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    Il caviale? Una storia italiana, anzi oggi è veneta

    Tutti pensano che sia una specialità tipicamente russa, ma lì iniziò a diffondersi soltanto nel XVIII secolo: in realtà il caviale nasce in Italia!

    Lo abbiamo inventato noi, era una delle specialità più ambite nelle corti rinascimentali e, già nel 1471, ne parlava Bartolomeo Sacchi (detto il Plàtina, umanista e gastronomo italiano, 1421 – 1481).

    Quando descriveva “uova di storione condite, salate, prendono il nome di caviare”.

    A Ferrara, in particolare, Cristoforo di Messisbugo nel suo “Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivanda” (1557) descriveva nel dettaglio la ricetta del “caviaro per mangiare, fresco, o per salvare” (ossia per la conservazione).

    La particolarità di questo prelibato caviale, che lo rende differente da tutti gli altri, era di essere cotto.

    Finita quell’epoca, il caviale tornò nell’ombra per molti secoli, fino a quando nel 1930 aprì a Ferrara la “rosticceria della Nuta”, al secolo Benvenuta Ascoli, signora di origini ebraiche, che aveva imparato i segreti della lavorazione dello storione e del celebre caviale dal padre, che riforniva di delicatezze il ghetto.

    A quei tempi lo storione Beluga imperiale era ancora abbondante nel Po, con esemplari di oltre 200 kg e con 25 kg di uova: il caviale della Nuta veniva venduto anche in Svizzera ed era considerato superiore a quello del Caspio.

    Tilde Bianconi, che rilevò il negozio nel Dopoguerra, in una rara testimonianza riportata dal portale turistico “Ferrara terra e acqua” descrive così il procedimento per creare il famoso caviale.


    “Lo storione si pescava nel Po e mi portavano le ovaie, che pesavano anche 10-12 kg.

    Staccavamo le uova dalla membrana e le mettevamo in una cassa di noce, foderata esternamente di amianto, condite con sale e pepe forte.

    Facevano un po’ d’acqua, per cui le mettevamo a cuocere nel forno, a fuoco bassissimo e mescolando continuamente, perché evaporasse tutto il liquido.

    Alla fine si aggiungeva abbondante olio e si versava il caviale in una bacinella, a raffreddare.

    Il negozio rimase aperto fino al 1972, ma nel frattempo il beluga sul Po era scomparso.

    La ricetta, tuttavia è oggi mantenuta viva da un allevamento trevigiano.

    La famiglia Bresciani, nel settore ittico da quattro generazioni, nel 1963 ha avviato quest’azienda agricola di allevamento di pesci d’acqua dolce, su di un’area all’interno del Parco Naturale Regionale del Fiume Sile, in prossimità delle sorgenti del fiume stesso.

    (Dati storici: lacucinaitaliana)

     

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