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    CANARIE TRA STORIA E LEGGENDA

    Fig.1

    Tolomeo le battezzò Isole Fortunate (Fig. 1) e pare che i primi navigatori che le visitarono fossero stati i Fenici nel IV secolo a.C., ma forse preceduti, nel V a.C. secolo, dai Cartaginesi.

    Le isole citate dai primi navigatori erano tre: Espere, Egle ed Erizia.

    In seguito Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) ne cita sei fornendone una breve descrizione.

    Chiama la prima Ombrion, (in greco: piovosa) che non possedeva tracce di case, ma scrive che il re Giuba II, il re della Mauritania, vi si riforniva di carminio, colorante estratto dalla cocciniglia.

    Il nome della seconda isola era Iunonia dove descrive un tempietto in pietra.

    Anche alla terza, più piccola della precedente, assegna lo stesso nome.

    La quarta, Capraria (dal latino: isola delle capre), era l’isola dove descrive delle lucertole gigantesche.

    Di fronte era situata la quinta Ninguaria, “con nevi che coprono le sue vette, spesso incappucciate dalla nebbia”; doveva trattarsi di Tenerife.


    Fig.2

    La sesta, Canaria, pare dovesse il suo nome a numerosi grandi cani e dove descrive “vi sono abitazioni costruite dall’uomo”.

    Nella stessa epoca Giuba II parla con meraviglia delle ricchezze di quest’isola: “C’è ogni genere di frutta e di uccelli, datteri e mele di pino in quantità, miele in abbondanza e nei fiumi si vedevano papiri e grandi pesci siluri”. Nel 1016 gli Arabi “scoprirono” nuovamente le Canarie, chiamandole Khaledat: l’isola che non scompare (Fig. 2). Le Repubbliche italiane, dal XII secolo, inviarono poi diverse spedizioni; la riscoperta delle Canarie nel Medioevo è un vanto quasi esclusivamente italiano, infatti dal mille in poi non vi era nave che sfidasse l’oceano, al di là delle Colonne d’Ercole, senza essersi munite dei planisferi genovesi (Fig. 3).

    Fig.3

    I nomi dei grandi ammiragli atlantici che le descrissero sono in maggioranza genovesi: Lanzarotto Malocello (che le riscoprì arrivando a Lanzarote nel 1312), Emanuele Pessagno, Niccolosio da Recco, Angiolino dei Corbizzi, Andalò di Negro, Michele Zignano, i fratelli Vivaldi, Alvise Cà da Mosto.

    Nel 1341, Giovanni Boccaccio ne parla in una relazione estrapolata dalle notizie avute dal viaggiatore ligure Niccolosio da Recco.

    Il 3 agosto 1492, un altro grande personaggio viene a contatto con le Canarie: Cristoforo Colombo.

    A causa di un’avaria alla Pinta, l’ammiraglio genovese sbarca a Las Palmas di Gran Canaria, dov’è ricevuto dal governatore dell’isola.

    Di seguito la conquista spagnola, repressiva e oppressiva, annientò la cultura aborigena e i Guanci superstiti si sono cristianizzati definitivamente.

    LA VITA DEI GUANCI

    Pur non conoscendo i metalli e la navigazione, i Guanci avevano raggiunto un elevato grado di civiltà, mummificavano i morti come gli antichi Egiziani e costruivano delle piramidi simili a quelle del Messico.

    Fig.4

    Prima della conquista spagnola la religione era monoteista.

    La divinità astratta adorata nell’arcipelago si chiamava Alcorac che significa il più grande, il più alto (Fig. 4).

    Il culto ad Alcorac era praticato in grotte che fungevano da tempio.

    Le sacerdotesse, erano tenute in sommo onore dalla popolazione e spesso monarchi e magistrati le consultavano per ottenere un responso per la soluzione di importanti quesiti della vita pubblica. 

    Le isole erano rette da una monarchia con tanti regni autonomi alcuni dei quali erano suddivisi in principati come nell’isola di Tenerife. 

    La giustizia era amministrata da cittadini eletti dal popolo e da un alto magistrato.

    I processi si celebravano in pubblico nel centro dell’abitato e le condanne erano emesse con un codice severissimo. Se chi aveva servito degnamente la società, commetteva una colpa, gli erano ricordate pubblicamente le sue gesta di un tempo e la sua vergogna del momento per infliggergli una maggiore umiliazione.

    Alla donna erano riconosciuti ampi privilegi di carattere morale, sociale e politico e a loro erano consentite tutte le libertà.

    Gli uomini si dedicavano essenzialmente ai lavori pesanti, all’artigianato, al commercio, alla pesca e alle armi.

    La famiglia era la cellula principale della società.

    Benché fosse ammessa la poligamia i Guanci sposavano generalmente una donna sola.

    La donna godeva, in particolare a Tenerife, di un rispetto e una considerazione enormi.

    Poteva consigliare gli uomini nelle loro attività sociali, politiche e perfino militari.

    Nessun uomo aveva il diritto di rivolgere per primo la parola a una donna, fermarla o guardarla in una via poco frequentata.

    Quando un vecchio, dopo aver condotto una vita semplice e virtuosa, si sentiva oramai inutile, pronunciava davanti alla propria famiglia riunita il fatidico “vac aguare”: vado a morire.

    Lasciava cioè la propria casa per ritirarsi aspettando la morte in solitudine.

    La donna guance aveva le spalle e la parte superiore del corpo ricoperti solo dai lunghi capelli ondulati.

    Una gonna stretta di pelle scamosciata scendeva fino alle caviglie e il viso era truccato.

    LE ATTIVITÀ SOCIALI

    Nonostante le tecniche primitive i Guanci riuscivano a coltivare tredici tipi di cereali, soprattutto orzo, segale e grano.

    Economi e previdenti depositavano i prodotti raccolti in silos scavati nelle grotte, dove rimanevano freschi per tutto l’anno.

    La risorsa principale era però la pastorizia.

    Strumenti di lavoro importanti erano le punte di frecce e arpioni in silice a doppio taglio, triangolari, peduncolate o affilate, asce, raschiatoi in basalto, lame a triplice filo di basalto o ossidiana (Fig. 5).

    Fig.5

    Gli abitanti della costa e delle regioni pianeggianti costruivano villaggi in pietra, ma la tipica abitazione canaria era quella rupestre.

    Nelle zone montuose, infatti, vivevano da trogloditi in caverne naturali o grotte tagliate da loro stessi nella roccia. Uno dei migliori esempi è il cenobio di Valeron, nell’isola di Gran Canaria, enorme alveare di grotte in una montagna vulcanica dalle pareti alte e scoscese, formato da quattordici piani di sale, cunicoli, rampe, nicchie e corridoi disposti con una geometria perfetta (Fig. 6).

    Fig.6

    Gli antichi abitanti delle Canarie erano etnicamente divisi in tre gruppi principali: i Guanci, più numerosi, che vivevano in quasi tutte le isole ma principalmente a Tenerife, i Semiti concentrati a Hierro e Las Palmas e i Mestizos che abitavano esclusivamente l’isola di Gomera.

    L’origine dei Canari appare africana.

    IL LUOGO

    La geologia colloca la nascita delle Canarie a circa 50 milioni di anni fa.

    Le acque sono pescosissime, la terra in vicinanza dei vulcani fertile.

    La vegetazione è spesso lussureggiante nonostante l’aridità delle coste, la scarsità di precipitazioni e i venti caldi del deserto.

    Ogni isola ha il suo microclima e le sue caratteristiche peculiari.

    Il problema è l’acqua, ma essa è raccolta, specialmente sulle alture, in grandi cisterne per poi scendere a irrigare campi e orti nelle innumerevoli terrazze che degradano come verdi scalinate verso il mare.

    L’interno delle isole è spesso montagnoso, sconvolto da campi di lava e inciso da profondi burroni (barrancos) dove vi crescono pini, palme, vigne, fichi d’india e vi fioriscono bougainville, tulipani, ginestra bianca, gelsomini, camelie, magnolie e poi castagni ed eucalipti giganti.

    ARCHEOLOGIA

    Fig.7

    Nelle isole esistono delle misteriose strutture piramidali in blocchi di pietra vulcanica, identiche nelle tre isole di Gran Canaria, Tenerife e La Palma.

    La presenza di queste piramidi era conosciuta anticamente, i contadini e pastori della zona le chiamavano majonos. La loro importanza archeologica è emersa quando è stata ritrovata una carta geografica disegnata all’epoca della Conquista (XV sec.) dove è chiaramente segnato un complesso piramidale presso la località di Guimar, nell’isola di Tenerife (Fig. 7).

    È stato stabilito che tutte le piramidi canarie erano orientate, con la massima precisione, verso ovest (dove tramonta il sole) durante il solstizio d’inverno.

    Appare evidente che gli antichi abitatori delle isole vi avevano attribuito delle funzioni rituali e astronomiche e che i costruttori di questi misteriosi monumenti hanno dimostrato un impegno architettonico estetico e tecnico che esclude l’ipotesi di un mucchio di pietre accatastate solo per ripulire dei campi.

    Oltre a iscrizioni epigrafiche, in tutte le isole esistono anche iscrizioni e graffiti rupestri di figure stilizzate.

    Sono stati scoperti segni alfabetici che possono essere direttamente identificati con la scrittura libica e con le iscrizioni numidiche dell’epoca punica e romana, e con l’antichissima scrittura tifinagh dei Tuareg (Fig. 8).

    Fig.8

    Esiste anche un secondo tipo di lettere che contengono segni molto vicini a quelli della scrittura lineare cretese.

    Le informazioni sulle ceramiche ritrovate sono scarse ma ci riferiscono che la produzione della ceramica era un compito femminile.

    Le ceramiche migliori erano ottenute da una mistura di due tipi di terra cui era aggiunta una certa quantità di ceramica già cotta.

    Tutte le donne la producevano secondo proprie necessità ed era lavorata a mano.

    Gli aborigeni non conoscevano il forno e il metodo per la cottura era collocare gli oggetti in buche scavate nel terreno, poi ricoperte di terra su cui si facevano bruciare del legno per il tempo necessario.

    Gli oggetti erano decorati prima della cottura e rappresentavano figure geometriche.

    RELIGIONE e SEPOLTURE

    Il mondo religioso dei Canari rappresentava un Dio che pare fosse lontano e sconosciuto e non sembra essere stato rappresentato con una forma materiale specifica.

    Aveva diversi nomi: Achaman, Achoron, Ataman, Archguayerxeran.

    I luoghi sacri erano di preferenza nelle montagne dove si riunivano per effettuare le cerimonie propiziatorie.

    Le sacerdotesse appartenevano alla nobiltà e dovevano conservare la verginità.

    I sacrifici prevedevano l’uso di prodotti alimentari e di animali.

    In caso di grande calamità essi praticavano la mortificazione fisica individuale.

    Esistevano tre tipi principali di sepoltura: nelle grotte naturali, nelle grotte artificiali e nei tumuli.

    Ciascuno di questi tre tipi presenta una distribuzione geografica propria, e caratteristiche diverse in ogni isola.

    La pratica della sepoltura in grotta è l’unica ad essere stata attuata in tutto l’arcipelago.

    Le grotte naturali destinate ad accogliere i cadaveri non avevano forme particolari.

    Una caratteristica comune a queste grotte era la preoccupazione di renderle inaccessibili.

    I cadaveri erano generalmente deposti in posizione supina, tranne che a Tenerife, dove sono stati trovati cadaveri in posizione fetale.

    Nelle grotte funerarie di Gran Canaria il morto possiede raramente oggetti funerari invece resto dell’arcipelago vi sono trovati parecchi oggetti funerari.

    La mummificazione era praticata quasi nell’intero arcipelago.

    Lo studio dei resti umani mummificati ha permesso di determinare alcune caratteristiche, come il colore dei capelli e il gruppo sanguigno, cosa impossibile per altre popolazioni antiche.

    Gli aborigeni usavano sostanze che favorivano la conservazione, studiavano l’esposizione del corpo rispetto al sole, praticavano frequenti pulizie con sostanze astringenti.

    Il corpo era sistemato in modo da evitare il contatto con la terra della grotta.

    Fig.9

    Nelle necropoli di El Barranco di Guayadoque, le mummie sono state ritrovate in piedi, appoggiate alle pareti, mentre altre erano coricate su assi di pino (Fig. 9).

    A El Barranco di Herques, a Tenerife, si sono trovate circa mille mummie disposte in fila e a strati su delle tavole.

    In Gran Canaria invece i cadaveri erano deposti in tombe scavate nel terreno e circondati da frutti di piante aromatiche che ne ritardassero la putrefazione.

    Questa una descrizione succinta sulla storia delle isole e i loro antichi abitanti ma se vi dedicaste al tema potreste entrare in un mondo fantastico, unico e affascinante.

    Andrea Maino

    Bibliografia: CANARIE, ISOLE FORTUNATE. Archeologia, storia, geografia e antropologia delle sette isole. Di Attilio Gaudio – Afriche n°64, 2004/4

     

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