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    Quando raggiungere il nord di Tenerife era un’avventura infernale

    Oggi attraversare l’isola di Tenerife, andando da sud a nord e viceversa, potrebbe rivelarsi un’avventura solo per il traffico, che in alcune zone è così stagnante da creare dei veri e propri colli di bottiglia.

    Ma quando ancora le auto in transito erano poche e pochi i collegamenti, coloro che dovevano arrivare al nord si avventuravano in spostamenti coraggiosi.

    A raccontarlo è Juan Jose Dorta, 68 anni, residente a Guía de Isora.

    Le auto erano poche, racconta Dorta, e quando si rendevano necessari degli spostamenti, come il medico che doveva prestare servizio, il fotografo che doveva ritrarre una famiglia o il barbiere che esercitava a domicilio, tutti approfittavano di un unico mezzo, le cosiddette auto pirata, attraversando l’isola.

    L’auto, che portava dalle 7 alle 8 persone, doveva trovare scorciatoie per non incappare nei controlli della Guardia Civil e avventurarsi in un dedalo di strade spesso sterrate in percorsi dalle curve interminabili che mettevano a dura prova lo stomaco dei passeggeri.

    Ci si alzava all’alba, si saliva in auto e si metteva un giornale sullo stomaco, rivela Dorta, per scaldare la pancia e alleviare le nausee, cercando di guardare sempre dritto davanti a sé, mai dai finestrini, per diminuire la sensazione delle continue virate a destra e a sinistra.

    Ma quando finalmente si arrivava a Icod, tutti i disagi di quel viaggio infernale sparivano e rimaneva lo stupore di trovarsi di fronte a una grande città moderna e alla cima del Teide, così lontana ancora, ma più grande che vista dal sud.

    A Icod, dice ancora con entusiasmo Juan, ho mangiato il mio primo panino servito su un piatto da un cameriere in camicia bianca e cravattino, insomma tutto un altro mondo.


    E oggi Dorta si appresta a scrivere il suo quarto libro che sarà un libro di viaggio, una specie di Viale a la Alcarria local, dove verranno riportate tutte le particolarità di quell’epoca, dai viaggi in auto, ai personaggi locali, alla diversa geografia del nord e del sud, con l’obiettivo di non dimenticare che le condizioni attuali dell’isola non hanno nulla a che vedere con quelle subite da migliaia di abitanti nella metà del secolo scorso.

    I giovani di oggi, dice con mestizia Dorta, si arrendono facile, lasciano le isole e se ne vanno credendo di trovare fortuna altrove, ma non hanno idea di cosa hanno affrontato i loro coetanei dell’epoca, quando per andare dal medico occorrevano 8 ore tra andata e ritorno e per frequentare una scuola, quando si poteva, si aveva la consapevolezza di iniziare un percorso duro e faticoso.

    Le scuole di allora erano veri e propri centri di tortura, afferma Juan, dove le regole erano così ferree e rigorose da sembrare più regole militari che scolastiche.

    Ma tutto forgia, dalle difficoltà, alla mancanza di denaro, al dover dedicare tempo per raggiungere luoghi necessari, fino all’esprimere dissenso pubblicamente nei confronti di ordinanze non condivise.

    Juan Jose Dorta, grande amante della lettura e della lingua spagnola, ha scritto tre libri, tra i quali uno di poesie sulla città, Palabras de ayer y de hoy, che ha venduto 6000 copie, e Frases canarias, nel quale esprime tutto il suo interesse nelle parole e nei modi di dire canari e sulla loro origine.

    Dorta è anche un grande difensore del patrimonio naturale canario, per il quale possiede un occhio estremamente critico, soprattutto riguardo le opere fatte sul Teide, come la funivia, considerata un attacco grave al simbolo dell’Arcipelago.

    Se potessero, dice con un velo di rancore, venderebbero il Teide in sacchetti per fare soldi.

    di Ilaria Vitali

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