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    Giorno 45…

    Se abbiamo speso bene questi giorni di tanta cucina, pittura, aerobica in balcone, puzzle, bricolage, abbiamo consapevolezze in più e molti molti alibi in meno.

    Il senso dell’ordine perentorio di congelare le nostre vite per ordine di un potere improvvisamente insindacabile che riempie di polizia le strade, è stato obbligare ad arrangiarci come se vivessimo nelle caverne in un bosco.

    Se non ci fossero ospedali, medici e attrezzature sufficienti, se non ci fosse una gestione a monte dei problemi della cittadinanza, diciamo una sala regia in caso di emergenze, se non ci fossero i quattrini delle nostre tasse come riserva d’emergenza per affrontare problemi collettivi inattesi… cosa faremmo in caso di una simile tragedia?

    Ci tapperemmo in casa aspettando che passi da sola.

    E questo abbiamo fatto, prigionieri però di un paradosso che è ciò che davvero ci resterà addosso di questa esperienza.

    Obbligati ad arrangiarci come se non ci fosse uno Stato… dallo Stato.

    La nostra intelligenza è stata sfidata a scegliere quale è il limite fra sopportare ciò che non possiamo cambiare e cambiare ciò che non siamo disposti a sopportare.

    Scenderemo alla fine per strada a rivoltare tutto se tentano di imporre di offrirci come cavie umane per vaccini sperimentali mentre tagliano di anno in anno le spese per la ricerca?


    Siamo disposti a diventare topolini bianchi cui si apre e chiude la gabbia a piacimento, sui quali si sperimentano i farmaci, il cui destino può essere deciso senza nessuno scambio di opinione?

    Nel più assoluto silenzio si sono spente le speranze dei più deboli, delle imprese appena nate, degli impiegati precari, di chi vive con dignità nel sottobosco dell’imprenditoria informale che è un male necessario in tempi di monopolio e democrazia puramente formale.

    Continueremo a ingrassare lo Stato a testa bassa anche dopo aver toccato con mano che quando serve una sala regia che gestisca e protegga la cittadinanza c’è solo polizia per strada e gli altri sono tutti al bar?

    Claudia Maria Sini

     

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