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    La burocrazia forse ha funzionato…

    Il groviglio burocratico intrappola oltre il 30% delle aziende zootecniche delle Isole Canarie in un limbo legale.

    Nell’Arcipelago ci sono più di 1.000 presunte aziende agricole e ci vuole in media un anno perché i professionisti del settore raggiungano la certezza del diritto per garantire la loro attività.

    Un nuovo decreto apre la porta per sbloccare il disordine amministrativo.

    Nelle Isole Canarie ci sono 3.314 allevamenti di bestiame e oltre il 30% è in attesa di legalizzazione.

    I proprietari di queste aziende agricole si trovano ad affrontare un contesto di incertezza giuridica per garantire la loro attività e, a loro volta, per poter intraprendere riforme nei loro allevamenti o per richiedere sovvenzioni.

    Raggiungere la regolarizzazione è un intricato percorso di burocrazia che i governi delle Canarie hanno cercato di dipanare.

    In considerazione della situazione generata dalla pandemia in un sottosettore che ha richiesto aiuti urgenti al momento della chiusura dei canali di vendita, la Giunta regionale ha approvato un decreto legge che è entrato in vigore a settembre, per accelerare le procedure e contribuire a legalizzare la situazione del 40% degli allevamenti.

    Il Coordinatore delle Organizzazioni degli Agricoltori e degli Allevatori (COAG) ha chiesto che, approfittando di questo nuovo quadro normativo, siano incluse varie modifiche per contribuire a rendere le procedure ancora più flessibili, in modo da poter regolarizzare l’80% delle aziende agricole.


    L’organizzazione riconosce lo stato di avanzamento di questo decreto, che consente la legalizzazione delle aziende zootecniche aperte prima del 2009 – quando è entrata in vigore la legge 6/2009 sulle misure urgenti di gestione del territorio – senza i corrispondenti titoli amministrativi.

    Inoltre, stabilisce termini massimi per abbreviare le procedure in modo da non essere “eterne”.

    Un agricoltore che volesse aprire un’azienda agricola in un particolare comune dell’isola “dovrebbe guardare alla pianificazione dell’Azienda, alla pianificazione territoriale della città e sposarla con le normative regionali e settoriali di carattere europeo”.

    Pertanto, si è chiesto che invece di dover aspettare ad aprire o regolarizzare per avere l’autorizzazione preventiva, questa diventi una comunicazione in buona fede.

    Fino ad oggi, e secondo le procedure più frequenti e omogenee in considerazione della diversità delle situazioni che possono verificarsi, un agricoltore che voglia regolarizzare la sua azienda agricola deve superare la barriera della registrazione della sua azienda presso il Governo delle Canarie e la Direzione Generale del sottosettore.

    Deve anche andare al suo consiglio comunale per ottenere una licenza edilizia e di attività.

    Se, inoltre, l’azienda si trova su terreni che sono stati dichiarati Zona Naturale Protetta, è necessario attendere una relazione dell’ente ambientale competente sulla compatibilità d’uso nel territorio.

    Tutto questo avrebbe potuto prolungare il processo di più di due anni, ma dal 2014 in poi il processo è stato accelerato e il periodo è stato ridotto a un periodo compreso tra i sei e i dodici mesi.

    Questo vale per le procedure più frequenti e simili, ma il processo complesso varia a seconda dell’appezzamento di terreno su cui si trova l’azienda agricola, che può essere agricolo, terreno comune, protezione del paesaggio, protezione naturale o anche terreno urbano.

    Questo è uno dei principali fattori di condizionamento per lo svolgimento di un’attività che il cemento ha consumato impunemente divorando terreni dove tradizionalmente esisteva il bestiame.

    Quello che è successo con le tenute agricole è che la terra ha cambiato la sua categoria ed è stata dichiarata come terra da sviluppare.

    A questo proposito, si ritiene prioritario chiarire e rafforzare il significato dell’attività complementare che può essere svolta dagli agricoltori, come la vendita, la trasformazione o la commercializzazione “indipendentemente dal tipo di terreno in cui si trova la loro azienda agricola”.

    Il nuovo decreto consente l’installazione di energie rinnovabili sui tetti delle aziende agricole senza limitazioni, cioè “l’intera azienda agricola può essere riempita di pannelli solari”, spiega López.

    Il COAG sottolinea inoltre i limiti esistenti per lo sviluppo dell’allevamento e dell’attività agricola in quelli catalogati come terreni rustici per la protezione del paesaggio, “che attualmente rappresentano il 12,17% del sistema agricolo” e che non sono interessati dalle Aree Naturali Protette o dalla Rete Natura 2000.

    A suo parere, il fatto di non poter coltivare o pascolare in queste zone “si scontra con il fatto che, in molte di esse, il loro valore paesaggistico si basa sull’attività agricola stessa”, come nel caso, ad esempio, dei “vigneti”, cosa che potrebbe essere consentita stabilendo con il decreto modifiche alla legge fondiaria.

    Ugo Marchiotto

     

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