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    Da Mazzini a Puigdemont: lo scomodo mestiere di prevenire la storia       

    Garzanti alla mano un ossimoro è un’associazione di parole che esprimono concetti che si annullano a vicenda. Luminoso buio, ridente tristezza, assordante silenzio… dovrebbero, al solo sentirli, farci reagire come quando da bambini si giocava a graffiare il muro per sentire la scossa.

    Ultimamente sui giornali di tutta Europa gli aggettivi legale ed illegale si sono innamorati di quel vecchio gioco e tirano a chi ci fa rabbrividire di più, associandosi ad insoliti compagni di viaggio.

    Ralf Dahrendorf, padre indiscusso del pensiero liberale democratico, ci ha lasciato tre parametri per capire se un paese è davvero democratico:

    1) Deve essere possibile disfarsi di un Governo solo esprimendo la volontà di cambiarlo con un altro, senza  episodi violenti.

    2) Le istituzioni politiche devono eseguire la volontà del popolo applicando le leggi che il popolo si dà.

    3) Le istituzioni e le leggi che con il tempo non esprimono più la volontà popolare, perché con il tempo la società si evolve, si cambiano in via ordinaria tramite il parlamento e in via straordinaria tramite i referendum.

    Questa è la Democrazia.

    Leggiamo invece sui giornali,  strane coppie di parole:


    indipendenza = illegale,  libera espressione = illegale, referendum = illegale, manifestazione di libera volontà del popolo = illegale.

    E ancora,

    Pestaggio della polizia = legale, requisizione delle urne = legale, divieto di referendum = legale, rifiuto del dialogo = legale, Agenzia tributaria che sostituisce gli organi di Governo in una trattativa sui fondamentali della Costituzione = legale.

    Mondo  bancario che fa pressione su quello dell’impresa e prende parte in un discorso politico per influenzarne gli esiti = legale.

    Non serve essere giuristi e nemmeno sapere se si parla della Cataluña, della Grecia, della Turchia, o della Primavera di Praga.

    C’è qualcosa di molto sbagliato in tutto questo.

    Evidentemente in Cataluña non si parla di chi o come debba governare un’area di mondo così piccola da non poter davvero incidere sull’andamento di un continente intero.

    In Cataluña assistiamo ai primi vagiti di consapevolezza dei cittadini che si sono svegliati e si sono accorti che stanno ridiventando sudditi di una Europa che CONCEDE, VIETA, SANZIONA, come un monarca assoluto.

    La Democrazia è nata mandando a nanna tutti e tre questi orribili verbi, qualcuno li ha risvegliati, ma bisogna rimetterli in scatola e seppellirli di nuovo.

    Sono bruttissime, bruttissime parole.

    In Cataluña è in corso un braccio di ferro fra chi si nutre di libertà propria e chi si nutre di libertà altrui.

    Nessun colore politico può prendere la paternità di questo confronto troppo antico e troppo importante per ridurlo a una bega di partito.

    La Democrazia ha dormito 50 anni mentre la cupola di Bruxelles covava il suo uovo di drago.

    Non importa che chi per primo reagisce azzecchi la formula al primo colpo, ciò che importa è tirare delle belle pedate alle catene e farle tremare.

    Chi non le avesse ancora notate, sentendole tintinnare, le noterà.

    di Claudia Maria Sini

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