“Un post su Facebook su Cucchi ha portato la discussione sulla droga e sugli spacciatori ai quali, nella convinzione di tanti, viene imputata la totale responsabilità se i ragazzi si drogano.
Una convinzione che non mi appartiene per niente.
Gli spacciatori sono una conseguenza del proibizionismo.
Io sono per la liberalizzazione di qualsiasi droga e i motivi li ho già ampiamente spiegati.
Di droga si muore da sempre.
Nonostante i divieti, le leggi, le repressioni, i divieti.
Si muore oggi e si moriva ieri, quando ero ragazzina io.
Perché si moriva anche allora, ai “bei tempi”.
E direttamente per la droga.
Quella vera.
Ho avuto amici e amiche che si sono fatti di tutto, alcuni sono morti, altri si sono salvati, dopo lunghissimi e difficilissimi percorsi di recupero.
Io non mi sono mai drogata, nemmeno una canna.
E non perché fosse vietato per legge.
Non mi ha salvata lo Stato, le sue leggi repressive e i suoi controlli.
Io non lo so cosa mi abbia salvato.
Forse semplicemente fortuna.
O magari il freno mi è stato installato in qualche modo dalla famiglia.
Gente semplice, per niente autoritari.
Genitori come tanti.
O come pochi.
Che non ascoltavo, o che pensavo di non ascoltare, ma che forse erano riusciti davvero a trovare il metodo.
E dopo, da genitore, sono stata (e lo sono tutt’ora) alla ricerca di quel metodo (se c’è, se esiste), sbagliando, correggendomi, imparando ogni giorno, ma senza arrendermi mai e andando avanti.
Di una sola cosa sono sicura: con i divieti fini a se stessi non ottieni niente.
Anzi.
I figli vanno amati, ascoltati, rispettati.
Hanno una loro personalità diversa dalla nostra.
Non sono “noi”. Non sono la nostra estensione.
Non sono una nostra seconda chance.
E non sono nostri coetanei, non sono nostri amici.
E non sono nemmeno principi e principesse.
Sono figli.
Vanno corretti, hanno bisogno anche dei “no”.
Hanno bisogno di esempi positivi e coerenti, di certezze, di sicurezze, anche di polso.
Vanno tutelati ma non difesi a prescindere.
Con gli insegnanti, gli allenatori, con i loro stessi amici.
Vanno responsabilizzati.
E vanno fatti sentire importanti, preziosi.
Diversi da noi.
Migliori di noi.
Soprattutto nell’età dell’adolescenza, quell’età in cui siamo tutto e niente.
E sì, dobbiamo mettere in conto che commettano qualche cazzata.
Come abbiamo fatto noi alla loro età.
È proprio quello il momento in cui dobbiamo stargli ancora più vicini, non per giustificarli ma per capire e far loro capire se e come possono rimediare.
Possiamo raccontargli i nostri, di errori.
Mettendoci a nudo, invece di pontificare dall’alto del nostro piedistallo anagrafico; invece di limitarci a impartire punizioni militaresche.
Questo è comunicare, creare empatia, conquistare e mantenere la loro fiducia.
E dobbiamo sapere che tutto questo potrebbe non bastare.
Perché la vita è complicata, noi siamo complicati.
Perché ci sono gli imprevisti.
Perché non tutto è pianificabile, previsto e prevedibile.
Sicuramente non basta raccomandarsi di non fumare, di non drogarsi, di non ubriacarsi, di non fare questo o quello, se poi con i nostri comportamenti offriamo loro modelli completamente opposti a quelli che predichiamo.
Serve solo a ripulirsi la coscienza.
E di coscienze sporche, ne ho viste e ne vedo tante.”
Elisabetta Scarpelli