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    Umanità in fermo immagine

    epa03234348 Fourteen hundred pairs of shoes, representing the average number of people killed on Australian roads each year, fill Martin Place in Sydney, May 25, 2012. The shoes were laid out for the Australian Road Safety Foundation’s Fatality Free Friday campaign. EPA/DEAN LEWINS AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT

    Se il mondo fosse un teatro, fino a poco tempo fa avrei detto che il personaggio principale dello spettacolo dell’umanità in movimento, fossero le vittime.

    Vittime del fisco, vittime del mare su barconi in balia della crudeltà e senza via di fuga, vittime della stampa distorta, vittime di leggi sul lavoro inique, vittime dell’esodo forzato attraverso distese di polvere.

    Popoli interi alla ricerca di una tenda della Croce Rossa o delle Nazioni Unite: non-luoghi in cui vivere una non-vita per un non-tempo in attesa di un destino qualsiasi.

    Un po’ l’abbondanza di notizie di drammi disumani, un po’ il fatto che i nomi dei luoghi in cui si muore come insetti sono sconosciuti e lontani, un po’ il fatto che non conosciamo nei particolari tutte le sette, i partiti, le correnti e le motivazioni di chi-ammazza-chi, ci portano a volte, a girare lo sguardo e andare avanti.

    In fondo, non possiamo davvero fare nulla per evitarlo e lo sgomento inutile… a chi serve?    

    In realtà ognuna di queste notizie è semplice da comprendere, l’ultima ieri.

    305 morti, 30 sono bambini, e 170 feriti oggi fra le persone che pregavano in una città al nord est del Sinai in territorio egizio.

    Alcuni bimbi portati via, si teme, per i bordelli dei soldati dell’ISIS ultimamente dediti a questa nuova atrocità.


    Le vittime erano famiglie che pregavano, i carnefici pensano che se uno di noi sceglie un Dio che a loro non piace, si possa mettere una bomba sulla porta di una chiesa e aspettare che i fedeli escano spaventati per sparargli in ginocchio sulle scale armati di fucili automatici, come un plotone di esecuzione.

    Per capire il senso di fenomeni solo apparentemente lontani dobbiamo immaginare la parrocchia della città in cui siamo nati e immaginare i nostri compagni di scuola e i nostri cugini, entrare e non uscire mai più per un motivo così cretino.

    Almeno questo, accenderebbe la nostra rabbia? Reagiremmo se ci dicessero che ieri hanno abbattuto come piccioni Luigi, Francesca, la figlia del lattaio all’angolo, Carlo il maestro di tennis e Riccardo il figlio della dirimpettaia? 

    Il vero interprete di questa modernità di crociate al contrario ed esodi biblici in ritardo, è la stupidità umana.

    E’ l’assenza di una proporzione fra causa ed effetto, è la totale inconsapevolezza dei carnefici mossi da mani che non conoscono, da intenzioni che non vengono loro rivelate, e tuttavia pronti a morire pur di dare la morte.

    La generazione dei nostri figli, se vuole venire a capo di tutto questo, dovrà disconoscere quasi tutto ciò che abbiamo insegnato in merito al bene e al male.

    Dovranno calarsi nei panni dei carnefici e andare indietro, indietro fino all’infanzia che non hanno avuto e all’ignoranza in cui sono stati tenuti apposta, fino alle Bentley dei loro mandanti che hanno studiato in Svizzera e parlano perfettamente tre lingue, fino ai volti europei di uomini cui ha fatto comodo che la loro terra coltivasse la disuguaglianza come una pianta avvelenata dalla quale abbiamo sperato si nutrissero solo loro, pagando da lontano un benessere ed una spensieratezza che ora paga pegno, per essere fiorita su presupposti sbagliati.

    Non ci piacciono, ed è normale e giusto che non ci piacciano, ma se non facciamo un difficilissimo viaggio dentro la loro storia e non paghiamo in qualche modo il conto di un pasto abbondante che i nostri bisnonni hanno consumato e non pagato, abituarci a tutto questo sarà davvero un destino necessario.

    Per quanto caro possa costare agire da essere umani, diventare disumani non può comunque essere meglio.       

    di Claudia Maria Sini

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