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    La trasformazione dei pesci di allevamento da carnivori a vegetariani

    Non è una bufala, bensì una proposta che deriva da studi nell’ambito di un progetto europeo e che spingerà probabilmente a rendere i pesci di allevamento vegetariani; la trota, giusto per fare un esempio, ha una dieta basata sulla cattura di pesci selvatici ma l’obiettivo, stando alle ultime notizie, è di ridurre la pressione sulle risorse naturali marine attraverso la ricerca di sostituti vegetali.

    Ma facciamo un passo indietro.

    Il 50% del pesce consumato in tutto il mondo proviene da aziende di allevamento e in Europa la maggior parte delle specie è carnivora.

    La disponibilità di pesci selvatici non è più sufficiente a soddisfare il crescente settore della pesca così qualcuno ha pensato bene di cominciare a trovare soluzioni alternative a base di piante.

    INRA è un’azienda di allevamento pesce a Donzacq dove si fa anche ricerca e sperimentazione e Frédéric Terrier, il suo direttore, spiega come sia riuscito a ridurre di quasi il 20% il pesce nel cibo preparato per alimentare il suo allevamento.

    Dieci anni prima il pesce costituiva il 40% del pastone utilizzato, oggi, sottolinea, si tenta di utilizzare proteine vegetali in sostituzione a quelle di pesce.

    Il progetto europeo su larga scala attuato da INRA ha esaminato questo passaggio di riduzione di proteine animali per le cinque specie di pesce allevati più importanti in Europa, vale a dire la trota iridea, il salmone atlantico, la carpa, l’orata di mare e la spigola.

    Durante tutto il ciclo di vita del pesce sono stati osservati crescita, salute, capacità riproduttiva e qualità nutrizionali, senza rilevare effetti nocivi derivanti da una ridotta assunzione di proteine animali; tuttavia, come sottolinea Sadasivam Kaushik, coordinatore del progetto ARRAINA (Advanced Research Initiatives for Nutrition and Aquaculture), in alcuni casi la riduzione a livelli minimi di proteine animali nel cibo dei pesci, provoca su questi ultimi i primi effetti negativi.


    In caso di dieta al 100% vegetale, i pesci si sono sviluppati più lentamente e la riproduzione è risultata difficoltosa.

    Inoltre, come ha spiegato Geneviève Corraze esperta in nutrizione dei pesci all’INRA, nelle carni di pesci alimentati a base vegetale è stato riscontrato un basso livello di grassi omega-3, il che ha portato gli allevatori a ritornare a una dieta a base di pesci selvatici un mese prima della macellazione, al fine di reintegrare i livelli delle sostanze importanti.

    Questa, secondo la Corraze, potrebbe essere una soluzione che vedrebbe l’utilizzo di una dieta vegetariana per tutto il ciclo di vita, per arrivare a un solo mese di dieta carnivora alla vigilia della macellazione.

    Una seconda soluzione potrebbe essere rappresentata dalla selezione genetica, vale a dire la scelta di animali che hanno più capacità di sintetizzare e trattenere omega-3, pur in presenza di una dieta a base vegetale.

    Uno dei partner del progetto è anche uno dei maggiori produttori mondiali di prodotti ittici ed è convinto che il futuro sia strettamente legato alle proteine vegetali; del resto, come spiega, ora si è in grado di realizzare il cibo con una percentuale di proteine di pesce tra il 2 e il 5%, oltre alla stessa percentuale di olio, ottenendo così, come prodotto finale, una carne di trota assolutamente commestibile, sana e gustosa.

    Non sono della stessa opinione gli allevatori di pesce, che guardano ancora con riluttanza al composto a base vegetale ma, rassicura INRA, sarà solo questione di tempo e sono allo studio nuove forme di proteine derivanti da alghe e insetti.

    di Franco Leonardi

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