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    TOTÒ, il solerte commissario Saracino

    Un pappagallo può diventare testimone di un crimine non ancora commesso?

    Parlo del film Totò contro i quattro, con l’eccellente musica jazz di Gianni Ferrio.

    È una mattina tranquilla nel commissariato rionale, ma tranquilla è un modo di dire, c’è l’usciere balbuziente Papalardo di fresca nomina, a ricevere le istruzioni del Brigadiere Di Sabato.

    Dopo arriva il solerte commissario Saracino, interpretato da Totò, di pessimo umore.

    Infatti gli hanno rubato la macchina.

    Prima di tutto Saracino si occupa col suo brigadiere delle novità del giorno in commissariato.

    Poi parla tremando con Papalardo, proteggendosi dell’annaffiata del balbuziente.

    Il commissario dice al brigadiere che gli faccia la cortesia di non lasciarlo parlare.


    Nonostante tutto, per me Papalardo è un simpaticone.

    Ma accidenti, adesso viene all’improvviso l’agitato cavaliere Alfredo Fiore, interpretato da Peppino De Filippo! Porta in mano una gabbia e urla “Questore, Questore”.

    Quando l’usciere gli dice che deve parlare col brigadiere Di Sabato, il confuso cavaliere gli domanda se non ci sia un brigadiere che faccia il lunedì!

    Vuole denunciare che sua moglie e l’amante vogliono ammazzarlo.

    Ma il fatto bizzarro è che il testimone chiave è il suo fedele pappagallo Gennarino, che l’ha accompagnato di persona, viaggiando dentro una gabbia.

    Il benedetto parrocchetto dice: “ti fanno fuori, ti fanno fuori”.

    Quest’uomo tradito, per non dire cornuto, racconta al commissario che ha dovuto comprarlo dal veterinario, amante di sua moglie.

    La moglie-strega del cavaliere si è fatta regalare da lui diversi animali, come banale scusa per vedersi col suo amante.

    Che confusione, il Nostro parla col cavaliere di “banana” al posto di “banale”!

    Secondo la legge di Murphy le cose possono sempre andare peggio.

    Infatti l’umore del commissario continua a peggiorare al ritmo della paradossale conversazione.

    Con tante urla tra lui e il cavaliere ammanettato… anche se il brigadiere non gli ha messo le manette! 

    Digressione: non mi piace per niente La legge di Murphy, non è per persone coraggiose e la vita esige coraggio.

    I film di Totò sono delle commedie degli equivoci, con colpi ed urla, il cosiddetto slapstick.

    Pensiamo al povero Peppino che inciampa con le cose, oppure subisce i colpi involontari del Nostro.

    Creatore di molte indimenticabili battute, Totò è anche il maestro dell’assurdo.

    Che dire di questo poliglotta quando parla l’inglese e il latino con le donne?

    È tutto un Don Giovanni!

    Ed anche un galantuomo con un poliziotto a Milano con il quale, credendolo austriaco, parla in un tedesco inventato.

    Anche se i film di Totò non sono un pamphlet, lui è un testimone intelligente della sua epoca.

    Nel film Totò, Peppino e…la dolce vita il Nostro fa un ritratto della società romana negli anni ’60, mostrandoci la vita dissipata di alcune persone.

    In oscuri luoghi di dubbia reputazione, tra l’alcool e le droghe, vediamo la decadenza degli ex nobili.

    Loro vivono in un’apparenza che ricorda i tempi passati, ma sono invece senza soldi e quasi morti di fame.

    Che dire della meschinità della baronessa che non esita a mangiare gli spaghetti offerti dal Nostro, un povero posteggiatore abusivo?

    Prima di andarsene a pranzo!

    Il viso di rassegnazione di Totò è commovente.

    La sua povertà risveglia la mia tenerezza, quando Totò fa il caffè con una strana caffettiera fatta con un secchio e un annaffiatoio!

    Questa è una frase di Totò, senza vergogna vi racconto che l’ho sperimentata di persona: “Io so a memoria la miseria, e la miseria è il copione della vera comicità.

    Non si può far ridere se non si conoscono bene il dolore, la fame, il freddo, l’amore senza speranza…e la vergogna dei pantaloni sfondati, il desiderio di un caffellatte, la prepotenza esosa degli impresari…insomma non si può essere un vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita”.

    Credo che questo ritratto sociale di Roma, con un certo senso di disperazione, potrebbe essere un bel prequel della scena finale del film Mediterraneo di Gabriele Salvatores, del 1991.

    Diego Abatantuono nei panni del sergente Lorusso, credeva che il dopoguerra fosse un buon momento per ripartire da zero e costruire una nuova Italia.

    Ma nella scena finale, deluso, dice: “non si viveva così bene in Italia… non ci hanno lasciato cambiare niente, allora gli ho detto avete vinto voi, ma almeno non riuscirete a considerarmi vostro complice.

    Così gli ho detto e sono venuto qui.”

    Qui è Kastellorizo, un’isoletta greca.

    Ricordiamo che gli anni ’50 e ’60 sono stati gli anni del cosiddetto boom economico.

    Però la generazione degli anni ’90, sapeva che le cose non andavano bene in Italia.

    Infatti erano sparite le ingenue utopie di un mondo migliore, sostituite da un futuro incerto da costruire.

    Nel suo film Salvatores cita Henri Laborit: “In tempi come questi la fuga è l’unico mezzo per mantenersi vivo e continuare a sognare”.

    Questo senso di disperazione si ripete, come la maledizione di Tuthankamon. 

    Si presenta ogni 30 anni: 1960, 1990, 2021!

    Oggi in molti sentiamo la voglia di scappare da questo mondo scombinato, dove in nome del politicamente corretto si fa finta che tutto vada bene.

    Fortunatamente possiamo scappare verso il nostro Totò, per riprendere fiato e riuscire a vivere in questo mondo assurdo.

    Su facebook qualcuno lo ha spiegato meglio di me: “Semplicemente Eterno! L’espressione di un’italianità che non muterà mai, nonostante il progresso, la globalizzazione, l’era digitale…

    Un vero italiano sarà sempre un po’ Totò dentro di sé!”.

    Se l’ultimo mattatore è stato Gigi Proietti mi sembra che il penultimo sia stato Totò.

    Quanto mi piace vedere il Nostro quando allegramente dice “Ahhh siii…”

    Tutti ti vogliamo bene Principe Antonio De Curtis!

    Totò è diventato il mio professore poiché mi ha insegnato a ridere di me stesso, cioè ho riso ma ho anche imparato lezioni di vita.

    Questo professore non ha avuto nessuna necessità di dire parolacce oppure mostrare donne nude.

    Il suo è un umorismo intelligente, non occorre essere laureato per capirlo.

    C’è bisogno di spiegare che guardo un film per crescere come essere umano e non per mangiare il pop corn al cinema?

    Ed anche che sono un uomo singolare con due compleanni, il secondo dopo il mio sequestro.

    Con mio padre Maigret, mio zio Catarella e il mio secondo padre Giuseppe Dosi.

    A proposito io tengo molto all’argomento dell’educazione, infatti ho dato lezioni ai bimbi e agli adulti.

    Per questo penso che sia una buona cosa far vedere i film di Totò al Liceo per insegnare dei valori umani agli alunni.

    Quelli che dovrebbero essergli insegnati dai loro genitori.

    di Commissario Steneri

    Ps.: A febbraio vi presenterò Giuseppe Dosi, l’orgoglio della Polizia di Stato e capo dell’Interpol Italiana.

    Come vediamo nella foto, Totò non esita a travestirsi per risolvere un caso.

    Anche Dosi è stato un poliziotto in gamba, capace di travestirsi ed infiltrarsi tra i delinquenti.

    Pps: Ho trovato un bel sito sul cinema chiamato Nientepopcorn.

     

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