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    Meteoriti dallo spazio alle Canarie

    Francisco García-Talavera è uno scrittore, geologo e paleontologo di Tenerife che studia i meteoriti arrivati sulla Terra, in particolare in Mauritania, e quelli presumibilmente impattati sulle isole Canarie, la cui individuazione risulta difficoltosa a causa della naturale origine vulcanica dei luoghi e la diffusa presenza di rocce basaltiche.

    Nel suo ultimo libro Meteoritos del Sahara y cráteres de impacto en Mauritania, risultato di un compendio di esperienze maturate nelle quattro spedizioni effettuate da García-Talavera tra il 2002 e il 2007, viene sottolineato come il grande deserto africano del Sahara rappresenti uno dei laboratori più affidabili per analizzare i meteoriti.

    Insieme con l’Antartide, il Sahara è una della regioni della Terra dove si è rivelata la più alta concertazione di meteoriti grazie alla conformazione particolare della vasta area, fatta di assenza di rilievi e di sabbia chiara, dove elementi in silice, granito di quarzo e quindi scuri di colore risaltano maggiormente.

    Per conformità geologica e modesta ampiezza, le Canarie risultano quindi un terreno difficile dove individuare eventuali reperti provenienti dallo spazio, che certamente non hanno mancato di cadere finendo però con ogni probabilità nelle acque che circondano le isole.

    Alcuni criteri a Timanfaya, Lanzarote, esistono comunque da prima delle grandi eruzioni avvenute tra il 1730 e il 1726, segnali piuttosto eloquenti di impatti di meteoriti.

    La prima spedizione di García-Talavera, nel 2002, aveva come obiettivo quello di recuperare materiale sufficiente per poter realizzare una mostra al Museo de la Naturaleza y el Hombre e venne così ritrovato un piccolo frammento di un meteorite metallico che fece ipotizzare all’esistenza di elementi di maggior dimensione nel Sahara; da quel momento vennero stabiliti dei contatti con i sahrawi negli accampamenti di Tinduf e un successivo incontro a Nukchot portò infine i frutti sperati.

    Il ritrovamento di uno dei più grandi meteoriti trovati finora in tutto il nord Africa, del peso di 232 kg composti da ferro e nichel, un ulteriore elemento di 55 kg e altri di entità minore, furono i primi pezzi di una mostra che oggi conta di oltre 150 reperti provenienti dallo spazio e che rappresenta una delle collezioni più importanti di tutta la Spagna.

    Spostare quei 232 kg dalla Mauritania alle Canarie fu un’autentica odissea, nonostante la zona all’epoca fosse ancora lontana dal fenomeno dei rapimenti; grazie ad alcuni contatti con imprenditori del posto, si riuscì a caricare il massiccio meteorite e gli altri reperti a bordo di un aereo che trasportava pesce a Gran Canaria.


    Nel pregevole libro di García-Talavera, tra le altre cose viene descritto nel dettaglio uno dei crateri provocati da impatto con meteorite più famoso al mondo, il Richat, nella valle di Chinguetti, battezzata dagli astronauti come l’Occhio del Sahara.

    Si tratta di una sorprendente struttura di 50 km di diametro, costituita da diversi anelli concentrici e scoperta nel 1934 dal naturalista francese Theodore Monod che ne ipotizzò la nascita in seguito alla collisione con un asteroide, benché molti suoi colleghi di Parigi lo reputarono, ai tempi, legato a fenomeni vulcanici.

    Lo scrittore paleontologo inoltre si dichiara convinto che tra i 10mila e i 30mila anni fa, secondo la datazione del cratere Tenoumer, si verificò una grande collisione che provocò la nascita di uno dei crateri più caratteristici al mondo; a 220 km dal Tenoumer, che misura due km di diametro, se ne trova un altro, il Temimichat, di soli 700 metri di diametro. Tracciando una linea immaginaria che unisca il centro dei tre crateri, il risultato è sorprendentemente quello di una retta perfetta.

    Lo straordinario allineamento, secondo García-Talavera, è il risultato di un impatto multiplo di significativa portata, prodotto da un asteroide di 2 km di diametro frammentato o con due piccole lune allineate per la forza gravitazionale.

    L’Arcipelago delle Canarie, a poco più di 600 km di distanza dal cratere di Temimichat e a 800 dall’Occhio del Sahara, in caso di evento analogo potrebbe essere letteralmente spazzato via dalla forte energia termica rilasciata nel momento dell’impatto, migliaia di volte maggiore di qualsiasi test nucleare eseguito fino ad oggi.

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