dell’allarme sociale provocato da questa azione, della costruzione di palazzine aperte in due zone della scogliera.

    Alla fine del 1992, è stato firmato un accordo urbanistico tra il Comune e i proprietari, in base al quale gran parte della proprietà, circa 80.000 metri quadrati tra cui il maniero, il forte e le sorgenti d’acqua, è stata ceduta al Comune in cambio dell’inserimento nell’allora Regolamento Urbanistico Sussidiario delle condizioni urbanistiche necessarie per la costruzione di un albergo.

    In questa zona sono state girate numerose sequenze cinematografiche, tra cui la prima versione di Moby Dick, Agente 007 e, a metà degli anni Venti, El ladrón de los guantes blancos, di José González Rivero e Romualdo García de Paredes, considerato il primo lungometraggio delle Isole Canarie.

    Tradotto da Isidro Felipe Acosta

     

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