Abbiamo finito la puntata scorsa con questa domanda: la lentezza delle Cittaslow può diventare improduttiva, cioè rallentare l’economia delle cittadine?
Pier Giorgio Oliveti Segretario Generale di Cittaslow International racconta: “nella nostra esperienza la Cittaslow è assolutamente il contrario di questo, noi ci occupiamo non soltanto di Slow Food, anche di Slow Agricoltura e di Slow Economia, ma al centro della modernità più avanzata.
Ad esempio nelle Cittaslow le case aumentano di valore, i cittadini vivono meglio e sono più felici, il turista viene più volentieri anche in seconda battuta, il valore di tutto cresce, significa crescere dal basso.”
Recuperare la lentezza significa né più e né meno che il ritorno al ritmo originario della natura, questo è importante per la salute e il benessere.
Ad esempio un seme di bambù impiega 6 anni perché il tronco inizi a crescere, quello stesso bambù che è strutturalmente più forte dell’acciaio.
Negli anni ’80 Parigi aveva vietato l’uso di ormoni per accelerare la crescita di pollame, mucche e maiali.
Questo uso è criminale per i poveri animali e anche per l’uomo!
In questo mondo consumistico in alcuni luoghi si continua a fare così, me lo ha detto il mio fruttivendolo del mercato, parlandomi dei pollami con ormoni della crescita.
La Cittaslow è un movimento aperto alle città fino a 50.000 abitanti, una città può essere certificata come Cittaslow e rispettare le sue regole, oppure può avere soltanto alcune caratteristiche Slow, non è bianco o nero.
Però l‘integrazione nella rete Cittaslow esige il coraggio di dire no alle cattive abitudini di vita e di lavoro, come il consumismo, perché tra l’altro andiamo a toccare interessi economici, è un’opera “lenta” percorrere la strada della Cittaslow, questo esige giungere ai necessari consensi.
Ma l’importante è cominciare questa passeggiata con l’impegno, a volte non è possibile rispettare tutte le linee guida della Cittaslow però ogni città troverà il suo cammino.
Oggi questo movimento deve affrontare altre sfide come lo spopolamento dei piccoli centri, l’agglomerazione forzata di milioni di persone nella periferia delle metropoli, i moderni movimenti migratori; con danni socio-economici ed ambientali talvolta irreversibili, diseconomie, regressione civile.
Secondo Pier Giorgio Oliveti: “Grazie ad un approccio basato sull’economia della resilienza/resistenza, le politiche di cittadinanza attiva, l’attenzione per la nuova agricoltura, il Cittaslow Tourism non industriale, l’artigianato locale e la nuova visione di pianificazione urbana, Cittaslow è sempre più considerato un interlocutore prezioso per molte amministrazioni, slow e smart.”
In termini di salute significa che sono città con meno traffico automobilistico e inquinamento atmosferico, meno rumore, poche agglomerazioni urbane; ma molto accoglienti, con attività per il tempo libero, festival musicali e artigianato locale.
La Cittaslow è un concetto che riguarda la cura che dobbiamo avere della città in cui viviamo, dei suoi lavoratori e dei suoi visitatori.
Perché il turismo è una fonte di reddito per queste piccole città.
Per finire una buonissima notizia, è adesso in fase d’implementazione il primo Grand Tour Cittaslow, per visitare Asolo (Veneto), Greve in Chianti (Toscana), Orvieto (Umbria) e Pollica nella Campania.
Le caratteristiche di questo turismo Slow sono gruppi piccoli, ambiente e cultura in primo piano, un periodo di permanenza adeguato e rigorosamente in bassa stagione.
Sono 20 giorni in totale assenza di fretta in questa versione moderna del Grand Tour, il viaggio in Italia che compivano i rampolli europei nel XVII secolo.
Invito: lo sapete che cosa sono gli Edifici a Consumo Energetico quasi Zero?
Nella prossima rubrica parleremo della Passivhaus e di Torbole sul Garda.
Arch. Roberto Steneri