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    L’Abeja negra canaria, una indigena piccola e preziosa

    La Abeja negra “canaria” come molte specialità isolane non è esattamente una specie autoctona, si tratta in realtà di un incrocio fra due specie di api, una spagnola e una portoghese.

    Molto piccola e considerata meno aggressiva ma non meno velenosa dell’Abeja negra di origine tedesca che è in compenso così aggressiva che molti apicoltori preferiscono non allevarla.

    Il Gobierno de Canaria ha avviato un importante progetto di protezione e sviluppo della specie, in pericolo di estinzione come molte sue consorelle e alcuni studiosi si stanno operando persino per tradurre il linguaggio “ballato” con cui le api esploratrici raccontano alle consorelle dove si trovano le zone di migliore fioritura.

    In virtù di questa impostazione, gli apicoltori canari dal 2021 ricevono sovvenzioni destinati al settore dell’allevamento, sia per creare le strutture che per istruire gli operatori, oltre alle sovvenzioni specifiche per il settore agroalimentare legate alla produzione del miele

    Una parte degli allevamenti si trova nei boschi di Anaga, dove le api imparano a vivere nel modo più naturale, solo monitorate dagli studiosi che cercano di tenerle lontane dalle specie non autoctone che tendono, incrociandosi, a rendere la specie più aggressiva, più debole e meno produttiva.

    A sud dell’isola invece, una cooperativa canaria in collaborazione con una cooperativa agricola, garantisce alle api, frutti di bosco, ciliegie, fiori e piante aromatiche perché possano produrre miele di alta qualità durante tutto l’anno.

    Lo scopo principale tuttavia, non è sfruttare il lavoro delle piccole operaie a scopo commerciale ma salvaguardare una specie la cui utilità va molto oltre la produzione del miele.

    Le proteggono da rumori, vibrazioni e temperatura inadatte alla riproduzione e moltiplicazione della specie, creando alveari grandi come capannoni industriali ma anche piccole unità sparse in mezzo ai fiori.


    Vengono costruiti con materiali sperimentali che derivano dall’industria della refrigerazione, che supportano le naturali qualità del legno integrandole giacché bloccano tanto il calore quanto il rumore, persino quello della pioggia, per dare alla regina e le sue larve la migliore condizione di vita possibile.

    In mezzo a tanti uomini onnipotenti e infelici, dedichiamo ogni tanto un momento di attenzione a quelle belle persone che in silenzio, fuori dai riflettori, si rimboccano le maniche per fare qualcosa di bello e utile hic et nunc, qui e ora.

    Claudia Maria Sini

     

     

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