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    “La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza”.

    Sono i tre slogan del Partito Unico nel libro “1984” di Orwell.

    In pratica, un mondo alla rovescia.

    In questi ultimi giorni ho letto su varie bacheche qui, in questa piazza virtuale, commenti davvero allucinanti: si demonizza il diritto alla difesa, in ogni senso, culturale, identitario, fisico, si esaltano i paletti imposti nei criteri dei film per poter concorrere all’Oscar (presenza obbligatoria nel cast e nelle maestranze di percentuali di minoranze), si stabilisce che l’odio è buono o cattivo a seconda del personaggio a cui è rivolto; si strumentalizza a tutti i costi un tragico caso di cronaca di (stra)ordinaria violenza per un attacco ad una parte politica, in modo del tutto pretestuoso, ma davanti ad evidenze che farebbero crollare certi dogmi, si chiudono gli occhi, le orecchie e la mente.

    Si generalizza solo quando fa comodo, usando pesanti ed immotivati pregiudizi, ma si ignorano i grandi numeri che farebbero pensare ad una tendenza oggettiva, questa sì frutto di un giudizio fondato.

    E se osi opporti, il tuo interlocutore ti bolla come “fascista”, l’equivalente dell’epiteto infantile “brutto” che si diceva, frignando, al compagno di scuola con cui avevamo litigato e a cui non sapevamo che altro dire, dopo avere capito che avevamo avuto la peggio.

    Che mondo orribile vorrebbero farci digerire: un mondo, come quello delle ragazzine troppo cresciute (e male) di Netflix, un mondo dove amare è un segno di debolezza, un mondo dove avere figli è visto come un limite ed una condanna, un mondo dove, a prescindere, devi sentirti sempre e comunque colpevole, colpevole di voler essere felice.

    Mi viene la voglia di pubblicare solo gattini e tramonti e mi fa pensare che se siamo solo di passaggio, qui, beh, in fondo non è poi tanto male, perché noi sappiamo che il passato non era perfetto, che si doveva cambiare qualcosa, ma la fantasia al potere sta esagerando, sia con la fantasia che con il potere.

    E, per dirla ancora con Orwell, “libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro.

    Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente”.


    No, purtroppo oggi non siamo liberi, perché non si può più dire quello che si pensa: al suo posto, la “Newspeak” (neolingua) orwelliana: il politicamente corretto.

    Potete buttare su vari paesi 26.000 bombe e vincere il Premio Nobel per la Pace se usate quel linguaggio.

    Non importa, infatti, quello che fate: l’importante è quello che dite e come lo dite.

    Stefano Burbi

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